mercoledì 7 gennaio 2009

a fatica, su Gaza





Su Gaza potrei tacere e sarebbe la cosa più semplice.
Ma tacere mi riesce difficile, lo confesso.
Allora potrei lanciarmi in una invettiva o in un accorato compianto.
Ma, è così che la vivo, mi sembra un modo a buon mercato di vivere la tragica storia di Gaza.
Metterei me ed i miei sentimenti in primo piano.
Sempre, quando terribili tragedie colpiscono degli esseri umani innocenti, io provo questo senso di sospetto nei miei confronti e mi impongo il silenzio. Non voglio usare il dolore altrui per scaricare la mia emotività.
Mi sembra una mancanza di rispetto.
Ci tengo però a dire che dolore e rabbia e persino odio percorrono anche me.
Ma sento il dovere di tenerli per me. Aggiungo anche che non sempre ci riesco.
Inoltre, benché il mio blog sia una piccola, insignificante voce nel mare della informazione del mondo, io sento il dovere di pesare ogni parola e di far prevalere la parte, no, non dirò migliore, ma più avvertita di me.
Se anche una sola persona mi leggesse, questa sola persona meriterebbe, secondo me, esclusivamente parole meditate su Gaza.

Dice Franca, alla quale mi lega affetto e stima: Non si può essere equidistanti.
Io rispondo: si deve.
E mi spiego.

Noi possiamo parlare di questo terribile conflitto avendo in mente i Governi (o, parlando del Popolo Palestinese, le Autorità) che prendono le decisioni. (E da qui le chiamerò entrambe Autorità).
Oppure possiamo farlo pensando ai due popoli.

Io lo farò in entrambi i sensi.
Ma separatamente. Perché per me separare i popoli dai loro Rappresentanti ufficiali è fondamentale. E' doveroso. Ed è, semplicemente, giusto.

Procederò attraverso domande.


La prima è una domanda che faccio a me stessa.
C'è qualche cosa che io, che ognuno di noi possa fare per quei due popoli? Perché quella guerra terribile termini infine?

La prima risposta è di impotenza. No, non c'è niente che io possa fare.
Ma poi, riflettendo, mi correggo, perché in questa, come in ogni altra questione politica, il contributo del singolo, benché piccolo, esiste.
Ed è lo stesso, sempre: contribuire alla formazione di un senso comune, di una sensibilità comune, alla formazione della opinione pubblica.

Lo facciamo più o meno coscientemente quando discutiamo sugli autobus, nei bar, nei negozi, intorno alle tavole o sui divani. Diciamo il nostro pensiero, appassionatamente o spassionatamente, iniettiamo il nostro pensiero nelle menti degli altri, che fanno lo stesso con noi. E forse ognuno tornerà a casa con il proprio inscalfibile pensiero nella propria testa, ma forse qualche piccolo mutamento interverrà nell'uno o nell'altro dei pensieri che si sono confrontati.
Il germe di una riflessione.

Ebbene, io non voglio, per nessuna ragione, contribuire ad accrescere l'odio, che è il sentimento prevalente in questa terribile storia. Io non voglio iniettare odio.
Perché, secondo me, l'odio, in questa vicenda, è l'ostacolo maggiore sulla strada della pace. L'odio, questo sentimento fascinoso che sempre ci perde e al quale è così difficile per noi umani sottrarci.

Lo è anche per me. Ma poiché io capisco razionalmente che l'odio è l'ostacolo maggiore non intendo contribuire neanche con una sillaba ad alimentarlo.

E penso che chi ha veramente a cuore la sorte del popolo Palestinese e la sicurezza del popolo israeliano, debba sentire il dovere morale di non alimentare questo odio.

Io ho a cuore entrambe le cose.
Sono equidistante: sì, quando si tratta dei popoli, io sono equidistante.
Perché penso, da semplice essere umano, che entrambi i popoli, la gente comune, in cuor suo voglia semplicemente vivere in pace. Non la Pace con la a maiuscola, ma la semplice modesta pace di tutti i giorni. Alzarsi al mattino, portare a scuola i propri figli, andare al lavoro, progettare un futuro. Io credo che i semplici desideri del cuore umano appartengano ad entrambi i popoli, alla gente comune di entrambi i popoli. Del popolo più fortunato, come del popolo più sfortunato. 

Penso anche che però, in entrambi i popoli, vi siano persone che preferiscono l'odio e la violenza e la morte e la rovina. Persone che preferiscono alimentare l'odio e che vivono bene in uno stato di guerra continua, perché si alimentano di questo motore e trovano realizzazione alla loro natura in questo odio. Perché sono fanatici.
E nel loro fanatismo sono disposti a sacrificare vite altrui e la propria.

Queste persone sono presenti in entrambi i popoli. Ma io credo che essi siano una minoranza e che le madri, i padri, i ragazzini, se liberati dalla loro paura e dal loro odio, desiderino solamente vivere la loro vita e cercare di migliorarla, per sè e per il loro paese.

I loro paesi. Sappiamo tutti che cosa significa questa frase. Significa che entrambi i popoli hanno diritto ad un loro paese, che nessuno dei due può disconoscere l'esistenza dell'altro o considerarlo un ingombro nel mondo e un ostacolo da spazzare via.

E ora vorrei passare alla seconda, duplice domanda, anche se retorica, almeno secondo me.
C'è anche un solo politico israeliano che possa credere seriamente che conducendo operazioni come questa su Gaza, denominata "Piombo fuso", possa ottenere per il proprio popolo la sicurezza? Perché è questo che promettono al popolo israeliano: "Li spazzeremo via dalla carta geografica e dopo vivrete in pace."
Io non lo credo. Credo che sappiano benissimo che non riusciranno ad uccidere tutti i Palestinesi e che questi riprenderanno la loro lotta, ancora e ancora, con sempre maggiore odio. Per un po', forse, non riusciranno a reagire, ma tenacemente riapriranno i tunnel da cui ricevere armi e nuovi kamikaze verranno reclutati ed addestrati e porteranno ancora morte e dolore e rovina nel popolo israeliano.
I governanti israeliani LO SANNO.


E c'è anche un solo dirigente di Hamas che possa seriamente credere che spazzerà via gli Israeliani definitivamente? Che cancellerà Israle dalla carta geografica? Che sparando i suoi razzi otterrà per i Palestinesi quel paese cui aspirano?
Eppure è questo che Hamas proclama e promette. "Ne uccideremo sempre di più e Israele non esisterà più e voi vivrete tranquilli sulla vostra terra."
Invece Israele avrà le sue vittime che accresceranno il suo odio e non esiterà ad usare tutta la sua forza militare nei confronti del popolo palestinese e porterà morte, dolore e rovina in quel popolo dove morte, rovina e dolore sono già pane quotidiano.
Questo Hamas LO SA.

Ma entrambe le Autorità puntano solo a consolidare il loro potere e ad estenderlo.
Il Governo Israeliano inganna il suo popolo, per garantirsi un nuovo e allargato successo elettorale. E Hamas inganna il suo popolo per allargare il consenso intorno a sé ed ottenere appoggio e simpatia anche al di fuori della striscia di Gaza, in Cisgiordania e nei campi profughi fuori della Palestina, per diventare il solo rappresentante del popolo Palestinese.

Entrambi per il Potere, semplicemente. A cui si sacrificano vite.
Il Governo israeliano sentendosi cinicamente forte del fatto che è incomparabilmente meglio armato, e agguerrito e che le vittime della sua parte saranno sempre un numero ridicolmente inferiore (se ci può essere qualche cosa di ridicolo in un numero di vittime) al numero di vittime Palestinesi.
Hamas calcolando cinicamente che ogni morto innocente del suo popolo produrrà nuovi combattenti, giovani superstiti che andranno ad accrescere le sue fila.

La terza domanda.
Ma come mai queste Autorità riescono a convincere i loro popoli?
Come è possibile che essi si lascino ingannare così?
Perché li seguono?

Perché sono disperati e non credono più in un altro futuro. E hanno bisogno di credere che esista una soluzione rapida al loro eterno problema.
E perché sono colmi di odio. E di paura.
E i Governanti alimentano e incrementano e nutrono costantemente questo odio e questa paura.
E soffiare sull'odio è tecnica facile, la più facile che ci sia.
Perché l'odio è un sentimento facile, rozzo, banale.
Esso ci permette di liberarci in una vampa sola delle nostre responsabilità, dei nostri errori, delle nostre colpe. E delle nostre impotenze. Non ci chiede di analizzare, di esaminare, di sperimentare, di modificare qualche cosa in noi stessi.

