sabato 30 marzo 2013

la Pulce e il Titano



Il mio post Riflessioni sul progetto Leucò ha inopinatamente attirato l’attenzione di uno degli ideatori del progetto stesso, Paolo Costa, che ha dato risposta alla mia domanda circa il diritto di “fare a pezzi” un testo e nello specifico il testo di Cesare Pavese.
Il suo post risponde in modo chiaro e cristallino- e dotto- al mio. Benché io mi senta, di fronte a lui, come una Pulce di fronte ad un Titano, provo ad aggiungere qualche ulteriore riflessione suscitatami dal suo intervento.

L’idea della lettura di un testo come un lavoro di scomposizione e ricomposizione mi affascina. La lezione, ci spiega Costa, è quella di Roland Barthes. È bello pensare di instaurare con il testo un rapporto di amore così libero, e persino capriccioso, da consentire ogni gesto. E nessuno è violazione né profanazione.

Gli altri possibili approcci ad un testo, ci insegna Paolo Costa, sono:
-filologico (lavoro di ricostruzione alla ricerca della genesi del testo, rimandi e debiti ecc)
-strutturalista (che considera il testo come un sistema organico)
-decostruzionista (che invece lo considera come una creazione ipertrofica, dotata di un senso straripante)
Dichiaro subito che il filologico non può riguardarmi giacché richiede una competenza specifica e così pure il decostruzionista. 
Tendenzialmente mi accosto al testo immaginandolo come un sistema organizzato. Debbo per questo definirmi strutturalista? Francamente non lo so.

Se penso ai Dialoghi di Leucò, osservo che Pavese ne organizzò e riorganizzò più volte gli elementi, stabilendo in che ordine andassero collocati “i dialoghetti”; anteponendoli o posponendoli più volte in diversi indici e sistemando il suo materiale secondo temi, nuclei di significato, cui dette nomi diversi, tutti suggestivi di interpretazioni.

Faccio un solo esempio: I dueLa madre. In un primo indice questi sono al primo e secondo posto. Accanto a I due il tema suggerito è "infanzia tragica", mentre per La Madre il tema è "infanzia salvezza". È stata questa doppia visione dell’infanzia che mi ha colpita. 
In un secondo indice i due dialoghetti sono ancora accanto e il tema suggerito è "tristezza umana"; riappaiono poi in un nuovo elenco, sempre insieme, sotto il tema "tragedia di uomini schiacciati dal destino". Anche nella edizione definitiva, i due dialoghi sono accostati, in un indice ancora diverso. 
Mi sembra di poter dire che i due dialoghetti fossero legati nella mente di Pavese da una affinità, se non da un vincolo.
Dunque Pavese cercava e infine ha trovato una struttura organizzata per il suo testo. 
Il problema di cui stiamo parlando ovviamente non è se il testo sia stato pensato come struttura ma come dobbiamo trattarlo noi.
Né il fatto che sia stato pensato come struttura organizzata dal suo autore significa che io lettrice debba considerare questa struttura come intangibile e a rischio di crollo e perdita di significato, se solo mi azzardo a leggere il testo liberamente, nell’ordine che più mi piaccia e a cercarvi i miei temi, i miei significati. Che è poi quello che facciamo sempre, ogni volta che leggiamo un testo.

E allora ‘sto confronto Pulce vs Titano dov’è? Forse nel mio desiderio di restare vicina all’autore –specie se amato- di rispettarne la volontà e nel  disagio che provo quando mi sembra di infrangere, alle sue spalle, la sua costruzione, quasi di voltarle le spalle, di respingerla. Sono dunque portatrice proprio di una forma ingenua e sentimentale di strutturalismo? Non so rispondere neanche a questa domanda, mi dispiace. La risposta-e il giudizio-la lascio a Paolo Costa. 

Quello che posso dire è che io sono solo una lettrice che si innamora, letteralmente, non solo dei libri ma anche degli autori che sente vicini, che risuonano-e talvolta rimbombano-dentro di sé. È forse questo legame che sento in pericolo? Ancora una volta non so rispondere. E infatti nel mio trascurabile post io esprimo solo dubbi e disagio, non sostengo, né potrei, una posizione, né pratica né teorica.

Quanto alla dimensione collettiva della lettura attuata su Twitter, mi ha coinvolta, entusiasmata, occupata proprio, e la considero un esperimento ben più che meritevole. Come dice Paolo Costa il vincolo dei 140 caratteri spinge ad una sintesi che estrae di necessità l’essenziale. E penso che l’esperimento sia da ripetere su altri testi, proprio per il coinvolgimento e l’appassionato sforzo di estrarre il massimo di significati dal testo che è capace di suscitare. E per la libertà lasciata ai lettori e che i lettori si prendono.
Quanto alla loro definizione temo che anche quella di “dilettante militante” mi stia un po’ larga. ;-)
Una Pulce con così tanti dubbi forse è meglio definibile come "esploratrice dilettante".


1 commento:

  1. Anch'io sono alla ricerca di una struttura. Per questo smonto il testo.

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