sabato 29 novembre 2008

sul colpo del K.O.

Come promesso rispondo qui ai numerosi commenti che sono arrivati al mio post "Il colpo del K.O."

Guglielmo commenta così: "Ma il K.O. non è quando non ci si rialza più?". Va bene che sono finita a terra, Guglielmo, ma prima o poi il ring lo sgombrano, no? :-)

Paola dancer e Cristiana si demoralizzano quando si finge una normalità che nel rapporto non c'è, quando non si vogliono affrontare i problemi, quando ci si rifiuta di discutere, magari di accapigliarsi. Quando si finge che tutto è a posto. E' la finzione che fa soffrire, mi sembra. La finzione e l'essere messi nella impossibilità di dire le proprie ragioni, di farsi capire e di capire.
Capisco quanto questa situazione sia pesante e quanta frustrazione procuri. Non mi sorprende che siano due donne a denunciarla. Nella mia esperienza spesso gli uomini considerano i chiarimenti, le lunghe discussioni in cui noi donne ci ingolfiamo volentieri, come pura perdita di tempo. Anche Arnica montana soffre quando le negano un chiarimento, quando i fraintendimenti restano in piedi. Ma arnica montana finisce K.O. anche di fronte ad un abbandono. Beh, cara amica, l'abbandono è un uppercut preso il quale pochi restano in piedi!

Gelato al limone, spiritosamente, ha deciso di prendermi in parola e non ci dice che cosa lo atterri. Anche UIFPWO8,  al secoloMaurizio, ha lasciato un commento scherzoso. Grazie ad entrambi per il sorriso.

Il colpo inferto a La mente persa è davvero duro: una madre laudatrice del Silvio nazionale.
C'è poco da scherzare, penso che sia davvero spiacevole verificare che la propaganda attecchisce anche in casa propria.

Sileno si sente al tappeto di fronte all'immagine del nostro paese ignavo, ormai incapace di indignarsi, in una fase di arretramento morale. 
Capisco e condivido questo sentimento ma mi puntello sulla constatazione che esiste nel nostro paese tanta gente sensibile, attenta, capace ancora di indignarsi. Come lui. Bisogna diventare contagiosi!

E' l'inganno e il tradimento che abbattono -temporaneamente, sia chiaro- Franca, Farfalla leggera, Dona e a. o. Anche non rispettare la parola data è infliggere un bel colpo. Lo accusa Pietro.
La fiducia viene ritirata ma il colpo è duro da riassorbire. Esperienza che ho fatta. Confermo che è amarissima. L'amica che mi ingannò mi ferì sanguinosamente, ma, malgrado tutto, la consapevolezza di non essere stata io a tradire mi medicò.


Evviva Saretta, mai messa al tappeto da nessuno, tranne da....sua madre! Ma si sa, le madri hanno armi misteriose e micidiali. Mia madre non mi metteva K.O. la ribellione non si è mai spenta in me, ma forse chi ti lascia "intronato" anche senza averti messo al tappeto ti fa un male altrettanto grande, perché duraturo.

Il colpo del K.O. di Guccia lo sento molto da presso: deludere gli altri mi fa star male. Ma ogni volta mi butto in corsa per riparare e insomma, bene o male ci metto una pezza.

Ronna 'ndunetta, Amalteo,  Rino e Anonimo soffrono quando vengono giudicati superficialmente.
Riconosco che è spiacevole, ma è un'esperienza che reggo abbastanza bene. Forse perché è una esperienza quotidiana, assolutamente comune. Continuamente la gente spara giudizi su tutti, così ad una semplice occhiata o dopo una breve conversazione. Ci ho fatto l'abitudine. Essenzialmente me la prendo quando i giudizi negativi su di me sono meditati, quelli superficiali li addebito alla... superficialità e penso sempre di poterli modificare.
Anonimo soffre anche per la solitudine intellettuale. Mi chiedo se possa significare il non aver trovato coloro che giudicano il mondo come lui. Forse è solo un problema di incontri giusti, perché una solitudine di questo genere mi sembra quella del grande genio, della persona talmente avanti rispetto alla sua epoca da essere sola col suo pensiero. E in tal caso alla solitudine non c'è rimedio alcuno.


L'indifferenza ferisce Gagarin, l'incapacità di alcune persone di uscire dal proprio egocentrico particolare e di ascoltare il problema dell'altro. Anche semplicemente di rivolgergli un rapido: Come stai? Se ne incontrano continuamente di questi tipi, sono così comuni che neanche mi sorprendono più. Sono abbastanza difesa dal fatto che ascoltare i problemi altrui mi interessa, anche in mancanza di affetto, mi interessa capire il tipo umano. E poi, forse, non mi aspetto mai che la gente si interessi ai miei problemi e non avendo aspettative in questo campo non soffro neanche delusioni.

