mercoledì 14 aprile 2010

senza indugio


Stefano Rodotà gode ottima salute ed io gliene auguro tanta per tanti anni ancora.
Ma il brutto scherzo che mi ha giocato Edmondo Berselli, mancando all'improvviso, mi porta a dichiarare la mia stima per Rodotà senza indugio alcuno. Sperando con questo gesto di portargli fortuna.
Di Rodotà ammiro l'integrità morale, la capacità di guardare lontano (quando i politici manco sapevano di che si trattava lui studiava il rapporto tra democrazia e le nuove tecnologie), l'atteggiamento sempre rispettoso di ogni interlocutore in ogni dibattito (anche quando l'interlocutore meriterebbe un calcio in bocca), la laicità a prova di ferro, e il sorriso mite, ancora fanciullesco. Oltre naturalmente alla grande intelligenza e cultura giuridica.


Questo è il suo più recente articolo.

Una sfida sul destino della democrazia
Repubblica — 12 aprile 2010 pagina 1 sezione: PRIMA PAGINA

ÈMAI possibile che si accetti senza reagire una politica che si manifesta con la distorsione dei fatti, l' aggressione alle istituzioni, l' esibizione di un potere ispirato da una logica autoritaria? Questi sono i temi nitidamente posti da Eugenio Scalfari, e conviene seguire la strada da lui indicata tornando su alcune delle cose dette sabato dal presidente del Consiglio ad una platea di imprenditori. E tuttavia, prima di seguire Berlusconi lungo l' abituale suo itinerario di aggressioni e vanterie, bisogna sottolineare la novità rappresentata dai tre fatti gravissimi narrati da Scalfari, rivelatori non tanto di una inammissibile doppiezza, ma di un sistematico mentire al presidente della Repubblica, che configura un caso clamoroso di slealtà costituzionale. Mentre Giorgio Napolitano si adopera per creare un clima propizio per una riforma rispettosa della Costituzione, Silvio Berlusconi tiene comportamenti pubblici e privati che mettono in discussione la funzione esercitata dal presidente e gli lancia una sfida che può sfociare in un gravissimo conflitto al vertice delle istituzioni. A Parma il presidente del Consiglio si è descritto come prigioniero di lacci e lacciuoli che gli impediscono un' azione efficace, come se non avesse una maggioranza parlamentare senza precedenti nella storia repubblicana e come se non avesse nei fatti mostrato che, quando le convenienze lo spingono, è in grado di far approvare rapidamente qualsiasi provvedimento. Ha imputato l' origine della crescita del debito pubblico ai "governi del compromesso storico", mentre proprio gli imprenditori dovrebbero sapere che quella vicenda comincia con il governo Craxi, un politico dal quale l' attuale presidente del Consiglio non era poi così lontano. Ha detto meraviglie di riforme che si sa bene che non saranno in grado di produrre i miracoli che ad esse vengono associate. Ma soprattutto ha descritto la Presidenza della Repubblica come un luogo che interferisce impropriamente nell' azione di governo, controllando «minuziosamente anche gli aggettivi» dei provvedimenti. E per l' ennesima volta ha definito la Corte costituzionale un "organo politico", che sta lì per smantellare la legislazione che non piace ai pubblici ministeri e ai giudici di Magistratura democratica. Un attacco frontale è stato così portato alle due istituzioni che in questo periodo hanno garantito la legalità costituzionale. Quest' insieme di falsificazioni è il frutto di una strategia deliberata, basata sulla ripetizione degli stessi concettie delle stesse parole, ispirata all' antica regola "calunniate, calunniate, qualcosa resterà". In questo modo si è già creato un perverso senso comune, al quale si fa appello nel momento in cui si deve raccogliere consenso. E ora, gonfiate le vele dal vento elettorale, si pensa di poter portare tutto all' incasso. Che cosa si sta facendo per contrastare questa che non è soltanto una strategia comunicativa, ma una sempre più pesante strategia politica? L' obiettivo di Berlusconi è chiaro e ormai esplicitamente dichiarato. Spazzar via tutte le garanzie e i controlli che "disturbano il manovratore", concentrare il potere nelle mani di una sola persona, invocando quel che accade in altri