venerdì 9 gennaio 2009

grazie a Tobino


Questa notte stavo leggendo Le libere donne di Magliano, di Mario Tobino, un libro che volevo leggere da anni e che mi è stato appena regalato. Il libro è del 1953 e non è di agevole lettura perché è scritto con una lingua lirica, molto mossa, con un sapore arcaico per costruzioni, lessico e persino per grafia.( Esempio piccolissimo: al posto di "ormai" Tobino scrive "mai" e lì per lì si resta disorientati.) E' una lingua però affascinantissima. E il libro è interessantissimo e molto particolare. E' una specie di diario tenuto da Tobino, psichiatra prima che scrittore e poeta, negli anni in cui diresse il manicomio di Maggiano, a pochi passi da Lucca (che nel libro diventa Magliano). E' un libro molto bello, di grande valore letterario e sociale. I "matti" vi compaiono come creature umane e non come mostri. Tobino non nasconde le sue sensazioni, le sue emozioni, le sue paure. Il libro è sempre "caldo" di affetti.
"Scrissi questo libro per dimostrare che i matti sono creature degne d'amore, il mio scopo fu ottenere che i malati fossero trattati meglio, meglio nutriti, meglio vestiti, si avesse maggiore sollecitudine per la loro vita spirituale, per la loro libertà", scrive Tobino nel 1964, alla ristampa. Nel frattempo sono entrati nei manicomi gli psicofarmaci che egli considera strumenti preziosi ma insufficienti. In quei dieci anni Tobino passa attraverso momenti di scoraggiato pessimismo in cui si chiede addirittura se i malati non fossero più felici prima quando venivano semplicemente lasciati ai loro deliri. Ma riafferma la sua intenzione di armarsi di "critica e di speranza" insieme "se no cambiamo mestiere e disputiamoci con volgare furbizia il commercio nel mercato."
Questo libro si ripubblica -scrive Tobino nella prefazione-" per domandare ai sani se non sia giunto il tempo di aiutare chi è sulla soglia, in bilico se rientrare nel mondo o invece ripiombare nella caverna. Per i sani è giunto il momento di fare il loro dovere verso i folli."

Lo stavo leggendo quando sono arrivata ad una piccolissima frase "Sono un poco fuggito".
Tobino racconta di aver sognato durante la notte il volto "della malata Rosi" i cui occhi "sono mostruosi perché non esprimono nulla". Nel sonno tentava di cacciare quel volto, ma continuamente esso riappariva." Ciò fino a stamani. E me ne ero dimenticato quando, attraversando il reparto di vigilanza, me lo sono rivisto davanti in carne ed ossa che mi voleva parlare. SONO UN POCO FUGGITO."

L'espressione mi ha fatto sorridere, ma di tenerezza. Quel "un poco" che vuole attenuare il disagio di essere fuggito. Quella confessione spontanea eppure timorosa. Quelle quattro parole mi hanno toccata, ci ho sentito tutta la sua umanità.

E mi hanno anche fatto pensare.

Ci sono volte in cui fuggiamo. Fuggiamo e basta. Da responsabilità, da doveri, da colpe, da rapporti, da situazioni. Fuggiamo, senza mezzi termini.

E ci sono volte in cui "un poco fuggiamo". In cui ci sottraiamo temporaneamente, a qualche cosa che ci fa paura, magari oscuramente, in cui ci proteggiamo per lo spazio di un momento o di un'ora, e nel fuggire sentiamo il disagio di questa nostra sottrazione ma nello stesso tempo non ci condanniamo definitivamente, perché sappiamo, la nostra mente, il nostro cuore o qualsiasi altra cosa ci guidi, sa che possiamo farlo, in quel momento, perché quella piccola distanza, in quel momento, ci serve.

