lunedì 1 giugno 2009

prendere il largo

A tutti coloro che in qualche momento della loro vita mi hanno abbandonata, per un giorno, un'ora,  o per sempre:
-Non ho mai pensato di avere qualche cosa da perdonarvi, ma sempre e solo di avere qualche cosa da farmi perdonare. 
(Con un' unica eccezione). 

A tutti coloro che in qualche momento della mia vita ho abbandonato, per sempre,  per un'ora o per un giorno: 
-Solo voi potete dire quanto io abbia da farmi perdonare. In ogni caso sappiate che l'abbandono mi fa soffrire anche quando l'abbandonata non sono io.
Senza eccezioni.

13 commenti:

  1. Parole degne di profonda riflessione!!..

    Un forte abbraccio
    Stefi riflettendo

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  2. Marina...le mie ferite ancora aperte scalpitano per intervenire sul tuo finale. E' una costante che chi abbandona ci tenga a far sapere (all'abbandonato) di non passarsela benissimo. Come se l'infelicità dell'"abbandonante" fosse di conforto all'abbandonato. E' una rassicurazione che serve solo a chi la fa, non a chi la riceve. Questo pensano le mie ferite. Baci

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  3. No no no no no no no(senza virgole!).
    Chi abbandona si assuma la responsabilità dell'abbandono e non vada a cercare né a pretendere comprensione!
    L'abbandono è un atto traumatico: legittimo, causato, motivato, ci mancherebbe altro! Ma è un trauma, per chi lo subisce, non per chi lo compie!
    Chi lo compie lo ha pensato, e quindi in un certo modo elaborato. Chi lo compie si è dato della cause, delle spiegazioni, delle giustificazioni. E' giusto che lo faccia, che abbandoni, e per mille buone ragioni, anche la noia, anche il non volersi impegnare, anche il non voler prendere su di sé il "peso" dell'altro. Ma che si teorizzi che faccia male anche a chi di questa indifferenza ne ha fatto un suo diritto... no no no no no no no.
    Acqua

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  4. Alle mie amiche insorte: la dichiarazione di sofferenza non è una richiesta di comprensione. E certo non dall'abbandonato! E' una semplice constatazione. Si soffre anche ad abbandonare. Siamo divisi a volte tra due sofferenze; certo scegliamo la minore (quasi sempre) ma la scelta di abbandonare non esclude la sofferenza. Sarebbe semplice se fosse così, ma notoriamente vivere non lo è.
    Ci sono forze che ci spingono lontani da persone, affetti, relazioni:ma quando abbandoniamo un altro spesso abbandoniamo anche una parte di noi. E questo fa soffrire. Tutto qui quello che volevo dire, senza cercare alibi per chi abbandona. Né a cuore leggero né a cuore pesante.esiste il chiaro, esiste lo scuro ed esiste, diffusissimo, il chiaroscuro...marina

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  5. @Acqua: hai di nuovo chiuso il tuo blog! porta chiusa uguale abbandono??????

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  6. @Marina: porta chiusa uguale pausa. Talvolta mi sento troppo esposta, anche su un piccolissimo blog, e allora ho bisogno di starmene in disparte, senza questa vetrina che può fare anche male.
    Rifletto sul tuo ci sono forze che spingono lontani da persone, affetti e relazioni, senza riuscire a contestualizzarlo nella vita. Immagino che tu non intendessi dire che fossero categorie necessariamente negative, quanto piuttosto, forse, impegnative. Perché abbandonare, allora? Perché non tentare di far nascere qualcosa di buono per le relazioni di tutti? Perché privilegiare sempre "il facile"? E quel compagno di un tratto di strada, perché abbandonarlo?
    Sono fuori tema? Riesco a spiegarmi?
    E' vero, esistono i chiaroscuri, ma chi abbandona mi sembra quello più forte e a volte anche quello che ha scelto la strada meno accidentata e magari, anche, quello che ha scelto di non dare.
    Sono una rompiscatole, lo so.
    Acqua

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  7. l'abbandono è lacerante.. non da meno per chi lo compie, il quale dovrà, prima o dopo, fare i conti con la propria anima..