paesi europei, ma ignorando del tutto i contrappesi che lì esistono. Così, quello che con approssimazione viene chiamato semipresidenzialismo si presenta come concentrazione di potere nelle mani di una sola persona. Non a caso si rifiuta ogni modifica della legge elettorale, che si è rivelata un docile strumento per avere parlamentari scelti dall' alto, vanificando proprio quella sovranità dei cittadini alla quale Berlusconi strumentalmente si richiama quando vuole avere le mani libere da qualsiasi controllo. Si scoprono le carte a proposito della riforma della magistratura. Viene annunciata una antidemocratica riforma elettorale del Csm. La separazione delle carriere dovrebbe portare alla creazione di due consigli superiori, uno per i magistrati e l' altro per i pubblici ministeri, quest' ultimo presieduto dal ministro della Giustizia. Dalla proclamazione della volontà di cancellare la politicità della pubblica accusa si passerebbe così ad un controllo politico, anzi governativo, dei pubblici ministeri con l' evidente possibilità di distogliere il loro sguardo da indagini che potrebbero riguardare chi è vicino alla maggioranza e di indirizzare la loro azione verso chi si muova in modo sgradito al potere. A Berlusconi la democrazia dà fastidio, e non a caso annuncia un plebiscito. Non vuole una riforma, vuole un referendum sulla "sua" riforma. Un referendum che inevitabilmente spaccherebbe il paese, e farebbe percepire la nuova architettura costituzionale come il progetto di una parte, nella quale gli altri non potrebbero riconoscersi. Dalle riforme condivise si passerebbe alle riforme "divisive". Avendo deciso di imboccare questa strada, Berlusconi ha fatto una mossa che, per chi conosce la sua attenzione per il sistema della comunicazione, era prevedibile. Si è materializzato su Facebook. Da tempo, e non solo in Italia, si sottolinea che Internet non è di per sé uno strumento di democrazia e che, anzi, proprio l' insieme delle nuove tecnologie può dare sostegno al crescente populismo. Si torna così all' interrogativo iniziale. Come contrastare questa pericolosa deriva? Contare solo sulla dialettica interna alle forze politiche, sperare nel dissenso dei finiani, cercare pontieri tra maggioranza e opposizione perché la minacciata eversione costituzionale venga ricondotta nel più ragionevole alveo della "buona manutenzione costituzionale"? Guardiamo pure in questa direzione, anche se la sconsolata ammissione del pontiere per eccellenza, Gianni Letta, riferita da Eugenio Scalfari, non autorizza alcun ottimismo. Il compito dell' opposizione si è fatto più difficile, perché non basta contrapporre una bozza Violante ad una bozza Calderoli. Bisogna contrastare Berlusconi sul terreno che lui stesso ha scelto, quello della mobilitazione dell' opinione pubblica che dovrebbe sostenere l' impresa di riforma. Ma bisogna fare un passo oltre la registrazione di questa difficoltà, mostrando a tutti che cosa sia effettivamente diventata la questione della riforma costituzionale: una sfida sul destino della democrazia italiana. Se così stanno le cose, vi è una responsabilità più ampia di quella che riguarda partiti e gruppi di opposizione. Vi è una responsabilità collettiva legata ad una cittadinanza attiva, alla necessità che tutti prendano la parola. La difesa della democrazia non è stata mai affidata a maggioranze o minoranze "silenziose". Proprio perché le tecnologie hanno fatto diventare "continua" la democrazia, continua dev' essere pure l' azione dei cittadini. E oggi il silenzio si rompe in molti modi, da quelli tradizionali a quelli che si affidano alla faccia democratica delle tecnologie, né plebiscitaria né populista. Di tutto questo bisogna parlare, per non lasciare solo il Presidente della Repubblica nella difesa della Costituzione, per scongiurare un cambiamento di regime, per non rassegnarsi al destino di spettatori. Esattamente quello che il Cavaliere vuole. - STEFANO RODOTÀ

13 commenti:

  1. Marina grazie, ancora una volta cogli nel segno facendo conoscere a tanti il nome di alcune persone meritevoli e certe verità soprattutto per chi ne è all'oscuro.

