mercoledì 5 giugno 2013

Twitter e volgarità: censura, autocensura o ipocrisia?


Farò solo due esempi: cazzo e stronzo.
Su Twitter possiamo trovarli scritti proprio così, come lingua comanda, oppure così:
Cxxxo, stxxxxo.
(Incidentalmente la nostra grammatica (vedi Serianni) ci consentirebbe di scriverli anche così:  c.zo e st.zo Risparmieremmo 1 carattere nel primo caso e 2 nel secondo. E questo può fare comodo in un tweet). 
Perché dunque quelle x? Forse le regole dei gestori di Twitter vietano l'uso di queste parole? Da certi tweet di assoluta e fantasiosa volgarità si direbbe di no.
Dunque ci si autocensura...a metà.
La parola infatti resta perfettamente comprensibile. Chi usa quelle x sembra voler dire che  considera volgare quella parola, che urta la sua sensibilità, ma che la usa,camuffandola, perché proprio non se ne può fare a meno. 
Invece se ne può fare a meno. E camuffare così quelle parole si chiama ipocrisia.
Perciò, se vi fanno inorridire non usatele, se invece ne avete voglia usatele liberamente, cazzo!

5 commenti:

  1. Condivido la tua riflessione che rispecchia quella grande onestà intellettuale che in te ammiro sinceramente. E ammetto di essere talvolta 'vittima' di un malinteso senso di pudore nell'uso 'camuffato' di taluni termini. Incide probabilmente in qualche misura, in questa forma di autocensura a metà, il timore di essere 'giudicati' dalla platea, quanto pure un certo intento di tenere alla larga, individui che potrebbero sentirsi autorizzati a prendersi inopportune e fastidiose libertà nei nostri confronti.
    Resta il fatto, che sentirsi davvero a proprio agio su un social network, è impresa che richiede una notevole capacità di mediare realtà e virtualità.
    ciao Marina, alla prossima :)

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  2. Applausi!!!! D'accordo con te, cara Marina, al 101%: è pura e semplice ipocrisia.

    Pace e benedizione
    Julo d.

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  3. Io camuffo talvolta, ma non per pudore, quando vado a commentare su altri blog. Ripeto, non per pudore o ipocrisia, ma solo per il fatto che non so nulla della sensibilità di chi mi ospita, che potrebbe aversela a male se in casa sua uso termini non appropriati.
    Così, "cazzo!" diventa talvolta "gatto!" che, inserito in un contesto appropriato, dà comunque l'idea di cosa intendo dire.
    Il crudo "vaffanculo", che uso raramente, in casa d'altri diventa "vaffangofen", che dice senza dire.
    In un post recente ho parlato dell'interiezione uscita di bocca a De Falco verso il comandante Schettini/o (non ricordo di preciso) fuggiasco dalla nave: l'ordine impartito di tornare a bordo sarebbe passato inosservato, senza quel rafforzativo "cazzo!", che infatti è passato con pieno merito alla storia.
    Pensa, nello stesso post segnalavo due dizionari, uno del '36 e uno del '65, che non solo non riportavano quel termine, ma erano pure privi del corrispettivo "pene"; per una par condicio (antesignana di quella di cui tanto si parla oggi) anche "vagina" era maltrattata. All'epoca, il sapere cos'era dovevi guadagnartelo sul campo.
    Ciao, buona serata.

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  4. ciao gattonerò, vedo che camuffi con originalità :-)
    da me puoi commentare come vuoi, ma gatto potrebbe trarmi in inganno soprattutto dato il tuo pseudonimo :-)))

    marina

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  5. Questo tipo di contraffazioni viene da lontano. Cacchio, cavolo. Un tempo anche esse erano vietate in tv. Ora la parolaccia è stata sdoganata dalla tv e se ne fa ampio uso in tutte le salse. Comunque non è il peggior difetto della nostra epoca.

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