martedì 1 dicembre 2009

il segnalibro/cinque

Il libro di cui voglio parlare oggi è un libro particolare perché ci porta dentro un mondo che conosciamo poco e comprendiamo meno. Il mondo della rabbia giovanile e delle sue diverse espressioni. Il mondo delle strade disadorne delle periferie, delle piazze "calde", dei treni speciali per le trasferte calcistiche, quel mondo emarginato che si autoemargina in risposta e costruisce da sé la sua stessa rappresentanza, rifiutando qualsiasi mediazione.
Sono 12 racconti, di qualità diversa ma tutti molto coinvolgenti. Quelli più belli sono quelli dove prevale il ritmo e il tempo è un accavallarsi di azioni.
Raccontare il movimento non è facile ma l'autore lo fa benissimo. Ci si sente immediatamente presi e trascinati nell' azione assieme ai protagonisti. Trascinati dove? Intorno agli stadi, in curva, nei cortei e nelle azioni dimostrative, nelle spedizioni punitive contro i fascisti, negli scontri con la polizia, sempre all'assalto...
All'assalto di che cosa?
Del mondo così com'è: ingiusto, piatto, uniforme, escludente. Violento.
E la violenza del mondo viene inghiottita dal protagonista del libro e risputata in risposta perché gli appare la più appropriata, l'unica anzi che non sia stata plasmata a immagine e somiglianza del potere stesso che lui contesta.
Per amare queste storie bisogna rinunciare a stare fuori dai gruppi che si muovono sulle strade, rinunciare a guardarli da fuori. Cercare invece di tenersi il più possibile stretti a questi ragazzi, in linea con loro, come direbbe il protagonista con il suo linguaggio militare.
Visti così da vicino gli ultras, gli autonomi, i militanti a sinistra di tutte le sinistre, gli antagonisti " a prescindere", tutti i giovani arrabbiati dei centri sociali e delle periferie, si scoprono pieni di "valori" forti. L'amicizia, il coraggio, la solidarietà tra compagni, la lealtà nello scontro, la fedeltà alla parola data, il disprezzo per i compromessi. Se ne scopre anche la paura e la capacità, tutta giovanile, di stupirsi per il mondo e i suoi sprazzi di bellezza.
Sentirli vicini fa quasi paura perché quella massa confusa di alienazione e ribellismo sembra un'onda destinata a travolgere tutto. Anche la nostra incomprensione. Io però temo che in molti casi la società si sia già incaricata di travolgere loro o meglio di renderli comparse nella sua rappresentazione della realtà.
Nessuna lettura giornalistica o sociologica può dare, né mai mi ha dato, come questi racconti, il senso del mondo delle tifoserie organizzate e delle loro parole d'ordine: l'odio, la vendetta, la disciplina, il rispetto delle gerarchie, l'orgoglio di appartenenza. Ma nello stesso tempo mi ha trasmesso la sensazione netta del terribile spreco di energie giovanili e slancio vitale che queste forme di ribellione violenta rappresentano e della assoluta necessità che ci sarebbe di riportare sul terreno della battaglia sociale i giovani che viaggiano nelle nostre città armati solo di rabbia e bastoni. Per me è impossibile leggere di questo mondo violento e autoreferenziale senza pensare che è il prodotto di altrettanta violenza e autoreferenzialità, e che quella necessità di impegno politico resterà senza risposte. Al breve e, temo, ancora a lungo.
Per queste riflessioni, oltre che per il suo bel narrare, sono grata all'autore.

MARCO CAPOCCETTI BOCCIA: "NON DIMENTICARE LA RABBIA" X-book edizioni- 2009

4 commenti:

  1. Ribadisco che ti ringrazio infinitamente per la segnalazione e la bella recensione...

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  2. Sembra molto interessante. A proposito di spreco di energie giovanili, anche a te suonano il campanello i ragazzi che vendono Lotta Comunista? Con tutto rispetto, come fanno a coinvolgere questi ragazzi carini e giovanissimi in questa attività che li espone ad una lunga serie di porte chiuse in faccia. Non potrebbero impegnarsi in qualcosa di più utile anche dello stesso genere? Tu che ne dici? Mica vendi Lotta Comunista anche tu? :-(

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  3. Davvero non bisogna voltare lo sguardo da un'altra parte, vedere questi giovani come alieni, o peggio... Bisogna guardare dentro la loro rabbia, la loro frustrazione, ma soprattutto bisogna guardare noi stessi: il mondo degli adulti che li guardano come se non appartenessero a loro, come se non fossero tutti, dico tutti "nostri figli".
    IO sto incontrando giovani in questo periodo e alcuni sono davvero straoridnari. Allora basta parlare "di" giovani, bisogna parlare "con" loro e con loro trovare strade...
    Grazie Marina per questa recensione.

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