Maria Cristina denuncia ogni tentativo di chiuderla in gabbia, di impedirle di andare. Condivido al mille per mille! Ma no, non riescono a mettermi K.O. e non mi pare neanche che riescano a metterci lei. Entrambe troviamo il modo di fuggire. C'è sempre una via di fuga: io ho spesso percorse quelle dentro di me. 

Siamo ora alle dolenti note cui ci richiama Giorgio. Lo mette a terra il non essere ricambiato nell'amore, nell'innamoramento, nei sentimenti. Beh, viene da dire che questo abbatte tutti! 
Ma per Giorgio la ragione sta nel non poter esprimere i suoi sentimenti di fronte ad una mancanza di reciprocità. E' vero che la mancanza di amore dell'altro ci impone di tacere il nostro. Brutta esperienza. Anche il restare chiusi in una situazione affettiva ormai esaurita perché legati dall'amore dei figli è una situazione da K.O. ma non per Giorgio. Lui trova comunque la capacità di indagare il senso del suo soffrire e al tappeto non ci va. Lo invidiamo in molti, penso.

Sono molto sensibile al colpo che atterra papavero di campo: il veder frainteso un proprio moto sincero a tal punto da ricevere un attacco in cambio del proprio slancio. E' orribile e io temo continuamente di essere fraintesa, sento sempre il bisogno di spiegarmi, di chiarire, di giustificarmi addirittura. Probabilmente rompo le balle con questa mia preoccupazione. Ma il fraintendimento di una nostra buona intenzione fa troppo soffrire!

Per ultima cito Tez, perché è la mia gemellina! "Mentire me stessa", dice lei. "Non potermi dire", dico io. Ma le due cose si intrecciano e si accompagnano, si accavallano e diventano la stessa cosa. E' il vederci sottratta la nostra autenticità. Sì, Tez, questo è il nostro colpo del K.O.! 


17 commenti:

  1. Ho scritto che mi spiaceva essere arrivato tardi a commentare il post sottostante ma cmq vedo che la mia risposta era già stata gettonata da altri quindi ho cmq avuto una risposta sia pure indirettamente :-)))

    Io però credo che sia durissima rialzarsi da una menzogna perchè ti resta la paura o ti può restare la paura che altri possano tentarci ancora e tu non ti accorga di nulla nuovamente.

    Ciao Marina
    Daniele

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  2. Mi piace questa sorta di terapia di gruppo!

    Per quel che mi riguarda anch'io ricado sotto la voce "inganno e tradimento", ma come te mi sono rialzata molto più facilmente di quanto credessi.

    A presto Clotilde

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  3. Bella questa analisi dei vari KO. E dopo tutti questi "abbattimenti" perchè non parliamo di ciò che ci esalta di più? Dai, tiriamoci un po' su!!!! :-)

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  4. Anch'io mi sono rialzata, ma con grande, grandissima fatica.
    E colpo dopo colpo, in tutta onestà, temo che il prossimo, se fosse bene assestato, potrebbe essere l'ultimo...

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  5. Sì, un bel lavoro interessante! C'è da riflettere sulle paure e le ansie che si vivono! Buon fine settimana Marina :-) A'

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  6. tu dici "Continuamente la gente spara giudizi su tutti"
    questo è il problema.
    nel dare un giudizio c'è sempre una asimmetria: chi colpisce si sente superiore.
    ho osservato vari tipi di giudizio: quello sulle cose dette, quello sui comportamenti, quello sulla persona.
    sulle cose dette c'è molto campo per la rielaborazione.
    quello sui comportamenti fa fallire relazioni, matrimoni, amicizie. però ci si può correggere.
    quallo sulla persona è definitivo e poco rielaborabile.
    nel dare un giudizio sulla persona si sa di recare offesa da una posizione di forza. non c'è spazio per la rielaborazione se non la fuga. ma la ferita resta, anche se cicatrizzata.
    sull tecnologie internettiane c'è un'agggravante: la facilità della comunicazione. si battoni tasti e si invia. senza le correzioni dello sguardo, senza il linguaggio del corpo.
    nel dare giudizi sulla persona (sia pure di diverso grado) si invade l'Io dell'Altro. e ciascuno ha il dovere di tutelare il proprio io.
    in psicologia c'è un grande concetto per allenarsi alle offese: si chiama "resilienza"
    non so se hai mai letto questa mia pagina sul tema:
    http://amalteo.splinder.com/post/12222179/Resilienza
    buoni pensieri, marina

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  7. Si, è proprio una specie di terapia di gruppo, anche perchè i componenti del gruppo si conoscono e si frequentano già da un po'. Come ti senti come conduttrice di gruppi? A quando la prossima seduta? E soprattutto, quanto ti dobbiamo pagare?