Quando un conflitto è in atto, tra una voce che esorta il popolo a sopire il proprio rancore e ad allentare la propria paura del nemico ed una voce che esalta le sue paure e lo esorta ad odiare ancora di più il nemico, la seconda ha buone, anzi ottime probabilità di essere ascoltata.
Anche se questo appello non porterà nessun risultato.
Per questo, secondo me, le Autorità hanno la responsabilità più grave, perché, COSCIENTEMENTE, usano i sentimenti peggiori e più autodistruttivi dei loro popoli, per il loro potere.

C'è un'altra domanda ancora da porre: ma queste Autorità, in questa vicenda, come si stanno comportando? Una delle due si regola peggio?
Si può essere equidistanti verso queste due Autorità?
La domanda, lo vedete da voi, è priva di enfasi. Usa una formulazione ampia e abbastanza generica. Così la volevo, così mi sono imposta di formularla.
E senza enfasi rispondo: No, non si può essere equidistanti. E non si deve.
E non aggiungo altro, non perché mi diverta ad usare le forme retoriche dell'eufemismo, della reticenza o della diminutio, ma perché voglio che neanche una mia sillaba alimenti l'odio.
Ce n'è voluta, ma forse -forse-ce l'ho fatta.
Spero.

Non ho necessariamente ragione ma mi sforzo di usare la mia ragione.






40 commenti:

  1. Io però vorrei dirtelo che hai ragione e che la tua ragione l'hai correttamente utilizzata. Questo che hai scritto è un esempio perfetto delle ragioni che mi fanno ritenere che tu sei un essere speciale.

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  2. Ho letto e riletto questo post...Ragione e sentimento. E' giusto che poni l'accento sulla responsabilità di ciò che trasmettiamo ogni volta che prendiamo posizione, sul rischio di iniettare odio quando è l'ultima cosa di cui l'umanità ha bisogno. E' difficile rimanere ragionevolmente ponderati di fronte a questo massacro...assurdo come tutte le guerre.

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  3. Cara Marina, ho letto un po' in giro nei blog che frequento, ma anch'io non so bene cosa dire su Gaza ed Israele. Mi sento inadeguato, mi mancano le certezze che normalmente m'aiutano a prendere una posizione: capisci, dunque, come sia naturale per me condividere questa tua ritrosia, questo tuo esitare e cercare di salvare ad ogni costo la ragione.
    Ho sentito qua e là parole dure, invettive, atteggiamenti partigiani al limite dell'odio. Non tu, tu ti sei distinta, e ti apprezzo molto per questo. Tu, nel sottolineare che "l'odio è un sentimento facile, rozzo, banale" ti sei sforzata di portare un contributo onesto ed "appassionato" alla costruzione della sensibilità di noi tutti.
    Lodevole la tua fatica d'essere con la pace e per la pace, ed il tuo tendere unicamente a sconfiggere l'odio, che sempre prevale nei campi opposti. Debbo riconoscerlo: non ho trovato in altri blogger altrettanto equilibrio.
    Grazie. Lupo.

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  4. E ci riesci. Il post è veramente bello e si vede che hai cercato di ragionarci su in modo razionale ed equo. Io la penso come te e sono sconsolata, perchè mi rendo conto che i morti e tutte le tragedie che i popoli vivono durante una guerra, sono esattamente ciò che viene messo in conto, cinicamente, dai governi, i quali, sulle spalle di chi dichiarano di voler difendere, inseguono l'affermazione di un potere. Un potere che non porterà benessere ai popoli ma soltanto a chi quella guerra la scatenata. L'essere umano è in alcuni casi quel che tu indichi: un individuo che scarica in questi eventi sentimenti che gli appartengono a prescindere. Perchè interi popoli credano a tali assurdi propositi è una delle tante domande che gli umani saggi non smettono di porsi. La tua analisi potrebbe essere una risposta che in fondo si concretizza in un concetto unico: chi governa sa come gestire la psiche umana e lo fa, senza scrupoli.
    Sconsolatamente.


    l'affermazione dell'uno sull'altro

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  5. è sempre difficile non essere di parte quando succede quello che è successo e sta succedendo a gaza
    le tue riflessioni sono profonde e molto personali
    anch'io ho evitato di scrivere, perchè la rabbia era tanta
    ma non si può non pensare a quei bambini a qugli anziani ed a quelle donne vittime di un massacro, l'enneimo, che noi occidentali, ma non solo, non riusciamo e non vogliamo, secondo me, fermare
    ciao un saluto erica

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  6. Bravissima! Condivido ogni sillaba. Non si deve iniettare altro odio. L'odio non porta alla pace, l'odio non porta a nulla se non ad altra violenza ed altro odio.

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  7. ..Ce l'hai fatta, Marina...ce l'hai fatta e ti ringrazio...
    Una sola perplessità...Credo, anzi so, che molta gente in Israele è autenticamente convinta che l'operazione di Tsahal porterà maggior sicurezza nel paese e questo visti i risultati dell'intervento contro gli hezbollah in Libano...dopo l'intervento del 2006 in Libano, dicono loro, sul Golan è tornata la calma, niente più lanci di missili, niente più incursioni...
    Resta copmunque il totale senso di impotenza e la domanda...la solita, sempiterna domanda: "che fare?"

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  8. Grazie infinite per la tua fatica che hai fatto anche per me e che sottoscrivo interamente.
    Confesso che io ero arrivato allo sfinimento su questo dramma e che l'unica consolazione che riuscivo a trovare era che almeno ci era di esempio e di monito su come non si devono gestire i conflitti.
    Ti ripeto: hai fatto anche la mia parte. Credo che tu ti sia meritata un po' di fisiologico riposo... cercherò di stare sveglio io stanotte...
    Ciao, Giorgio.

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  9. Rispetto la tua posizione, ma resto ferma nella mia convinzione.
    In ogni cosa, qualunque cosa, che succede al mondo, la ragione non sta mai da una parte sola, ma non sta mai neanche perfettamente al centro.
    Vedi Marina, neanche a me piace fomentare l'odio, credo che tu lo sappia, ormai in qualche modo mi conosci, ma in questa situazione non è possibile, almeno per me, restare (non so bene che termini usare), "calma", "pacata"; per me qui equidistante assomiglia troppo a indifferente.
    Facciamoci un'altra domanda: se fosse successa la cosa inversa, quale sarebbe stato l'atteggiamento del mondo? Crediamo davvero che sarebbe stato lo stesso? Decisamente, sicuramente no.
    Anche per questo io non posso essere equidistante.
    Che poi le madri siano madri e che i bambini siano bambini in entrambi i paesi chi può metterlo in dubbio? Ma i due popoli no, non sono uguali. E' la loro storia che li rende diversi...
    Quando i tedeschi adottarono la soluzione finale nei confronti degli ebrei, troppi paesi restarono equidistanti e s'imposero di non vedere. Oggi si rischia di fare la stessa cosa a posizioni inverse.
    No, Marina, non posso essere equidistante...

    (Scusa la confusione con cui queste righe sono state messe giù, ma mi sono uscite così e non posso e non voglio ritornarci sopra per sistemarle)

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  10. Cara Franca, tenevo molto al tuo commento e ti ringrazio. Io non ho parlato delle reazioni del mondo; mi piace pensare che tu mi creda se ti dico che mi indignano. Io parlavo della mia responsabilità personale. E rispetto anche io il tuo pensiero, non come formula di buona educazione democratica, ma perché riconosco la tua onestà intellettuale. Se tu pensi che l' equidistanza sia o assomigli all'indifferenza, mi sforzo di pensare questa frase come non diretta personalmente a me. Ma anche se lo fosse lo metto nel conto delle cose da affrontare se si vuole restare fedeli ad una linea di condotta.
    Sinceramente che i due popoli non siano uguali mi sconcerta. Io penso che ogni popolo possa cadere nelle stesse trappole e che in ogni popolo viva il germe del male e la possibilità del bene. Questo non toglie a nessuno le sue responsabilità storiche (ho in mente il popolo tedesco) ma a me sembra importante non inchiodare né l'individuo né un popolo al suo passato. Concordo sul fatto che la ragione non sia mai divisibile esattamente a metà. Le responsabilità restano. Ma davvero vogliamo imputarle ad un intero popolo? Io non mi sento responsabile delle azioni del Governo Berlusconi. E mi rifiuto di essere messa in un solo calderone con eventuali qualunquisti o speculatori o fascisti o ingenui e chi più ne ha più ne metta. Un popolo è responsabile delle sue scelte ma le sue scelte vanno capite, tutte. Come cerchiamo di capire, per modificarle, quelle degli italiani. Altrimenti non cambieremo mai nessuna situazione. Penso che possiamo criticare o combattere una politica e considerare responsabile un popolo per la scelta che fa dei suoi leaders, ma non pensarlo come portatore del male. Non per una semplice questione di buona volontà morale ma perché è irrealistico. Il male è banale e sta in ogni popolo ed in ogni individuo.
    E i popoli fanno scelte, anche elettorali, spinti da molti sentimenti diversi. Penso che la disperazione abbia spinto sia i Palestinesi a scegliere Hamas che gli Israeliani ad appoggiare il Governo (oggi nei loro sondaggi, ieri nelle urne).
    Non mi è chiaro in che senso la storia dei due popoli in questione li renda diversi.
    A me sembra che li renda, parlo del passato, straordinariamente simili e questo è il più doloroso dei paradossi.
    Fai bene a scrivere così come ti viene. Lo apprezzo. Io invece sento di dover pesare ogni parola, anche se mi costa, per non vanificare nella risposta lo sforzo che ho fatto per scrivere il mio post.
    Mi auguro che tu capisca.