Tobino non dà seguito all'episodio. Esso viene riassorbito nello scorrere delle stagioni. La frase successiva, dopo uno spazio bianco, dice: "E' venuto di nuovo l'autunno. Dalla finestra si odono per il vento frusciare i rami. Già è notte presto. Il manicomio senza la distrazione dell'estate, torna evidente, vivo, mio dominatore."

Nel manicomio "suo dominatore" Tobino ha vissuto 25 anni. E talvolta "un poco" è fuggito.


Ieri mattina sull'autobus anche io "un poco sono fuggita". Tobino nella sua grande umanità mi ha detto che si può. O almeno, io così ho letto le sue parole, come se fossero dirette a me.
Questo è quello che intendo quando dico che in ogni libro c'è almeno una frase importante per almeno un lettore.

15 commenti:

  1. Si fugge un poco ogni giorno da qualcosa: è un modo per sopravvivere. Quel fuggire un poco non è mai definitivo, ché si torna. E allora va bene. E' fuggire per sempre che non mi piace....

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  2. quel "poco fuggire" è anche sentirsi liberi, ma veramente liberi, anche se per poco
    a presto

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  3. ciao signora in rosso: ho tentato di mettere un commento da te, ma si ostinava a chiedermi di inserire delle lettere che però NON COMPARIVANO. Mi dispiace. Ti dico qui che ho apprezzato il tuo post, marina

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  4. mi hai fatto venire il desiderio di leggere questo libro... e di fuggire un po', oppure di capire se sia davvero utile farlo...

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  5. Di più. Quel lettore può trovare , nel tempo, "frasi importanti" diverse o non trovarne (con grande sconcerto) più. Tobino è tra i grandi "scomparsi" come (cito a casaccio) Flaiano, Landolfi, Bianciardi, Parise...

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  6. io mi lascio sempre un poco fuggita...così ho più fascino...
    Tez, dal suo stesso sen fuggita
    p.s.: dai, Marina,passamela sta cazzatella, oggi sono nervosa e- com'accade spesso- mi viene l'estro cazzeggione.
    Ma il post è bellissimo negli spunti espressi e suggeriti. Comunque.

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  7. @ Tez: cazzeggia quanto vuoi ma sappi che verrò a cazzeggiare da te
    marina, minacciosa

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  8. marina sì è una frase importante perchè come un lapsus è spiazzante, ci scuote per indurci a pensare, quel "poco" fa pensare, in quel poco c'è tanto, c'è un poco di diniego ma pure un poco di diritto a sottrarci, di difesa dall'accollamento di tutti i mali del mondo,
    il tuo considerare lo sento vicino ed intimo e ti riconosco una grande capacità di pensiero e di articolazione di pensiero in una cornice di lucidità di pacatezza e di rigore, perchè è sempre molto chiaro e dichiarato come la pensi, ti ammiro, per questo perché credo che non ci si giunga così par hasard ma ci sia dietro un grande carico di elaborazione e di responsabilizzazione cioè di presa di coscienza e del suo assumersene carico,
    ciao cara marina!

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  9. Che dirti? Io non fuggo mai, non me lo concedo. Anzi, se mi accorgo che vorrei un poco fuggire, abbasso la testa e carico verso le mie paure, contro le sottrazioni di me.

    Il tuo post è bellissimo, Marina.

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  10. Noi che per fortuna o per sfortuna o più semplicemente per carattere siamo portate a prenderci a cuore i torti subiti dagli altri, l'aiuto di cui possono aver bisogno, le ingiustizie che subiscono, ecc. ogni tanto abbiamo diritto a fuggire un poco senza sentirci troppo in colpa. Non si può essere sempre in prima linea.

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  11. I bei romanzi possono sempre insegnarci qualcosa, offrirci spunti di riflessione e anche farci compagnia.
    Senza la buona letteratura il mondo non sarebbe lo stesso.

    Anch'io a volte "fuggo un po'".

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  12. ho scoperto che siamo tutti "galline in fuga" e mi sento un po' meglio!
    grazie Romina: ce la metto tutta :-)

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