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  8. A me piace moltissimo questa terapia di gruppo e penso che sia utile.
    Forse dovremmo farla più spesso. Sollecitiamo quindi Marina a scrivere qualche altro post finalizzato a tale scopo.

    Aggiungo che mi ritrovo molto nel commento di Franca.

    Un abbraccio. :)

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  9. Caro Amalteo, mi piace il tuo modo di dividere i tipi di giudizi che quotidianamente diamo. Anche se spesso è molto difficile distinguere tra l'uno e l'altro, sia per chi lo dà che per chi lo riceve. Chi lo riceve è spesso portato a leggere il giudizio sulle sue parole o su un suo comportamento come rivolto a se stesso come persona, mentre chi lo dà è spesso portato a circoscrivere il giudizio che ha dato come dato alle sole parole o tutt'al più al comportamento. E' qui che accadono i fraintendimenti più gravi che sono resi ancora più frequenti da questo tipo di comunicazione internettiana che tu descrivi così bene.
    La resilienza e Cyrulnik li ho incontrati più o meno un anno e mezzo fa sul blog di una persona con cui DOPO si creò un problema di comunicazione talmente grave che non ci frequentiamo più reciprocamente sui blog. Paradossi in fondo divertenti, ma passare dalla teoria alla pratica è spesso difficile.
    Oltre a quelli che descrivi tu io avverto spesso un tipo di giudizio che non è dato né sulle cose dette, né sui comportamenti né, apparentemente, sulla persona. Lo incontro quotidianamente. Quando qualcuno, conoscendo la tua area di pensiero, senza parlare di te, la definisce con termini decisamente spregiativi. O quando fa la stessa operazione in un salotto in presenza di persone che non conosce ed emette giudizi spregiativi nei confronti di interi gruppi di pensiero non curandosi del fatto che qualcuno tra i presenti potrebbe appartenervi o dando per scontato che tutti la pensino esattamente come lui. Se gli venisse rimproverato potrebbe sempre rispondere che non parlava della persona ma così genericamente di altri. Lo fa spesso la gente di sinistra nei confronti degli "altri" ma lo fanno spessissimo tutti coloro che si sentono di appartenere ad una maggioranza di pensiero.Se sentissi i discorsi di questi mesi sugli autobus romani li riconosceresti subito! E' un modo di s-qualificare gli altri che io trovo particolarmente odioso, perché non fatto a viso aperto in un rapporto io verso te, ma celato nelle pieghe del parlare d'altrui.
    Quanto a noi due, perché è a questo che fai riferimento, penso che siamo entrambi portatori di buona volontà nel comunicare ma che possiamo avere, come tutti, i nostri insuccessi. Per me questo non costituisce un problema insormontabile, penso che accentuando l'attenzione e forse accantonando i discorsi con una più alta probabilità di frizione si possa sempre comunicare. Io poi ho una vera predilezione, e fiducia, nel comunicare SULLA comunicazione.
    Adesso vado a leggermi il tuo post sulla resilienza.
    buona giornata, marina

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  10. sì, marina, è vero: i processi comunicativi sono infinitamente sfumati.
    e c'è anche il giudizio "laterale" sia sulla pesona che sulle idee: quello che si fa nei gruppi, negli incontri.
    mi rendo conto che lo faccio anch'io. dovrei darmi più disciplina.
    e allora ti riporto qui (per la tua cartelletta SULLA comunicazione) alcune regolette (per l'appunto da me non smpre praticate) che ho appreso nei miei studi di watzalawick (impossibile perfino copiarlo questo nome!) e amici sistemici:
    1. mettersi d'accordo sull'oggetto della controversia
    2. porre qualche limite all'oggetto della controversia
    3. non interrompere colui che sta accusando (entro limiti ragionevoli di tempo direi: se il dilagamento è eccessivo occorre chiudere la falla)
    4. evitare massimamente di ritorcere un accusa diversa contro di lui (esempio nella comunicazione coniugale: MG "la devi smettere di far tardi al bar", MR "e tu la devi smettere di parlare per ore al telefono con le amiche")
    5. concordare luogo e tempo dove la "converszione conflittuale" deve avvenire. Ogni operazione di circoscrivere le zone del conflitto è salvatrice
    6. tenere le opportune distanze. Siamo esseri territoriali e l'invadenza dello spazio soggettivo porta a schiaffi, calci, unghiate (reali e virtuali). Io per esempio sono stato brutalizzato su blog altrui: non solo venivo offeso (sono permaloso, ormai lo sai) ma venivo azzannato dai commentatori che a loro volta venivano blanditi in modo collusivo dal/dalla blogger. ho anche notato che sono particolarmente tollerante se vengo "offeso" (rimando a tutta la discussione sulle tipologie dell'offesa) nel mio spazio. mi inbelvisco se vengo "offeso" in campo altrui. dunque se si impara dall'esperienza si può evitare di cadere nelle trappole
    7. non superare la soglia della vulnerabilità dell'altro. colpire sul tallone di achille porta alla morte dell'eroe
    8. considerare un conflitto come il risultato di comportamenti comunicativi reciproci e non come una esclusiva "colpa" dell'altro