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  11. Adesso passo di fretta solo per dirti che mai, neppure per un istante, la mia frase in cui dico che equidistanza è per me sinonimo di indifferenza era diretta a te.

    Appena avrò tempo a sufficienza per risponderti nel merito lo farò...

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  12. Voglio rispondere a tutti quelli che hanno compreso il mio sforzo e che hanno creduto persino ai sentimenti che non ho espresso. Grazie, davvero. Mi sento meno sola. Oggi sull'autobus è successa una cosa orribile, che vi racconterò poi perché adesso mi sento troppo avvilita. marina

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  13. @ Chiara: sì, so anche io che molti in Israele sono convinti che questa "operazione" sia risolutiva. Ma io non lo credo. Il paragone con gli hezbollah non mi sembra calzante. Gaza vive condizioni rispetto alle quali qualunque cosa, anche fughe disperate in avanti, può sembrare una soluzione.E tutti questi morti innocenti, tu credi che non faranno proliferare combattenti OVUNQUE? Inoltre non dimentichiamo l'Iran dove il governo invece di occuparsi della difficilissima situazione economica del paese si lancia in "distrazioni " internazionali, investendovi soldi e risorse.
    Ma poi è lo stesso timore di Israele che gli hezbollah possano intervenire che dice quanto anche quella situazione di calma sia relativa.
    No, io non credo che Israele possa credere davvero in "spedizioni punitive" che gli diano tranquillità.
    Penso che debba smettere di credere alle soluzioni militari.
    marina

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  14. Grazie, Marina, per aver scritto questo post. Ti sono davvero grata. Evito di esprimere giudizi su questo tipo di vicende perche' non ne so abbastanza e non mi piace pronunciarmi su cose che non conosco bene.
    Ma il tuo filo logico e' esattamente quello che avrei voluto percorrere anch'io.

    Alcune frasi poi si possono estrapolare, incorniciare ed utilizzare in altri innumerevoli situazioni.
    Tipo: "separare i popoli dai loro Rappresentanti ufficiali è fondamentale" mi fa ricordare chi scambiava l'avversione a Bush per antiamericanismo.
    "Soffiare sull'odio è tecnica facile, la più facile che ci sia.
    Perché l'odio è un sentimento facile, rozzo, banale.
    Esso ci permette di liberarci in una vampa sola delle nostre responsabilità, dei nostri errori, delle nostre colpe." mi fa venire in mente, ahime', esempi nostrani.
    Grazie davvero.

    Aspetto con ansia di sapere quello che ti e' successo.

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  15. @ Artemisia: chiedo scusa a te e a tutti voi, in effetti non ho voglia di raccontare questo episodio, forse banale, ma che mi ha lasciata troppo scontenta di me. magari mi passa, ma adesso non mi va neanche di ricordarlo. marina

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  16. Nel leggere questo sono stato rapito dalle tue parole e condivido pienamente la responsabilità maggiore ai rappresentanti delle due fazioni

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  17. E' la storia di questi due popoli che non ci permette di essere equidistanti.
    Nel '48 Israele non esisteva. In cinquant'anni, con l'uso della forza che ha portato a spaventosi crimini di guerra (abbiamo già dimenticato Sabra e Shatila?) che ci avvicinano al genocidio - e attraverso i coloni, inutile nascondere anche il peso della responsabilità civile (niente a che vedere con l'antisemitismo, tant'è vero che è stato il governo israeliano a distruggere il movimento pacifista israeliano) - i governi israeliani hanno fatto sì che oggi, di fatto, la Palestina non esista più.
    Ti chiedi se i governanti di Israele possano davvero credere di eliminare uno stato? Sì, non si fermeranno finché la Palestina, ormai confinata a poco più della striscia di Gaza sarà cancellata dalle cartine. Senza contare che già oggi la Palestina è uno stato che non controlla neppure le sue frontiere dove i soldati israeliani sparano sui profughi che provano a varcarle.
    Davvero si può essere equidistanti quando giunge notizia che i militari israeliani hanno chiuso intere famiglie in una casa che hanno poi bombardato? Che sono morte sei sorelline dopo l'attacco ad un ospedale?
    No, pace può essere solo dopo l'ammissione delle responsabilità. Pace è verità prima di tutto.
    I media e i politici occidentali fanno il gioco sporco mischiando resistenza e terrorismo, razzi artigianali sparati per difesa con un'offensiva illegittima di uno Stato che si dichiara democratico.
    Cosa dovrebbe fare un palestinese? Aspettare che la propria famiglia resti sotto il prossimo attacco? Non gli si permette neanche di scappare da quel lager (così l'ha definito addirittura il vaticano).
    Sulla Repubblica sono arrivati a scrivere che Israele sta facendo di tutto per evitare le morti civili! Non si possono permettere tali menzogne.
    A quale pace possono ormai aspirare i bambini di Palestina che, oltre a morire sotto le bombe di un esercito armato dalla superpotenza mondiale USA, hanno cominciato a morire d'infarto per il terrore?
    Che pace devono chiedere i loro genitori ormai che non hanno più le loro case, la loro terra?
    Non si tratta di diffondere odio Marina, ma di chiedere una vera giustizia.
    Non dovrebbe essere neanche discussa la richiesta di uno Stato di Palestina. Prima del '48 regnava la pace in quelle terre. Non si può chiedere la pace portando la guerra.

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  18. Il popolo palestinese ha legittimamente eletto Hamas perché sente il bisogno di essere protetto. Noi occidentali abbiamo sputato sulla dignità di quel popolo con decenni di finti trattati di pace, fra cui l'accordo di Oslo non rispettato.
    Nella storia di quei popoli è scritta l'ingiustizia, il torto e la ragione.

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  19. Senza voler dire, poi, che Hamas è stata favorita da Israele quando gli serviva per destabilizzare al-Fath.
    E qui smetto perché fa molto male.

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  20. Cara Guccia, non voglio sottrarmi al confronto.

    Ma mi colpisce molto l'estrapolazione che tu fai dalle mie parole. E come tu le includa in un circuito di giudizi che non mi appartiene e che non ho espresso. Facendomi domande che il mio discorso non merita e che non sollecita in alcun modo.
    Non mi sembra un procedimento corretto ma sento tutta la tua rabbia e il tuo dolore e cerco di tenerne conto. Anche se mi sarebbe piaciuto che tu facessi a me credito di una uguale rabbia ed un uguale dolore.

    Spiego meglio un concetto: un conto è sperare, desiderare, tentare di eliminare tutti i Palestinesi un conto è CREDERE DAVVERO nella fattibilità di questo piano di sterminio. Mi spiace ma io penso che i dirigenti israeliani SAPPIANO che falliranno. Per questo sono doppiamente colpevoli.

    Penso esattamente come te che il popolo Palestinese abbia scelto legittimamente Hamas e che lo abbia fatto perché sente il bisogno di essere protetto. E come te penso che Israele ha favorito Hamas proprio per destabilizzare Al Fatah.
    Anche la tua ricostruzione storica mi trova sostanzialmente d'accordo. Vorrei anzi aggiungervi qualche cosa che aggrava la posizione delle Autorità israelitiche di allora. (Allora non erano israeliane ma israelitiche e basta). Cosa che però non farò.


    Mi chiedo se è il fatto che io abbia parlato di odio da entrambe le parti che ti ha indignata. Non mi scandalizza l'odio. Lo temo, come autodistruttivo e infecondo, ma non mi stupisce. Penso che quando ci fanno del male odiamo chi ci fa del male. Per me non è un tabù dire che i Palestinesi odiano gli Israeliani e vorrebbero vederli spazzati via. E viceversa. Né credo che al loro posto (di entrambi, intendo) io sarei migliore, più lungimirante, più razionale, più giusta. Questo è il punto vero per me: non credo ad un popolo migliore dell'altro. Credo che le diverse condizioni, le situazioni, gli accidenti storici, ecc. determino anche i comportamenti dei popoli. E penso che spetti a chi NON è lì, usare quella capacità di analisi che chi è lì non può avere. Mi sembra l'unico modo vero di aiutarli. Resistere all'impatto delle emozioni e ragionare per loro. Ma questo non autorizza nessuno a ritenersi monopolista delle emozioni. Ci sono circostanze in cui tenerle per sé mi sembra un dovere.

