sabato 11 luglio 2009

sbagliando

E' un bel po' di tempo che vivo equivocando ed essendo equivocata. Il mio sistema di comunicazione è diventato frusto. Sempre più spesso mi capita di non capire il prossimo mio e di sentire che il prossimo mio non capisce me. Questa notte rileggendo Pastorale americana di Philip Roth ( E' la terza volta e non escludo di tornare a leggerlo)
mi si è imposto questo passo con cui mi sono trovata in grande sintonia.

“Lotti contro la tua superficialità, la tua faciloneria, per cercare di accostarti alle gente senza aspettative illusorie, senza un carico eccessivo di pregiudizi, di speranze o di arroganza, nel modo meno simile a quello di un carro armato, senza cannoni, mitragliatrici e corazze di acciaio spesse quindici centimetri; offri alla gente il tuo volto più bonario, camminando in punta di piedi invece di sconvolgere il terreno con i cingoli, e l’affronti con larghezza di vedute, da pari a pari, da uomo a uomo, come si diceva una volta, e tuttavia non manchi mai di capirla male. Tanto varrebbe avere il cervello di un carro armato. La capisci male prima di incontrarla, mentre pregusti il momento in cui l’incontrerai; la capisci male mentre sei con lei; e poi vai a casa, parli con qualcun altro dell’incontro, e scopri ancora una volta di aver travisato. Poiché la stessa cosa capita, in genere, anche ai tuoi interlocutori, tutta la faccenda è, veramente, una colossale illusione priva di fondamento, una sbalorditiva commedia degli equivoci. Eppure, come dobbiamo regolarci con questa storia, questa storia così importante, la storia degli altri, che si rivela priva del significato che secondo noi dovrebbe avere e che assume invece un significato grottesco, tanto siamo male attrezzati per discernere l’intimo lavorio e gli scopi invisibili degli altri? Devono tutti andarsene e chiudere la porta e vivere isolati come fanno gli scrittori solitari, in una cella insonorizzata, creando i loro personaggi con le parole e poi suggerendo che questi personaggi di parole siano più vicini alla realtà delle persone vere che ogni giorno noi mutiliamo con la nostra ignoranza? Rimane il fatto che, in ogni modo, capire bene la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male, male e poi male, e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi. Sbagliando."

4 commenti:

  1. Carissima Marina, ti capisco e ti posso assicurare non sei la sola. Un tempo lottavo, adesso cerco di fluire, dopotutto la vita non deve essere una forzatura.
    Buona giornata.

    Rino, scorrendo come l'acqua.

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  2. hai colto in pieno...i nostri rapporti sono basati sugli equivoci, noi pensiamo di sapere cosa pensano gli altri e gli altri cosa pensiamo noi...senza confronto.

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  3. Mi sa che hai ragione. Va beh, allora prendiamo atto e cerchiamo di non prendercela troppo.

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  4. Una pagina così ti stende e ti sconfigge con la forza della realtà, una cosa con la quale è sempre duro fare i conti...anche se tocca farli.

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