domenica 17 aprile 2011

pensiero

Qualche volta la realtà è così inaccettabile, così non assimilabile dalla nostra coscienza, che semplicemente la ignoriamo. Non è purtroppo la classica rimozione, balsamo che cancella totalmente, alla radice, la esistenza stessa della realtà che ci ferirebbe a morte, che non potremmo svelare a noi stessi se non soccombendo ad essa. E, quando di rimozione si tratta, letteralmente non sappiamo. E il dolore non ci investe.
Invece qualche volta il dolore, fondo, cupo, pesante, ci pervade; è collocato da qualche parte dentro di noi; una parte del nostro corpo e del nostro spirito ne è colma e appesantita. Ma non sappiamo perché. Fingiamo di non saperne il perché, da dove venga, chi o che cosa ce lo procuri. Soffriamo, ma teniamo lontano dalla nostra coscienza perché soffriamo. Siamo dolore ma la sua radice, per qualche minuto, per qualche ora, per una mezza giornata, ci resta ignota. Viviamo come se...


(Che cosa significa aver scritto qui queste frasi? Che nell'effusione del dolore, su carte private bagnate di lacrime, effusione disorganica, sgrammaticata, inconscia, comincia ad affacciarsi qualche momento di racconto del dolore, di riflessione sul dolore?
Tanto che sono in grado di avere cura della punteggiatura e di segnare in corsivo delle parole?
Così sembra. Ma che cosa significa davvero?)

sabato 16 aprile 2011

lutto

Non esiste una matematica del dolore:
È impossibile contare le lacrime.
Non si può pesare la mancanza.