    Circa il rapporto tra la verità e la pace.
    Io penso che i due popoli risolveranno la loro situazione solo quando "faranno come se" non si odiassero e cominceranno a scrivere un accordo. Solo dopo col tempo i torti potranno essere riconosciuti, i dolori confrontati, le verità ristabilite. Oggi non è possibile farlo. C'è troppo odio, rancore, sofferenza. I lutti sono troppo vicini. Tutti sono in una posizione di difesa oltranzista Se aspettiamo che un giudice imparziale dica: questa è tua responsabilità e quest'altra è la tua" il massacro continuerà. Noi che stiamo nelle nostre case, e vediamo i morti alla tv, noi dovremmo essere capaci di dire questo.

    Mi colpisce anche scoprire così tanti pensieri in comune su questa vicenda e una così grande lontananza. Mi chiedo: se avessi fatto precedere il mio post da un violento atto di accusa nei confronti del Governo Israeliano, le tue reazioni sarebbero state diverse? L'elenco delle responsabilità dei Governi Israeliani è molto lungo. Forse è perché l'ho taciuto che mi attribuisci questo tipo di insensibilità? E' stata una scelta.
    Credevo di averlo scritto. Mi avvilisce pensare che se avessi scritto un post volto a sollecitare le emozioni invece che la riflessione dei miei lettori ,evocando i bimbi morti e ed esprimendo odio per i responsabili, ci sarenmmo trovati tutti d'accordo.
    Cerchiamo di alzare il livello della riflessione e non quello del conflitto. Noi che possiamo.

    Comunque lo ribadisco: non mi siederò a bordo ring incitando l'uno o l'altro a picchiare più forte.
    marina

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  21. Io condivido mlto di quello che dici, ma mi restano dei dubbi, delle sacche problematiche aclune delle quali ha forse sollevato Guccia. Non sono mai riuscita a fare un post come il tuo che apprezzo molto, ci ho prvato e non ci sono riuscita.
    Poi ho letto qua e là cosa si diceva in giro ed ho scelto di postare alcune cose dette dagli ebrei quelli che in qualche modo dissentono dal loro governo. Ho scelto loro per dire quello che dici tu: lè dove è possibile parlare, qualcuno dissente e lo fa facendo qualcosa.
    Su una cosa sono perfettamente d'accordo con te: il seminare odio, contrapposizioni che non distinguano ciò che c'è di più sano nelle due società perchè dovremmo proprio partire di lì, dalla capacità che certa gente ha di vivere insieme, condividere esperienze e rendersi visibili agli altri. Ho assisitito a Torino ad un incontro tra palestinesi e israeliani ed è stata una cosa stupenda.
    E sono d'accordo nel dire che diffido di chi governa da una parte, ma anche dall'altra. Franca dice di capovolgere la situazione e sono d'accordo, ma se Hamas avesse la forza militare di Israele cosa farebbe? Queste sono solo alcune delle domande che mi assillano.
    Dobbiamo costruire modo diversi di fare politica e nel nostro piccolo lo dobbiamo fare: una delle cose più importanti è abituare i nostri piccoli alla convivenza, dare esempi positivi di convivenza...
    Scusa lo spazio e la confusuione di idee. Ciao, Giulia

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  22. Per evitare la confusione del primo commento cerco di spiegare le cose che non ho saputo far comprendere, con la mia composta, in genere fredda, razionalità che in questi argomenti però stento a mantenere (anche se credo che tu non ne abbia bisogno).
    Per questo più che di parole mie, utilizzerò pezzi di articoli di stampa (le parti in corsivo).

    I due popoli sono diversi.

    Si, lo confermo.
    Uno, quello israeliano è l’occupante di terra non sua, l’altro, quello palestinese è l’occupato, quello a cui la terra, la patria, è stata tolta.
    “La maggioranza di chi vive a Gaza non è lì per scelta. Un milione e cinquecentomila persone stipate nelle 140 miglia quadrate della striscia di Gaza fanno parte per lo più di famiglie provenienti dai paesi e dai villaggi attorno a Gaza come Ashkelon e Beersheba. Vi furono condotte dall’esercito israeliano nel 1948.
    Gli abitanti di Gaza vivono sotto l’occupazione israeliana dall’epoca della Guerra dei sei giorni (1967). Israele è tuttora considerata una forza di occupazione, anche se ha tolto le sue truppe e i suoi coloni dalla striscia nel 2005. Israele controlla ancora l’accesso all’area, l’import e l’export, e i movimenti di persone in ingresso e in uscita. Israele controlla lo spazio aereo e le coste di Gaza, e i suoi militari entrano nell’area a piacere. Come forza di occupazione, Israele ha la responsabilità di garantire il benessere (sic!) della popolazione civile della striscia di Gaza (Quarta Convenzione di Ginevra)”.


    La responsabilità personale e collettiva

    Io Franca Bassani come persona non mi sento responsabile delle politiche razziste e xenofobe del Governo Berlusconi perché non l’ho votato, ma come italiana invece questa responsabilità me la sento addosso perché il mio "popolo" l’ha votato e gli ha permesso questo.
    E’ vero che le scelte vanno capite, ma per modificarle, non per giustificarle.

    La scelta di Hamas

    Non è certo necessario che io ti ricordi che le scelte che governano il mondo non le fa di certo un singolo popolo. Quanto l’America sia responsabile di tante tragedie moderne non sono io che lo dico; ormai lo ha stabilito la storia.
    Oggi si sa chi ha governato i colpi di stato in America Latina che hanno portato al potere dittature sanguinare; rimanendo a latitudini più prossime alla materia del contendere, quel Saddam Ussein per il quale siamo andati a martoriare l’Iraq lo hanno messo lì proprio gli americani perché per un certo periodo ha fatto molto comodo; stessa cosa per i talebani afgani che in un primo momento sono serviti da scudo contro le mire espansioniste sovietiche nella regione.
    Anche l’ascesa di Hamas è stata propiziata dalla legittimazione fatta subire ad Arafat ed adesso che questo movimento ha vinto in maniera democratica le elezioni, come testimoniato dagli osservatori internazionali, (fatto da non dimenticare) non gli sta più bene per cui vogliono che il paese sia retto da un altro governo, più malleabile, un governo fantoccio come altri che hanno sparso per il mondo…
    “Il blocco della striscia da parte di Israele, con l’appoggio degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, si è fatto sempre più serrato da quando Hamas ha vinto le elezioni per il Consiglio Legislativo Palestinese nel gennaio 2006. Carburante, elettricità, importazioni, esportazioni e movimento di persone in ingresso e in uscita dalla striscia sono stati lentamente strozzati, causando problemi che minacciano la sopravvivenza (igiene, assistenza medica, approvvigionamento d’acqua e trasporti).
    Il blocco ha costretto molti alla disoccupazione, alla povertà e alla malnutrizione. Questo equivale alla punizione collettiva - col tacito appoggio degli Stati Uniti - di una popolazione civile che esercita i suoi diritti democratici”.

    E’ Israele che decide se i palestinesi possono avere l’acqua, l’elettricità, anche per gli ospedali, le medicine, la benzina per le ambulanze, se possono pescare oppure no, se possono uscire dai valichi; hanno rifiutato il passaggio persino a genitori che portavano i figli malati, a volte anche in braccio dato che lì non c’è nulla se non la disperazione…
    Se lo avessero fatto a me, ai miei figli, io sarei tornata lì con una bomba… altro che sassi!

    Le risoluzioni dell’ONU

    Israele ha violato circa un centinaio di risoluzioni dell’ONU. Dove sta la condanna del mondo? Se lo avesse fatto, che so, diciamo l’Iran, quale sarebbe stata la reazione?
    “Togliere il blocco, insieme con la cessazione del lancio dei razzi, era uno dei punti chiave del cessate-il-fuoco fra Israele e Hamas nel giugno scorso. L’accordo portò a una riduzione dei razzi lanciati dalla striscia: dalle centinaia di maggio e giugno a meno di venti nei quattro mesi successivi (secondo stime del governo israeliano).
    “La precaria tregua stabilita nel 2008 è stata rotta da Israele con un attacco che ha ucciso, nel novembre scorso, 7 persone.
    Alcuni palestinesi (in realtà non si sa chi siano, ma sembra giusto metterli in conto ad una parte almeno di Hamas, poiché Hamas non li ha sconfessati) hanno reagito lanciando razzi Qassam contro le abitazioni israeliane al confine con la Striscia, principalmente nella cittadina di Sderot e dintorni”.

