mercoledì 2 luglio 2008

sotto i portici


Arriva verso le dieci del mattino. Avanza dondolando un po', impacciata dalle grosse cosce. Ha un corpo senza forma, in un vestito grigio a disegni minuti; ha la pelle e gli occhi molto chiari; la bocca è grande e ben disegnata. I capelli grigi, quasi bianchi, sono raccolti sul sommo della testa dove formano una specie di cuscino morbido. Li portava così Elena di Savoia. L’antica bellezza del viso è affogata dentro il grasso ma l’espressione è quella tipica delle donne belle, sicure di sé, sfrontate. L’accompagna un giovane nordafricano, che le porta un tavolinetto di legno e due sedie pieghevoli da regista e prima di andarsene le bacia la mano. Lei si siede sotto i portici di piazza Vittorio, lato sud e sul tavolo appoggia un cartello; "lettura della mano 5 euro" c’è scritto e sopra c’è disegnata una grande mano percorsa da linee che si intersecano. Seduta sulle sua seggioletta aspetta le sue clienti e si guarda intorno pigramente.

Poco distante, quasi di faccia a lei, su una sedietta analoga, ad un tavolinetto analogo, siede la cartomante. Il suo cartello dice "fatevi fare le carte per capire il passato e prevedere il futuro". La tariffa non è indicata.
Ogni tanto si lanciano qualche frase: commentano il passeggio, si scambiano informazioni sulla loro salute; non c'è rivalità tra le due professioniste della divinazione: si rivolgono a divinità diverse, offrono competenze diverse.
La cartomante è piccola, il collo affondato tra le spalle strette; ha una faccia spenta, rinsecchita, uno sguardo stanco ogni tanto rivitalizzato da una luce rancorosa.
La chiromante e la cartomante siedono placidamente a fare il loro onesto mestiere; interrompono per un caffè e un panino al bar lì accanto e si portano sul tavolinetto una bottiglia d’acqua. Quando passo su quel tratto di portici ogni volta provo desiderio e curiosità.
Mi chiedo che cosa si provi a condurre così la propria giornata, sotto gli sguardi di tutti, ad offrire la propria mercanzia agli sguardi indelicati dei passanti; come si faccia a restare indifferenti ai sorrisi di compatimento, agli sguardi incuriositi, alle scrollate di capo.
Ma provo anche il desiderio di sedermi nella sedietta del cliente e di affidare la mia mano a quella grassoccia della chiromante e di abbandonarle insieme le mie paure, le speranze, le domande.
Se non lo faccio è perché non ho abbastanza energia per fingere di crederle e se accetto di essere ingannata non potrei accettare di ingannare.
La cartomante mi attira meno: mancherebbe il contatto fisico e invece è soprattutto quello ad invogliarmi, sottoporre la mia mano al tocco di una estranea che sicuramente ha imparato negli anni ad essere delicata e rassicurante. Sono sicura che possiede un tocco speciale.
Un po' come quando vado dal parrucchiere: il vero piacere della seduta non risiede nell’esito -l' ordine ed una nuova estetica per i miei capelli- ma nell’abbandonare la testa alle mani leggere di un estraneo che massaggiano sapientemente il cuoio capelluto e insieme sciacquano via pensieri e crucci. Lavacro totale per quindici euro.
Qualche volta sospetto che il desiderio di abbandonare pezzi del proprio corpo alle cure altrui nasconda il desiderio di abdicare al controllo, di abbandonare se stessi tout court.
Chissà, forse la chiromante lo sa; o, in ogni caso può chiedere un consulto alla cartomante...

2 commenti:

  1. Proprio stamane ho riletto un passaggio di Umberto Galimberti che qualifica- te lo riassumo sinteticamente- l'amore come capacità di uscire da sé stessi per andare a conoscere l'altro:
    un cedersi insomma, per un po'.
    E penso che ci si possa "cedere" a qualcuno solo nutrendo fiducia nella sapienza dei gesti/parole dell'altro:
    così leggo la tua intuizione sulla chiromante.
    Baci
    Tez

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  2. Grazie alla nuova figura di sindaco-sceriffo, fra poco tutte queste figure scompariranno per sempre.
    Peccato...

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