lunedì 22 marzo 2010

Marcel Mauss, Bernardo Soares ed io

Da moltissimo tempo ho scoperto che non mi piace ricevere doni e, con poche eccezioni, non mi piace farne. "Nella mia anima ignobile e profonda" sono una bestia, lo so, e forse sono cattiva proprio come ha sempre sostenuto mia madre.
(Per inciso: quando iniziai lo studio del latino, alle medie, e scoprii il significato di captiva, prigioniera, detti un balzo: oddio, ma allora è vero che sono cattiva! Mia madre, senza sapere in che senso -o forse sapendolo perfettamente bene- aveva ragione).
Ma, tornando al tema, il fatto è che non mi sono mai servite le ricerche antropologiche né quelle sociologiche o psicoanalitiche per capire che il dono spontaneo, che cioè non risponde ad una richiesta del donando, è un laccio con cui qualcuno vuole stringerci a sé. Contiene certo amicizia e affetto ma anche una richiesta di affetto e amicizia. Questo nella migliore delle ipotesi. Perché spesso la richiesta di amicizia e affetto nasconde una pretesa di amicizia e affetto. Al di là delle intenzioni esplicitate a noi stessi, il dono contiene spesso il nostro desiderio di porre un vincolo sul capo di colui cui facciamo il dono.
Io vorrei restare libera e lasciare liberi gli altri.
Forse tra le ragioni per cui odio con tutte le mie forze il Natale c'è proprio questo lancio di lacci sopra la mia testa. (È rarissimo che io cada nel tranello del fare doni "spontanei"e di chiedere affetto tramite loro, anche se ricorro ad altri ingenui trucchi. Mai, comunque, cado in quello di pretenderlo. Del resto, mi considero troppo ignobile per questo).

Ho scoperto, rileggendo dopo una decina di anni "Il libro dell'inquietudine di Bernardo Soares" di Pessoa, che tra Bernardo Soares e la me di questi anni ci sono un numero preoccupante di pensieri in comune, di idiosincrasie, di predilezioni, di modi di sentire, di tic dell'anima. Non ne avevo memoria (ma mi capiterà di ritornarci). Questo non mi solleva di colpo al livello di Soares, né di conseguenza di Pessoa, ma testimonia del semplice fatto che uno scrittore parla per tutti noi o, per meglio dire, che ci conosce tutti o, ancor meglio, che ogni scrittore conosce qualche cosa di noi.
Sul dono, Soares ed io la pensiamo allo stesso modo. "Non mi piace che mi vengano fatti doni: in tal modo mi sento obbligato a fare doni anch'io, alle stesse persone o ad altre, o a chicchessia". Dove il nucleo del pensiero non è il fare doni, ma il sentirsi obbligato.

Inoltre per capire che Marcel Mauss (Saggio sul dono) centrò il bersaglio- quando spiegò come il dono spontaneo testimoni una grande apertura ma costituisca una richiesta- mi basta ricordare la giovinetta tuareg che si tolse l'anello di stagno dal dito e me lo porse guardando con insistenza il ciondolo in argento che portavo al collo e costringendomi a fargliene dono. O la donna afghana che toccò più volte i miei orecchini e poi mi dette il braccialetto che portava al polso. Se vi state chiedendo se le detti i miei orecchini: no, non glieli detti e non presi il braccialetto.
Probabilmente ho minato il suo sforzo di "creare una società più larga ed amichevole" (lo scopo sociale del dono, sempre secondo Marcel Mauss) ma ho salvato i miei orecchini favoriti, dono, richiesto, di mio marito.
Sì, sono cinica.
Ed ora condannatemi pure.

P.S. Se vi state chiedendo come mi pongo di fronte al gesto di donare, venerdì prossimo, un libro ad uno sconosciuto, è presto detto: lo sconosciuto spalancherà la bocca per la sorpresa, si dirà che sono un po' matta e riprenderà, libero, la sua strada.

13 commenti:

  1. Argomento spinoso.
    Razionalmente sono d'accordo con te. Umanamente no e non ti condanno. Perchè dietro la nostra richiesta d'affetto che si può celare in un dono spontaneo io leggo e accolgo con amore la nostra fragilità affettiva che non mi sento di condannare.
    Tu stessa dici che con altri ingenui trucchi chiedi affetto: che male c'è? Credo che tutti i comportamenti umani rivolti agli altri acquistino senso in base al tipo di relazione in cui sono inseriti: l'altro avrà modo di valutare il da farsi in base alla relazione che ha o vuole instaurare con te.
    E d'altra parte il dono immateriale, il dono di sè, del proprio corpo o del proprio tempo o della propria gentilezza non è sempre un dono? Allora, mettiamo fine alle relazioni per non imprigionare l'altro?
    Per questo dico che non mi sembra utile affrontare l'argomento razionalmente, ma lasciarlo fluttuare nel gioco vitale delle relazioni affettive, che comprende sempre luci ed ombre.
    Con buona pace di Bernardo Soares che mi ha sempre angosciato per la sua incapacità di lasciare libera la sua affettività, tutto preso dal suo onnipresente chirurgico atteggiamento analitico nei confronti di tutto e di tutti.
    Buona giornata, Giorgio