    Sentiamo tutti i giorni i ministri israeliani parlare della necessità di difendere i loro cittadini dai razzi sparati dal territorio di Gaza; il ministro degli esteri che dichiara ogni minuto che è ora di far cessare la minaccia contro Israele; a me sembra veramente di assistere ad una infinita replica della favola del lupo e l’agnello.

    La proporzionalità dell'azione militare

    Premesso, che io non concordo sul fatto che Israele si stia difendendo, in quanto come detto nel primo punto io lo considero Stato occupante, il diritto internazionale, se avesse un benché minimo valore, parla di proporzionalità della risposta. Qui è come se uno ti minacciasse con un temperino e tu rispondessi lanciando una bomba atomica.
    “Colpire civili, sia da parte di Hamas che di Israele, è potenzialmente un crimine di guerra. Ogni vita umana è preziosa. Ma i numeri parlano da soli: circa 700 palestinesi, per la maggior parte civili, sono stati uccisi da quando è esploso il conflitto alla fine dello scorso anno. Per contro, sono stati uccisi 12 israeliani, per la maggior parte soldati. Il negoziato è un modo molto più efficace per affrontare razzi e altre forme di violenza. Questo sarebbe successo se Israele avesse rispettato i termini del cessate-il-fuoco di giugno e tolto il suo blocco dalla striscia di Gaza”.

    Per quanto mi riguarda, è giunto il momento di finirla con il buonismo di chi dice che la pace dipende da entrambe le parti. Per me non è così: la pace dipende solo da una parte e quella parte è Israele. Se avesse rispettato una sola delle risoluzioni internazionali non si sarebbe giunti a questo punto.
    Ma a Israele la pace non interessa.
    Come disse nel 2002 Moshe Yaalon, allora capo delle Forze di Difesa israeliane:
    ”Occorre far capire ai palestinesi nei recessi più profondi della loro coscienza che sono un popolo sconfitto"

    La testimonianza diretta di chi questa situazione la vive sulla propria pelle, si può trovare sul blog di Vittorio Arrigoni,Guerrilla Radio, che ha tutta la mia ammirazione per la scelta che ha saputo compiere.

    P.S.
    Sono convinta che a volte la rabbia che fuoriesce parlando di certi argomenti non sia rivolta direttamente alla persona con cui si interloquisce, ma ad una platea che spesso parla per il gusto di farlo, senza neanche conoscere la materia di cui si sta parlando.
    Su questi argomenti non ci si può accontentare dei servizi dei nostri Pagliara...

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  23. Cara Franca, ad esclusione di Pagliara che confesso di non sapere chi sia, ho trovato i fatti che hai ricordati purtroppo noti. Non mi hai detto niente che io non sappia già. O pensi che io sia cieca? Può darsi che una vera forma di incomunicabilità ci affligga entrambe. Infatti il mio discorso è completamente differente. Ha un fine differente e perciò una sostanza ed una forma differente. Per me in questa fase della storia della Palestina non ha nessuna utilità concreta elencare tutti i torti subiti. Nessuna. Forse può far sentire meglio me, ma alimenta solo il contro-elenco dei dolori inflitti agli Israeliani. Io non ho voluto e non voglio ricordare le responsabilità, le colpe, gli errori, persino quelli che considero delitti. Di nessuno. Io non voglio rifarne l'elenco. Né per disconoscerle né per minimizzarle, né per dimenticarle, ma perché penso che non sia utile alla causa della pace. Anzi penso che serva solo ad alimentare l'odio e il contro-odio nell'opinione pubblica. E questo non sarà di nessun aiuto, perché quei due popoli non troveranno la soluzione nell'affrontarsi armi in pugno (e con quei rapporti di forze,poi!) ma solo nel dire: punto. Si riparte da qui. Come arrivare a questa consapevolezza? Come diffonderla? Questo è il problema che mi sono posta. Che cosa posso fare io? Un poco che è quasi un niente? beh, farò quel niente. Sarebbe stato più facile dare libero sfogo ai miei sentimenti: dolore, rabbia, indignazione. Sarebbe servito solo a me. Ecco, questo è il mio pensiero. E penso che solo diffondendo un atteggiamento simile possiamo aiutare quei due popoli ad uscire dalla spirale di odio. (scusa l'espressione abusata), mettendoci in una posizione di equidistanza per poter parlare con entrambi, ad entrambi. E alla nostra opinione pubblica. Nelle strade, negli autobus, nei bar, ovunque.
    L'invettiva è la cosa più facile. Ci si sente buoni, dalla parte della ragione. Si dà sollievo al nostro animo. Tutti sono con noi. Se persino tra gli Israeliani c'è chi alza la sua voce, chi non ci approverà? La mozione degli affetti è spesso pura retorica nelle bocche dei politici. Tutti. Ma quanto è pericolosa!

    Questo è solo il cappello, scusami. Vado avanti, ma rispondo solo sui temi che ho affrontato nel mio post. Non per cattiva volontà, ma perché concordo su tutto il resto e sono un po' sorpresa (anzi più che sorpresa )che tu mi spieghi cose che non ho mai citate, nè contestate in alcun modo. E francamente non trovo corretto che tu mi spieghi le risoluzioni dell'Onu, la politica estera degli USA, le ragioni della scelta di Hamas, la disparità di forze tra Israeliani e Palestinesi, come se io fossi o cieca o idiota o in malafede.


    I due popoli sono diversi, dici. Questa idea io la respingo. I due popoli sono uguali. Hanno vissuto condizioni diverse e hanno agito in modo diverso. Ognuno dei due avrebbe potuto comportarsi allo stesso modo.(Se Hamas avesse le armi di Israele che cosa ne farebbe? La risposta secondo me è cruciale. Se pensiamo che qualunque popolo, anche i Palestinesi potrebbero usare la violenza di Israele è un conto. Se invece riteniamo che solo gli Isareliani siano capaci di agire così è un altro. Tu sai la mia risposta.
    Io penso che qualunque popolo e qualunque individuo potrebbe, in determinate condizioni, fare lo stesso male.
    Lo potremmo fare noi Italiani, lo potrei io, lo potresti tu. Questa idea di un popolo buono oltre che non vera, secondo me è molto pericolosa. Doppiamente trattandosi del popolo ebraico. E diversi episodi lo dimostrano, purtroppo. Nessuno speciale lasciapassare intendimi bene, ma ribadire che non esiste il popolo naturalmente mostro ma popoli che nella storia si muovono a partire da situazioni, accidenti,condizioni materiali e sociali (forse sono rimasta marxista); e poi bisogni, e poi paure e tutta una serie di sentimenti; e tener presente che i fatti si concatenano e si generano a vicenda.
    Essere l'occupante o l'occupato non rende diversi i due popoli; significa solo che in quella particolare contingenza storica una serie di forze, eventi, ragioni materiali, li portano a fare delle scelte. Possiamo criticarle, condannarle, combatterle, ma secondo me non possiamo dire che quel popolo è il male. Io non mi sento di dirlo di nessun popolo. E non perché sono "buonista" ma perché semplicemente non credo a questa classificazione dell'umanità. Vale anche per gli Americani. Davvero pensi che la pasta di quei trecento milioni di uomini e donne sia diversa dalla mia? Io non lo credo ed anche qui, ti prego di crederlo, non ignoro nessuna delle loro malefatte.

    Sulla responsabilità del cittadino. Certo è responsabile nello scegliersi i suoi leader. Questo lo penso anche io. Ma so anche quanto sia facile portarsi appresso le masse. A Creta io provai disagio perché il mio paese, prima che io nascessi, assieme ai tedeschi aveva occupato quell'isola. Mi disse il maestro elementare di un paesino, Agios Nicolau, a cui dicevo questo mio disagio: "è successo a voi e poteva succedere a noi. Le nostre parti potevano essere invertite." E' possibile crederlo senza per questo dimenticare le proprie o le altrui responsabilità? Io credo di sì. E' possibile.

    La pace dipende da una parte sola, tu dici. La pace purtroppo si fa in due, e si fa con il nemico. Questo vale per entrambi secondo me.
    Non so quanto sarei disposta a fare la pace con un nemico che mi considera definitivamente sconfitto ed un residuato eliminabile (la frase di Sharon) o con un nemico che dice di volermi cancellare dalla carta geografica. Invertiamo i due concetti, se vuoi. Con un nemico che tenta di cancellarmi dalla carta geografica(sempre Sharon) o con un nemico che ritiene che, semplicemente, il mio Stato, (di qualunque decisione storica sia frutto) vada abolito perché abusivo. Eppure dovrei, dovremmo entrambi fare la pace con quel nemico.