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  8. Stavo per chiudere dopo aver letto, quando ho pensato: oh! l'abbandono non è mica un'esclusiva delle donne! - dico nel senso di essere abbandonate.
    Però più vado avanti e più torno indietro, quanto a certezze. Va a sapere come stanno le cose! Prima di cominciare ad avere qualche pensiero che s'affaccia, per ogni storia d'abbandono in attivo o in passivo, troppo ci sarebbe da sapere...
    Però qualche certezza apriori invero ce l'ho. Non si abbandonano i bambini. Non si abbandonano gli animali. E orientativamente non si abbandona nessuno che non sia in grado di sopportare quell'abbandono. Chi lo decide? Se ne è capace, lo decide chi sta pensando all'abbandono. Però, se sta pensando ad un abbandono, e non ad una separazione, una reale separazione elaborata insieme, mi sa che tanto capace di capire se l'abbandonato sarà o non sarà in grado di sopravvivere non lo è.
    L'abbandono va verso il mors tua vita mea, mi pare. Almeno nei pensieri dell'abbandonante, perché poi non è detto che le cose vadano così. A volte accade il contrario.
    Insomma, Marina, perché hai usato questo termine? Secondo me non sono tutti abbandoni, quelli che hai riunito sotto questo nome grondante dolori.

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  9. Capisco che la parola abbandono è suscettibile di molte letture e che ne ho fatto un uso ambiguo. Rom mi riporta ad un uso più stringente: i bambini, i cani, i deboli...anche se, "non si abbandona nessuno che non sia in grado di sopportare quell'abbandono" dà da pensare: fino a che punto di sacrificio di sé si deve o si può giungere per non abbandonare il più debole? e quante volte l'abbandonato ricatta con la sua debolezza l'abbandonante? E' probabile che io usi il termine in modo troppo personale e soprattutto poco codificato e molto, molto esteso. dentro c'è il rifiuto, c'è il tradimento, c'è l'incomprensione: tutte forme di abbandono, secondo me. E c'è il sottrarsi agli altri, come difesa estrema. E' probabile che nella scelta di questa parola da parte mia ci sia il senso della colpa che accompagna sempre il sottrarsi, tanto da considerarsi abbandonante. Non so, ho una certa confusione di pensiero ma quello che mi sembra chiaro è che questa è un'esperienza che tutti abbiamo fatto e che risveglia grandi sofferenze. perciò vi chiedo scusa. Forse mi sarei dovuta fare gli abbandoni miei :-))
    buona mezzanotte, marina

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  10. cara acqua sono SICURA che con un po' di spazio e di tempo in più ci capiremmo perfettamente. ora sono un po' incasinata ma mi riprometto di farmi viva...
    ma non capisco la ragione della porta chiusa: basta la pausa, no? un giorno me la spieghi questa modalità?
    marina

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  11. Proprio questa sera hanno dato in televisione I giorni dell'abbandono di Faenza. Lo avete visto? E avete letto il libro della Ferrante?
    scorreranno fiumi di inchiostro?

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  12. Anche a me ciò che ha più colpito di queste tue parole è il termine "abbandono", che è un termine forte, pulsante e doloroso. Per tutti: chi più chi meno, abbiamo tutti ferite da abbandono, addosso. E imparare a conviverci è quanto di più difficile ci sia - almeno per me.
    Ho visto "I giorni dell'abbandono", e di quel film ricordo una cosa, dolorosissima: che un amore può finire, smettere da un momento all'altro, e non ci sono spiegazioni, non ci sono ragioni. Accade, e basta. All'altro, a quello che continua ad amare e non sa farsene una ragione, non resta che cominciare a fare i conti con l'abbandono...
    Un abbraccio, stretto stretto.
    V

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  13. Concordo con rom da "però qualche certezza" fino a "chi sta pensando all'abbandono".

    Rispondo alla domanda (retorica?) di Marina, "fino a che punto di sacrificio di sé"?

    Finché si può. Senza tanti fronzoli di parole.

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