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  2. macché cinica! non sei buonista è diverso!
    Mauss Levi Strauss hanno indagato il mondo per descriverlo e spiegarlo ma esiste una modalità energetica che sorpassa ogni codice a volte, come hai fatto tu ad esempio nel non cedere alla richiesta forzata degli orecchini, che erano tuoi e non cedibili, modalità energetica sì come la posseggono gli zingari o gli africani..tutto ma di solito il poco, si gioca in un'adesione ad un proprio codice che non è definito una volta per tutte ma cangiante e modulato secondo un'energia del sentire

    ps: passa da me, conosci Christine Levant?

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  3. @Giorgio: conosco la tua idiosincrasia nei confronti di questo testo di Pessoa e la lettura che tu ne dai. Ci sto addirittura preparando un post di risposta al tuo!
    Quanto al tema del dono: anche io vi leggo la fragilità affettiva né credo ci sia del male nel chiedere affetto. Basta accordarsi sul fatto che il dono è un tentativo di LEGARE l'altro. Riconoscerlo, ammetterlo.E riconoscere all'altro il diritto di non voler ESSERE LEGATO
    marina

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  4. @giardigno: me lo farò bastare :-)))

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  5. @marina: mi hai fatto venire in mente il film di Almodovar ATAME (LEGAMI).
    Sono d'accordo con te: a volte ci può essere piacere (reciproco) nel sentirsi legati mentre a volte no.
    Credo che le relazioni affettive abbiano sempre una componente di autolimitazione: quando è scelta liberamente fa stare bene, quando è obbligata no.

    E poi, come diceva il poeta: timeo Danaos et dona ferentes!

    Giorgio

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  6. confesso che non ho ancora finito il libro dell'inquietudine, lo prendo ..lo riprendo...per quanto Pessoa mi piaccia ma non riesco a concentrarmi su questa lettura, ho sussultato quando ho letto la parola "laccio" correlata alla parola "regalo", questa volta non condivido il tuo pensiero, io vivo i regali sia ricevuti che fatti con un altro spirito, di certo non ci vedo niente di costrittivo o di impositivo, mipiace farne e mi piace riceverne, quindi non ti preoccupare puoi farmi tutti i regali che vuoi ;-)

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  7. Anche io mi sono ritrovata in molte cose di pessoa nel libro dell'inquietudine. Rispetto al "dono" non so. Per me dipende da chi e da come lo si fa. Certo che è qualcosa legato all'affetto (un momento, lo è sempre? no), per me lo è, ma, come dice Giorgio, perchè no? L'abuso che si fa oggi del dono, ma non solo oggi, quello non piace neanche a me, ma quando c'è affetto sincero sì.

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  8. Se qualcuno ti volesse fare un dono e non avesse idea di cosa, suggerisco una gabbia portaorecchini.
    :-)
    Il possesso. Di cose, di persone. Trasforma. Le cose. Le persone. In.
    Questo avevano forse intuito i primi psicoanalisti quando consideravano la cacca del bambino un dono? Robe astruse, pensarono codelli! Però forse un qualche nesso c'è.

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  9. La penso come te: non mi piace fare doni e non mi piace riceverne, salvo qualche eccezione che so fatta con il cuore sincero.
    Spesso è proprio come suggerisci tu: un dare per avere e la cosa mi disturba particolarmente.

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  10. la penso esattamente come te. sono sempre stata restia a ricevere, mi sento a disagio a ricevere,ma ho una parentela stretta che sente proprio il bisogno di donare . mom volevo niente . in alcuni casi mi sono piu' che sdebitata..il maritino mi diceva perche' reagisci cosi?sei strana. avevo ragione .infatti al momento giusto mi e' stato rinfacciato tutto ,mi sono stati rinfacciati pure gli inviti a pranzo e i piccoli aiuti(peraltro mai richiesti) cerco di distanziarmi da queste persone ma e'dura come hai ragione.... mirtilla

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  11. grande dibattito sul dono, vedo posizioni molto diverse. Il dono in ogni caso, comunque lo si viva, ha un forte significato simbolico per tutti noi. Forte Zefirina! e anche la gabbia per orecchini di ron è divertente assai!
    grazie a tutti per la vostra presenza, un dono che, da noi che teniamo blog, è sempre RICHIESTO :-)))
    marina

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  12. Ricevere doni mi imbarazza e farli mi getta nell'angoscia perchè mi immedesimo nell'altro che sto mettendo in imbarazzo magari perchè quello che gli sto regalando gli fa schifo ma non me lo può certo dire e deve far finta che gli piace.
    Insomma non è tanto per l'ipotetico legame (di cui francamente e cinicamente me ne frego) quanto proprio per la necessaria ipocrisia dettata dall'educazione che detesto i doni.

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