    Mi sembra di aver detto tutto, ma sono troppo stanca per rileggere.
    PS Apprezzo il tuo PS e lo condivido. Speriamo di cavarcela.
    PPS ma chi è Pagliara?
    marina

    credo di aver inoltrato due volte il commento o di averlo mandato in una mail di risposta a chissà chi...

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  24. Marina, nel mio preambolo c'è una frase fra parentesi, forse messa in una posizione sbagliata ma c'è, in cui dico che di spiegazioni tu non avresti bisogno e d'altronde non sono certo io quella che può darti lezioni.
    Ma il mio commento non lo avresti letto solo tu e forse leggere qualche notizia storica a qualcuno farebbe bene...

    Questo questo, io non credo che ci affligga un problema di incomunicabilità; io ho capito perfettamente il senso del tuo discorso e come ho detto nel primo commento lo rispetto ma non lo condivido.
    Io credo che alla causa della pace giovi la verità, quella storica, ed è spiegando la verità che si può creare un movimento di opinione che prenda posizione.
    E credo anche che l'odio possa essere spento solo dall'assunzione di responsabilità.
    Non credo che lo si possa fare con generici appelli alla pace, ma potrebbe essere un mio limite.
    Per quanto riguarda la diversità dei popoli, ritengo che tu abbia ragione in linea teorica, ma quando la storia si è compiuta è quella, non si può più ragionare in linea teorica.
    Comunque, vedrai che stavolta arriveremo alla pace, perchè stavolta il popolo palestinese sarà definitivamente cancellato perchè questo è l'obiettivo.
    Io non voglio e non posso tacere.
    Che vuoi farci, ognuno è fatto a modo suo e io sono così.
    Intanto il mondo rimane a guardare perchè qualcuno ha tirato la linea sulla lavagna per dividere i buoni dai cattivi.
    Fortunati noi che, almeno per il momento, siamo dalla parte giusta...

    Quanto sarebbe stato più facile lasciare un generico commento tipo "Che belle parole! Le condivido in pieno, avrei voluto scriverle io"...
    Ma io sono "Francamente" sempre anche quando è difficile.
    Ti ricordi quando mi hai definito rilassante e io mi sono sorpresa? Marina io non lo sono, io sono scomoda, ma cerco sempre di essere vera, me stessa.
    Però è anche vero che parlandoci con questo mezzo si sconta qualche limite. Qui non possiamo cogliere i toni, gli sguardi, le esitazioni; magari le parole in frasi troppo lunghe non sono messe al posto giusto e chi legge non ricava il risultato che si era prefisso chi scrive.

    Perchè mai non dovremmo cavarcela?
    Abbiamo costruito veramente sulla sabbia se basta la prima divergenza o incomprensione a farci crollare!

    Ancora e sempre francamente...

    P.S.
    Neanche il termine "buonista" era riferito a te, credo che questo fosse chiaro.

    P.P.S.
    Pagliara è l'inviato del TG1

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  25. Effettivamente Franca non ho capito che le tue parole erano riferite a terzi e ho pensato che tu ritenessi che quelle cose che stavi dicendo io le dovessi apprendere da te, perché non le sapevo o non le credevo. Mi ha molto offesa pensarlo.
    Certo fa male dividersi o sentirsi non compresi, io poi odio i conflitti, mi hanno fatto abbastanza male nella vita. Ma quello che trovo "rilassante" anche nella polemica è che si può essere certi che tu dirai quello che pensi. Potrà essere disturbante ma non dovrò chiedermi: chissà se lo pensa davvero, chissà se voleva dirmi questo...

    Io non scrivo per sentirmi dire "che belle parole, le condivido..." io scrivo per dire quello che penso, perché ho bisogno di comunicare quello che penso e so di poter incorrere nella disapprovazione, nella critica o nella condanna altrui. Ma poiché sono una persona emotiva e affettiva vivo male queste situazioni. Si vede che sono particolarmente testarda o masochista, altrimenti smetterei semplicemente di scrivere su un blog.

    Per rispondere alla domanda "Perché mai non dovremmo cavarcela"? dovrei dirti qualche cosa di me e della mia psicologia che non interessa a nessuno e che comunque non troverebbe qui la sua sede. Magari, un giorno.

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  26. Ho appena letto un articolo su Aprile online sull'argomento che mi ha ricordato da vicino i concetti espressi da Marina.

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  27. Marina, credo di averti dimostrato cosa penso di te.
    So anch'io che ti avrei offesa se avessi pensato di poterti "insegnare" quello che ho scritto.
    E' questa consapevolezza che non mi ha fatto porre il dubbio che potessi interpretare diversamente le mie parole che a me che lo ho scritte sembravano chiare.

    So anche che non scrivi per sentirti fare complimenti, ma puoi darmi torto quando dico che tanti dei commenti che si fanno in giro sono frasi fatte?
    Io nel conflitto ci sono stata tutta la vita e ti assicuro che fa male anche a me, ma è il prezzo che si paga ad essere come sono.
    Prendere o lasciare...
    I miei rarissimi amici dicono che nel mio DNA c'è il gene dell'opposizione...

    Questo confronto sta diventando troppo personale. Qui lo chiudo.
    Altre eventuali "puntate" per e-mail.

    Con stima immutata...

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  28. Letto il post (su suggerimento di Artemisia) e l'appassionato confronto con Franca nei commenti.
    Più leggo sull'argomento, più mi rendo conto di affogare nei dubbi. L'unica cosa sicura è che l'informazione che ci viene fornita sull'argomento dai canali tradizionali fa schifo e non serve a nulla, se non a propagandare una sorta di pensiero unico (Hamas è cattivissima, Israele si difende, anche se eccede;la morte dei bambini e dei civili è orribile, ma la colpa di tutto però è dei cattivi).
    Sono anni che provo a farmi un'opinione informata sull'argomento: come su molte altre cose, finirò per rinunciarci.
    Le energie che spendo per capire una cosa su cui non ho alcun potere di intervento è meglio destinarle a qualcosa di utile per chi mi sta più vicino. Non è cinismo, è impotenza.
    Restano intatte le sensazioni, viscerali, mie, intime: l'orrore per chi conduce e governa questo mondo, per chi dispensa la morte con una sproporzione spaventosa rispetto alla minaccia ed all'"offesa subita", per chi progetta la morte e l'annientamento dei popoli in modo scientifico, per chi sostiene la cancellazione dell'altro, chiunque e ovunque egli sia.

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  29. @Franca: penso anche io che ci sarà un posto e un tempo per scambiarci un altro tipo di osservazioni
    con affetto, marina

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  30. @ Artemisia : molto interessante anche la parte sule donne. grazie, marina

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  31. Marina, probabilmente parte del problema è che la scrittura non possiede tono di voce.
    Io non ti sto attaccando, né sto cercando di fomentare odio, almeno nelle mie intenzioni.
    Condivido in parte la tua analisi, ma non giungo alla stessa conclusione sulla possibile soluzione. Senza contare, poi, che non sono di certo io la persona adatta, né ho dalla mia parte la preparazione, l'esperienza, la cultura per trovare una soluzione. Ma di fronte all'ingiustizia, alla sofferenza ci si sente sempre in diritto di cercare di aiutare col proprio contributo, spesso dannoso. Probabilmente è solo un modo per soffocare, in parte, il dolore credendosi anche minimamente utili.
    Io non voglio fomentare l'odio. Però credo che solo attraverso l'analisi dei fatti storici (ancora più importanti in Italia, dove la stampa censura e pone la questione in termini perlomeno vergognosi) si possa giungere ad una soluzione del problema. Perché nel cuore della gente di Palestina albergano ingiustizie che durano da mezzo secolo. Secondo me, facendomi forza su quel briciolo di umanità che mi sforzo di conoscere, è impossibile risolvere la questione se prima non si riconoscono le colpe più gravi creando un senso di giustizia. Se il mondo internazionale non si schiera e chiede con forza ad Israele di far tacere le armi e di restituire terre e frontiere ai palestinesi (ma ci sono gli interessi economico-politici). Se non si processa chi ha bombardato scuole e ospedali. Se si guardano le cartine viene automaticamente da pensare che quel senso di odio che occorre soffocare, non smetterà di pulsare nel cuore di tutte quelle famiglie che hanno perso le loro terre finché non avranno modo di tornare nelle loro case. Solo combattendo l'ingiustizia si avrà la pace. Non si può chiedere ad un popolo di accettare una dominazione come quella. C'è tanto odio che l'esercito israeliano spara addirittura sugli arabi israeliani.
    Condivido con te l'idea che i governi utilizzino i popoli per ottenere e mantenere il potere, ma non condivido l'idea che i popoli, intesi come la gente, sia del tutto innocente. Non riesco a mettere sullo stesso piano un colone israeliano e la famiglia palestinese che si vede da quest'ultimo portata via la casa. In questi atti sono complici della violenza del loro governo. Questo non significa che voglio istigare l'odio contro i coloni, ma solo che credo che per la pace occorre riconoscere che hanno compiuto un'ingiustizia e che a questa ingiustizia debba essere posto riparo. E ne approfitto anche per esprimere tutta la mia ammirazione verso i pochi (locali o stranieri) che hanno il coraggio di andare contro la violenza anche a rischio della vita.
    Non credo neppure che l'interesse di potere del governo israeliano sia paragonabile a quello di Hamas che ne è conseguenza. E per me è fondamentale stabilire cause e conseguenze per trovare una soluzione. Gli ebrei (molti ebrei, non tutti) si stanno facendo ingannare, i palestinesi sono distrutti da cinquant'anni di massacri, si sentono umiliati dalle forze internazionali che non li sostengono ma, servili, non si mettono contro il mostro americano. Leggo articoli che arrivano da Gaza dove la gente si chiede come sia possibile che noi non ci accorgiamo dell'ingiustizia che stanno subendo. Questo senso di abbandono è molto pericoloso.
    Non si poteva credere che ad un popolo potesse essere data la terra di qualcun altro senza innescare dolore e violenza. E questo fatto storico è il centro dell'unica possibile pace.
    Se ho usato toni accesi - non era mia intenzione - ti chiedo scusa, ma non era per insultarti e neppure per attaccarti, ma perché soffro.
    Non è un attacco questo, ma un modo per confrontarmi e capire qualcosa in più, io che ho molta meno esperienza e cultura di te. Per incasellare un'immensa rabbia e l'immenso dolore che non nascondo di provare e che riesco a controllare (non nel senso di non provare, ma di non lasciarsi condizionare) molto meno di te, questo mia grande colpa, forse dovuta anche all'età.
    Ti abbraccio, anzi mi stringo a te.
    Sara.