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  2. Mi associo nel condividere la stima per questo politico esemplare, nonchè uomo di cultura.
    Lo seguo anch'io nei dibattiti e lo trovo sempre molto pacato, ma fermo e chiaro nei suoi giudizi.
    Molto obiettivo il suo articolo su Repubblica che non può trovarmi che d'accordo. E' importante parlare della situazione politica attuale per non passare in sordina certi scandali, veri e propri attentati alla democrazia, che tendono a stravolgere la nostra Costituzione.

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  3. una persona coerente e stimabilissima, concordo con te

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  4. Lo stimo molto anche io, ce ne fossero di persone come lui ...

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  5. Marina cara, tu hai mille ragioni per stimare Stefano Rodotà come persona e come politico,ma sono sempre i soliti che lo leggono.
    Dovrebbe andare in onda a reti unificate e spiegare cosa sta combinando il PdL, assieme alla sua banda. Forse così qualcuno lo ascolterebbe.
    Cristiana

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  6. condivido e lo ammiro, per la pacatezza con cui argomenta, una rarità

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  7. La narcosi da televisione produce assuefazione. Le voci libere saranno sempre più ammutolite dal ringhiare dei doberman sguinzagliati in ogni rete e canale. Non è più necessario sopprimere fisicamente gli avversari bastonandoli o ammazzandoli o carcerandoli. E'sufficiente ridurre sempre più gli spazi di confronto, zittire le voci, è sufficiente renderli invisibili. Le questioni costituzionali, gli equilibri e i contrappesi, i controlli incrociati che in tutte le democrazie serie non vengono messe in discussione, da noi, per l'analfabetismo civile diffuso, sono argomenti ostici . Se mai questo regime cadrà, sarà, come sempre nella storia di questo paese, per un collasso strutturale, un infarto drammatico come è stata la guerra per il fascismo.

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  8. Per questo non lo manderanno "in onda a reti unificate e spiegare cosa sta combinando il PdL, assieme alla sua banda..."

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  9. Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire.

    Non è la cosa il male. E' pronunciarne il nome.

    Se non ne parli, la cosa non esiste.

    Non Provenzano né Dell'Utri.

    Il colpevole è Saviano.

    Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire.

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  10. Sant’Ilario di Poitier già nel sec. IV metteva in guardia dalle lusinghe e dai regali dell’imperatore Costanzo, il Berlusconi cesarista di turno:

    «Noi non abbiamo più un imperatore anticristiano che ci perseguita, ma dobbiamo lottare contro un persecutore ancora più insidioso, un nemico che lusinga; non ci flagella la schiena ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni (dandoci così la vita), ma ci arricchisce per darci la morte; non ci spinge verso la libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci e onorandoci nel palazzo; non ci colpisce il corpo, ma prende possesso del cuore; non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l’anima con il denaro» (Ilario di Poitiers, Contro l’imperatore Costanzo 5).

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  11. @Sain Just: grazie per i tuoi commenti. Il "sopire troncare" è attualissimo è vero! si adatta alla perfezione al tema fascismo. E la citazione di Ilario di Poitiers è perfetta! Potrei metterla come post, naturalmente indicando che l'hai suggerita tu?
    marina

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  12. sempre @ ßaint Just: perché scrivi così raramente sul tuo blog?

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  13. Puoi fare come vuoi, ci mancherebbe.

    Non ho sempre il tempo e il pc a disposizione (lo contendo con 2 figlie che lo preferiscono ai loro portatili quando sono a casa)

    Ti prometto però d'essere più assiduo.

    ciao

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