    è una lista che forse potrebbe arrivare al magico numero di dieci (anche cambiando l'ordine dei punti e qualche punto stesso)
    se hai voglia pensaci
    così compiliamo una virtuosa tabella della (tendenziale) buona comunicazione, particolarmente necessaria , visto che ci piace "e non poco) sulle tecnologie internetiane
    buone ore e buoni giorni

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  11. @ amalteo: vedo con piacere che stiamo passando alla ricerca di soluzioni pratiche, con spirito costruttivo. E soprattutto vedo spuntare il mio AMATO (ma dovrei dire quasi VENERATO) Watzlawick! Naturalmente ci devo lavorare un po' su, ma il primo punto che posso aggiungere d'impulso alla tua lista è 9-mettersi d'accordo sull'inizio della controversia o della mancata comunicazione. Segmentiamo spesso la realtà in modo diverso, ognuno fa arretrare il momento di vulnus ad un comportamento precedente dell'altro e a sua volta l'altro arretra ancora un po' e così via all'infinito ognuno in cerca della prima responsabilità dell'altro nell'errore di comunicazione. Io ho imparato nelle questioni familiari a dire: "Fermi tutti! Stabiliamo quando è iniziata questa storia." Ci sono dialoghi riportati da Watzlawick esemplari e spassosissimi! Adesso mi viene in mente un altro punto: 10- nel riportare criticamente il discorso dell'altro citare PRIMA l'aspetto negativo, quasi en passant, e POI passare all'aspetto positivo dedicandogli più tempo. La critica è stata fatta lo stesso ma per l'altro che la riceve l'effetto è sorprendentemente diverso! E' una regola che non ho ancora imparato a rispettare. I Francesi la usano molto correttamente nei loro dibattiti, sembra che noi italiani siamo refrattari. Diciamo sempre: lei ha ragione su questo, però... e giù un megagalattico quadro del però!
    Comunque intanto mi stampo la lista e me la studio un po'. Forse potremmo addirittura farla girare sui blog!
    Vedo già all'orizzonte soldi e fama per noi! :-D

    buona serata, marina

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  12. tengo abbastanza a portata di braccio e di occhio Nodi di Ronald Laing.
    lo sfoglio e trovo:

    ferisce Giovanni
    pensare
    che Maria pensi che lui la ferisca
    col sentirsi (lui) ferito
    a pensare
    che lei pensi che lui la ferisca
    facendola sentire colpevole
    nel ferirlo
    pensando (lei)
    che lui la ferisca
    con l'essere (lui) ferito
    a pensare
    che lei pensi che lui la ferisca
    per il fatto che
    da capo sine fine
    Romald Laing, Nodi (traduzione di Camillo Penati), Einaudi, 1974, p. 17

    mi sembra che racconti bene le relazioni simmetriche. quelle che crescono di intensità, esplodono e non hanno via di ritorno.

    mi piacerebbe molto creare un vaccino in 10 punti
    lo applicherei innazitutto a me stesso, come fecero i medici inventori dei vaccini
    buoni giorni

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  13. La solitudine intellettuale non prelude al genio ne lo definisce: mi spiace che tu possa averlo interpretato a quel modo e un po' mi irrita. La solitudine di cui parlo io si nutre di diversa sintassi ed etimologia, è amplificata dal falso conformismo e dall'ostracismo cronico nei confronti di chi sta fuori dal coro. Se ci pensi tutti ne abbiamo uno, anche io.

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  14. @ Anonimo: dis-irritati!Nessuna intenzione ironica o polemica in me. Semplicemente non avevo chiaro quello che intendevi dire, perché avevi messo la solitudine intellettuale in contrapposizione con quella culturale. Adesso mi è più chiaro il senso della tua osservazione. Ma io penso anche che stare fuori dal coro dà un brivido di piacere. E' una solitudine piena, direi. E credo anche che tu la rivendichi anche se la soffri. O sbaglio?

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  15. Marina, subito dopo il "piacere" immediatamente dopo arriva il resto, la solitudine e mi spiazza. Mi violenta e mi lascia sempre in sospeso. Rivendicarla sta diventando per me uno sorta di tic mentale e non riesco a farmelo star bene. Mi sono DIS-IRRITATO. Grazie.

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Non c'è niente di più anonimo di un Anonimo