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  32. L'ingiustizia che ci riguarda più da vicino e che mi dà una rabbia incontrollabile è questo:

    (lo scrive padre Manuel Musallam, cercando di raggiungerci oltre la guerra)

    “Riusciamo a vedere i vostri telegiornali e restiamo costernati per le bugie che sentiamo.
    La verità è il solo strumento che abbiamo per riaprire il processo di pace; perché noi ancora ci crediamo."

    Dobbiamo chiedere ai mezzi di comunicazione italiani di non essere faziosi, perché anche questo alimenta lo sconforto, il senso d'abbandono, il dolore sul dolore.
    Raccontare i fatti (mi arrivano molte testimonianze dirette via mail) in un blog potrebbe servire non a innescare odio, ma a portare una voce non corrotta, a farci sentire vicini a chi soffre, a chi muore. Questo è l'unico modo, oltre alle donazioni, che abbiamo di contribuire da qui.

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  33. Cara Guccia, non mi devi chiedere scusa di niente, DI NIENTE. Sì nel tuo tono c'era qualche cosa che mi ha addolorata ma niente di quello che dici mi è estraneo. Non ricordo se ho saputo risponderti, e non voglio rileggermi perché davvero questo episodio mi ha dato dolore.
    Però penso che la tua capacità di indignazione, di dolore, di pietà e di rivolta sia preziosa in un giovane. Informare tu dici. SI, ti dico io. SI.
    Chi fa lavoro di informazione, di ristabilimento della verità, fa un lavoro importante. Ma se su alcuni giornali o tv leggo e sento una sostanziale cancellazione di episodi ed episodi di palese ingiustizia che mi fa bollire il sangue (non li citerò, tu li sai tutti) su altri li vedo usati come una chiamata alle armi. A questo mi sono voluta sottrarre e nel farlo SAPEVO che questo mi avrebbe guadagnato indignazione e forse ostilità. Ma ho fatto quello che mi sembrava giusto, malgrado il timore, perché in questo sono straordinariamente simile a tua madre: devo dire quello che penso.
    Naturalmente posso sbagliare, lo possiamo tutti; questo concetto è banale ma sento il bisogno di ricordarmelo spesso. Io poi, per come sono fatta, ho SEMPRE paura di sbagliare. Ma mi faccio coraggio e vado avanti.
    Nel tuo discorso c'è una sola cosa che trovo non esattamente sbagliata, ma che, con rammarico, trovo irrealistica, una speranza destinata a deluderci. Ed è il discorso sulla verità che viene PRIMA della pace.
    Non immagini quanto questo discorso mi trovi, come individuo, per la mia storia, esposta ai sentimenti. Per anni mi sono detta che SOLO il ristabilimento della verità e delle scuse avrebbero potuto ricostruire un minimo di comunicazione tra me e delle persone altre. Ma sbagliavo. Se si prova a scavalcare questa fase, a mettersi comunque in contatto a riprendere un rapposto malconcio imperfetto difficile anche astioso, piano piano verrà il momento in cui ci si potrà dire: quel giorno TU hai sbagliato e l'altro potrà rispondere SI quel giorno ho sbagliato. Ma TU hai sbagliato quell'altro giorno e SI, quel giorno ho sbagliato io. Per gli individui occorrono anni,(spesso comunque non se ne viene a capo), per i popoli decenni. E spesso non bastano.(gli Armeni attendono ancora ed anche i Curdi). Penso alla Germania. Ma anche agli Indiani d'America. E potrei continuare.
    Ci vorrebbe, come dici tu, una autorità superiore, internazioale che dicesse: qui ci sono questi torti e e qui ci sono questi altri torti e il peso di questi torti non è lo stesso. Ed ora, data soddisfazione a chi deve averne, fate pace. (Come si fa in classe con i bambini. Ma non sempre basta. I bambini si danno la mano, ma si guardano ancora in cagnesco e fuori dell'aula, se possono, ancora si accapigliano. Comunque intanto alla vittima è stata data ragione. E' già qualche cosa).

    Anche l'idea della totale innocenza dei popoli non è esattamente quello che voglio dire. Io penso che i popoli, fatti di gente in carne ed ossa, possono compiere fatti orribili ed esserne responsabili, in quanto collettività. Ma sempre, sempre ho bisogno di ripetere che quegli stessi atti li avrebbe potuti commettere il popolo nemico. In questo senso per me sono UGUALI e se guardo alla storia ne trovo conferma. Sono gli Inglesi migliori dei Francesi? Che ne pensano gli Indiani? e gli Algerini a chi darebbero la palma? E siamo noi migliori degli Isaeliani? Chiediamolo agli Etiopi. E i Belgi e i nostri amici Spagnoli, sono migliori degli Israeliani? Chiediamolo ai Congolesi o agli Atzechi. E gli Atzechi erano migliori degli altri popoli che assoggettavano? Tutta la storia umana dimostra che ogni popolo, gente in carne ed ossa, individui, è capace delle stesse atrocità. E' solo questo che dico e ci tengo a dirlo ogni volta. Di volta in volta accade che un popolo sia la vittima innocente ed è giusto che il nostro cuore sia con lui, che noi lo sosteniamo e difendiamo come possiamo. Ma la mia paura è che si stigmatizzi il popolo che in quel momento rappresenta sulla scena della storia la parte dell'aguzzino.
    Che lo si stigmatizzi allora e poi. Non mi interessa se il Governo Israeliano usa cinicamente la storia del suo popolo per ottenere indulgenze. Lo faccia. Io però non cadrò nel tranello opposto. Almeno LO SPERO.
    Non volevo parlarne, ma ormai mi sono non giustificata, ma perdonata sì. L'altra mattina sull'autobus è salita una giovane donna bionda con al collo la bandiera Israeliana. Lì per lì mi è sembrata una hostess, ma mi ha dato fastidio, come una ostentazione ed una provocazione.(debbo comunque andare a vedere se le hostess di El Al hanno al collo un foulard con i colori nazionali) Dopo poco ha cominciato a chiedere permesso per scendere e una voce d'uomo ha detto forte: spostatevi, fate scendere l'ebrea.
    Nessuno di noi ha detto niente, IO NON HO DETTO NIENTE. In tutta la mia vita MAI mi era successo di assistere ad un episodio simile. E se mi avessero chiesto come avrei reagito ero pronta a dire che avrei reagito infuriata che lo avrei messo a tacere, che e che e che...invece sono stata zitta, come tutti del resto, per due fermate, finché sono scesa. (Non mi dare giustificazioni per il mio comportamento, te lo chiedo seriamente e per favore.)

    Non so, sto scrivendo troppo. E' bene che ognuno di noi, sentendosi vicino al popolo di Palestina, faccia quello che può, che sente importante e giusto. Fidiamoci della nostra buona fede. Io non ho dubbi sulla tua.

