venerdì 6 febbraio 2009

sfumature del tempo

A quest'ora guardo il tramonto e il suo rosa mi rende stupefatto.
Nella finestra di fronte si inscrivono le tue mani giovani, che corrono sul piano.
Ma non sento la musica. I vetri sono serrati.
I tuoi ed i miei.
Che cosa suoni non lo so.
Non ti ho mai vista. Non so come sei.
Solo le tue mani che corrono sul piano.
Il pozzo del giardinetto divide le nostre gole, la mia palpita emozionata-  se la tua pianga non lo saprò mai.
Ora si tinge tutto il cielo di rosso e avvampa oltre i pini gonfi.
Se tu sapessi quello che so io, apriresti la finestra di botto e grideresti: Aiuto!
Se io ricordassi quello che sei tu, danzerei sul tetto senza paura e cadere sarebbe l’ultimo dei miei pensieri.
Sono entrambe ignare le nostre menti?
Ma il cuore mi resta incrostato. E il tuo? Rotola il tuo? Ho bisogno di darti un nome. Ti chiamerò TU, perchè sì, perché qualunque altro nome peserebbe su di te.
Ma se io cantassi per te e tu suonassi per me non avrebbe più senso questa sera?
E anche questa vita?
Invece ognuno ha il suo citofono e la pelle contiene e separa i corpi.
Se trovi il modo di spellarmi ti porterò con me nelle strade della città.
Perché è vero: tu non hai forse compiuto i tuoi vent'anni ma io nego, recisamente, di aver mai compiuto i miei cinquanta.
Tutti i pomeriggi tu suoni il piano e smetti solo quando è troppo basso il sole.
Tutti i pomeriggi io ascolto il tuo concerto senza note.
Non ti vedo lasciare la stanza.
Quanti “non”.
Non ti vedo.
Non ti sento.
Non ti parlo.
Le mani piano piano spariscono nel buio.
Non sei più lì dov’eri solo poco fa’.
Ridono di me e hanno paura di me.
Io sono il matto del terzo piano.
Tu chi sei?





Nota: per la ragazza che studia il piano tutti i giorni e per il matto che abitava nel mio palazzo.


9 commenti:

  1. In racconto breve è un "formato" affascinante e, se funziona, è un piccolo scrigno di delizie (per chi lo scrive e chi lo legge). Ho sempre pensato che è difficile tratteggiare in poche righe personaggi e situazioni e dare quello spessore a entrambe. E' quindi un bell'esercizio di scrittura e prova ardua per uno scrittore professionista o artigiano che sia.
    Insomma : mi è piaciuto (non bastava dire così?)

    RispondiElimina
  2. sì, bastava e soprattutto mi avresti risparmiato il timore di una stroncatura finale :-)))
    grazie, marina

    RispondiElimina
  3. Che tu abbia paura di stroncature per un racconto così mi pare eccessivo. Per me è perfetto da tutti i punti di vista. Sottolineo la delicatezza del tocco, da vera concertista dell'anima. Accostare il pianoforte al matto è il massimo della verità e dell'umanità.
    Ciao, Giorgio.

    RispondiElimina
  4. ciao giorgio e grazie. ma stavo scherzando con la stroncatura! marina

    RispondiElimina
  5. Sei un genio!!!
    Cristiana

    RispondiElimina
  6. Poi hai smesso di suonare il piano?

    Anch'io ho un pozzo nel giardinetto. Ciao.

    RispondiElimina
  7. Questo racconto breve è davvero figlio del tuo sguardo e della tua sensibilità. Bello!...Il matto mi ha ricordato il pittore de "Il favoloso mondo di Amelie"

    RispondiElimina

Non c'è niente di più anonimo di un Anonimo