    Aggiungerò con un suggerimento non richiesto: non credere che noi anziani e con più esperienza abbiamo necessariamente più ragione di voi. Spesso è vero il contrario.
    Ti abbraccio forte, marina

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  34. Sono talmente lenta che mi ci voleva tutto questo per capire (sentire) davvero quello che volevi dire. Per arrivare ad analizzare me stessa e trovarci dentro il senso delle tue parole.
    Non ti giustifico, però posso dirti che è capitato anche a me di non riuscire a reagire. Ti stringo.

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  35. Ho letto la vostra discussione appassionata, calda... E' bello ancora desiderare di discutere.
    Ho provato ad intervenire, ma ho scritto cose che non avevano nè capo nè coda. Perchè la mia testa era ed è confusa e la confusione richiede un momento di stacco. Ho apprezzato questa vostra capacità di usare la ragione, di indignarsi l'una con l'altra e di arrivare alla fine ad abbracciarvi. E' un bell'esempio. Io sono stata fuori a guardarvi e vi ho sorriso con affetto. Un sorriso un po' malinconico, perchè non riuscivo ad entrare, ad essere con voi ed ho sentito che anche voi non mi avete sentito una di voi.
    Tu, a volte, mi hai detto di celarmi. No, non mi celo. Il problema è che mi sento lontana anche a me stessa in questo momento e non riesco più a trovare un motivo per tenere aperto il mio blog che cammina senza direzione...
    Voi siete qui una piccola comunità, io vengo, intervengo, ma poi devo andare via. Qualcuno passa da me.
    Tu mi dici che leggerai il libro che ho postato, ma io non ho scritto quello che ho scritto per far leggere il libro, ho scritto attraverso le parole di un altro più bravo di me come mi sentivo io, ma non sono ugualmente riuscita a comunicarlo. Per questo il blog per me sta perdendo senso.
    Vi comunico invece la mia stima ed il mio affetto perchè siete persone genuine e abbraccio in particolare Guccia perchè sento la passione che tanto amo dentro le sue parole. Spero che molti giovani siano come lei perchè il futuro è davvero nelle loro mani, a noi il compito di appoggiarli e sostenerli.
    Un abbraccio a tutti se mi leggerete.
    In questo momento siamo tutti molto provati per tutto quello che sta succededno sotto i nostri occhi e non solo a Gaza.
    Giulia

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  36. Cara Giulia, approfitto di questo tuo intervento per dirti qualche cosa che forse nel tuo blog non ti ho mai detto. Anzi pensavo proprio a te nel commentare oggi da Artemisia. Tu scrivi delle cose complete e in un certo senso incommentabili. La sceltadei temi innanzi tutto, poi la ricchezza espositiva, la lingua, le immagini, il lavoro di riflessione tua personale. Quando termino di leggere non c'è niente, ma proprio niente che io possa aggiungere. Qualunque frase sarebbe una sciocca piaggeria o una ripetizione dei tuoi concetti. Allora mi limito a prendere nota, perché so che posso fidarmi del tuo giudizio. Tu dici qualche cosa di più sottile, però. Tu dici che non stai offrendo un consiglio di lettura ma stai parlando di te e che non riesci a comunicarlo. Penso che alcune volte sia vero; altre volte io SENTO che stai parlando di te, ma il libro o il film è lì tra di noi e non mi sento autorizzata ad attribuire a te le parole di un autore, che pure mi sembrano tue. E sono anche stata tentata di farlo. A me non sembra affatto che il tuo blog non abbia una direzione. Al contrario è uno dei più coerenti, per temi e per tono, che io legga. Esclusi quelli specialistici o specializzati, il tuo è come una grande monografia sui diritti e sui rapporti umani. Io la direzione la vedo, ma nessuno sa meglio di te che cosa davvero ti sei prefissa.
    Spero comunque che questo tuo discorso non significhi che vuoi interrompere il tuo blog. Se hai bisogno di riposo, di varietà, di ossigenazione prendili, ma sappi che il tuo blog è un piccolo punto certo per me. So che non vi troverò mai un'approssimazione, una banalità, un fare tanto per fare.
    E ora vorrei commentare l'altr parte del tuo intervento, quella relativa alla discussione appassionata tra Franca, Guccia e me.
    E' stato un momento importante, io penso.Per me lo è stato. Sono stata costretta a guardare dentro di me e a tirare fuori l'anima. Non voglio tirarmela, ma ho addirittura pensato che è COSI che noi di sinistra dovremmo discutere tra di noi. Anche facendoci del male, ma arrivando al fondo del nostro pensiero. Perché quando si è onesti e seri e ci si stima alla fine ci si arriva.
    Ricordo bene il tuo intervento. Aveva un fondo dubitativo che non derivava, io credo, dal desiderio di non parteggiare, ma da un pensiero problematico. Ho avuto l'impressione che ti interrogassi, ma che tenessi per te le domande.
    Io non ti ho sentita come estranea a noi, ma come al di fuori delle PASSIONI che ci muovevano, come una persona che ha bisogno di formarsi le sue convinzioni FUORI dalla discussione, in un luogo appartato.
    Cara Giulia, è vero, siamo tutti provati, ma io sento tanta malinconia in più nelle tue parole e mi dispiace.
    Se siamo comunità lo siamo insieme a te e al tuo blog, tienilo presente.
    ti abbraccio, marina

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  37. Sì, hai ragione Marina, c'è tanta malinconia. Hai ragione, noi di sinistra dovremmo discutere e tanto, ma uscendo dalle discussione degli "altri" che in qualche modo ci condizionano e ci impediscono di ritrovare il "nuovo". ciò che ancora non sappiamo. Tu hai provato a dire "fuori dai denti" quello che forse tanti sanno, ma non volgiono ammettere. La nostra eterna visione manichea ci impedisce di vedere le sfumature, i vissuti, le paure della gente... E' terribile quello che sta succededno e quello che succede in tane altre parti del mondo. Ma c'è un punto che hai toccato e che anch'io ho pensato, ma come dici tu per conto mio. Ma se si invertissero le parti, quello che è successo in Palestina non sarebbe successo in Israaele, davvero gli altri avrebbero avuto più pietà. E questo abbiamo paura di dircelo perchè mette in questione tutti noi, perchè è l'uomo ad essere messo sotto accusa, l'uomo è la ragione della forza... E' più facile credere che di là ci siano i buoni e di qua i cattivi... Per questo che cerco le persone che in qualche modo cercano di combattere quello che c'è di male con la testimonianza. Ho letto giudizi pesanti su Grossman, su Oz, su quello che ha detto... Vorremmo dagli altri un "coraggio assoluto" decontestulaizzato e poi noi passiamo davanti ad uomini che dormono per terra e tiriamo avanti. Per noi non sarebbe più facile fare qualcosa? Sto ragionando a ruota libera perchè so che con te lo posso fare. In modo pacato, perchè è così che dobbiamo discutere senza aver paura di dire i nostri dubbi e di essere continuamente fraintesi. Un abbraccio e grazie: Giulia

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  38. cara Giulia, è vero quello che dici; agli altri chiediamo un coraggio assoluto e noi tiriamo semplicemente a campare. Qualche volta penso di dare le dimissioni da me, dalle mie convinzioni, da tutto. Per manifesta indegnità. E di vivere come una buona vecchia nonna italiana che pensa alla sua famiglia e se ne frega del resto. Forse già vivo così e non lo voglio ammettere. Come vedi se intorno a te si sente la malinconia da me si sente amarezza. Ho un grande bisogno di staccarmi da tutte le cose orribili che accadono giorno dopo giorno intorno a noi, di ritagliarmi uno spazio ovattato, protetto. Puro egoismo. Il fatto è che mi sembra di non poter fare niente in nessuna situazione, che tutte le forze contrarie sono sempre più forti di me e vincono una battaglia dopo l'altra. I piccoli gesti di aiuto mi restano, come una dama di san vincenzo.
    scusami, sono proprio fuori tema e fuori luogo
    marina

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  39. Non sei fuori tema assolutamente. Ci sentiamo così, perchè è così. Non possiamo e questo limite contro cui ci scontriamo fa davvero paura. Bè fare la nonna è comunque una gran bella cosa, non è cosa di poco conto perchè è la tua realtà e i bambini hanno bisogno di buone nonne...
    Non è colpa nostra se ci limitiamo ai piccoli gesti, chi intorno a noi si muove davvero? E come facciamo a muoverci da soli? Tu hai detto un'altra cosa molto bella: uso la ragione, non necessariamente ho ragioe. Questo l'ho davvero apprezzato molto.
    Sei una bella persona Marina e forse abbiamo davvero bisogno di sentircelo dire, di ritrovare una comunciazione affettiva che ci aiuti a non sentirci sole.
    Ti abbraccio forte... Giulia

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