giovedì 31 luglio 2008

esercizi per le vacanze/sette/cantare

"pensare in solitudine - ciò è saggio.
Cantare in solitudine - ciò è stolto!

da Friedrich W. Nietzsche La Gaia Scienza
BUR

Io non penso affatto, come Nietzsche, che cantare da soli sia stolto. Cantare non è MAI stolto.
Ma fate comunque questo esercizio: convincete qualche amico, almeno tre, a cantare una cosa qualsiasi insieme. Se aveste voci diverse (dal basso al soprano) sarebbe meglio. Ma l'esercizio riesce comunque.
Cantare in coro rivitalizza. Sono certa che ricordate almeno una circostanza -alla peggio una gita scolastica- in cui avete provato questo autentico piacere. Ricreatelo per voi. So che gli uomini oppongono più resistenza. In un certo senso considerano il cantare come un atto che li scopre troppo. Provano vergogna. Coraggio, cantate!

mercoledì 30 luglio 2008

pensieri/uno

La mia felicità.

Quando mi stancai del cercare
Imparai il trovare.
Dacché un vento mi si contrappose,
Veleggio con tutti i venti.

da Friedrich W. Nietzsche La Gaia Scienza
BUR

martedì 29 luglio 2008

esercizi per le vacanze/sei/disorganizzarsi

"Piacere della cecità- "I miei pensieri, disse il viandante alla sua ombra, devono indicarmi dove mi trovo; ma non devono rivelarmi dove vado. Amo l'incertezza circa il futuro e non voglio rovinarmi per l'impazienza di gustare in anticipo le cose promesse."

da Friedrich W. Nietzsche La Gaia Scienza
BUR

esercizio: lasciate sempre un margine di incertezza nel programmare un viaggio o una vacanza; altrimenti, prima ancora di partire, starete già tornando. E il viaggio sarà stata solo una conferma. Se viaggiate con un/una superorganizzato/a, dirottate all'improvviso e godetevi lo scarto. Se dovesse protestare troppo, abbandonatelo/a PER SEMPRE.

lunedì 28 luglio 2008

esercizi per le vacanze/cinque/se stessi

"Che cosa dice la tua coscienza? -Devi diventare quello che sei."

da Friedrich W. Nietzsche La Gaia Scienza
BUR


esercizio: ripetiamoci, almeno una volta nella giornata: "Sono come sono e non intendo diventare un altro".
Questo non esclude affatto la possibilità né il desiderio di migliorarsi, purché si sia consapevoli che anche l'eventuale miglioramento fa ancora parte di quello che siamo.

domenica 27 luglio 2008

proviamoci


Il doppio sguardo

Quante volte si è detto
il mondo deperisce.
Quante volte si è detto
il mondo fa naufragio.
Dovremmo misurare meglio
le parole: ché il mondo
deperisce eppure ingrassa;
e mentre naufraga galleggia.
È questa la fatica
a cui siamo vocati: sostenere
un doppio sguardo, capace
di fissare in faccia la rovina
e assieme la lamina di sole
che accende ogni mattina.


Franco Marcoaldi
Il tempo ormai breve
Einaudi - 2008


esercizio: applichiamo, per un giorno, il doppio sguardo. Pensiamo ad un aspetto positivo di questo nostro tempo.
Ci tengo a dire che io stessa mi applico ad ognuno degli esercizi che consiglio a voi.

sabato 26 luglio 2008

musica & politica/uno/il mio nemico






Finché sei in tempo tira
e non sbagliare mira
probabilmente il bersaglio che vedi
è solo l'abbaglio di chi da dietro spera
che tu ci provi ancora
perché poi gira e rigira gli serve solo una scusa
la fregatura è che è sempre un altro che paga
e c'è qualcuno che indaga per estirpare la piaga
però chissà come mai qualsiasi cosa accada
nel palazzo lontano nessuno fa una piega
serve una testa che cada e poi chissenefrega
la prima testa di cazzo trovata per strada
serve una testa che cada e poi chissenefrega
la prima testa di cazzo trovata per strada

se vuoi tirare tira
ma non sbagliare mira
probabilmente il bersaglio che vedi
è solo l'abbaglio di chi da dietro giura
che ha la coscienza pura
ma sotto quella vernice ci sono squallide mura
la dittatura c'è ma non si sa dove sta
non si vede da qua, non si vede da qua
la dittatura c'è ma non si sa dove sta
non si vede da qua, non si vede da qua


il mio nemico non ha divisa
ama le armi ma non le usa
nella fondina tiene le carte Visa
e quando uccide non chiede scusa
il mio nemico non ha divisa
ama le armi ma non le usa
nella fondina tiene le carte Visa
e quando uccide non chiede scusa


e se non hai morale
e se non hai passione
se nessun dubbio ti assale
perché la sola ragione che ti interessa avere
è una ragione sociale
soprattutto se hai qualche dannata guerra da fare
non farla nel mio nome
non farla nel mio nome
che non hai mai domandato la mia autorizzazione
se ti difenderai non farlo nel mio nome
che non hai mai domandato la mia opinione
finché sei in tempo tira
e non sbagliare mira
(sparagli Piero, sparagli ora)
finché sei in tempo tira
e non sbagliare mira
(sparagli Piero, sparagli ora)

il mio nemico non ha divisa
ama le armi ma non le usa
nella fondina tiene le carte visa
e quando uccide non chiede scusa
il mio nemico non ha divisa
ama le armi ma non le usa
nella fondina tiene le carte visa
e quando uccide non chiede scusa
il mio nemico non ha nome
non ha nemmeno religione
e il potere non lo logora
il potere non lo logora


il mio nemico mi somiglia
è come me
lui ama la famiglia
e per questo piglia più di ciò che dà
e non sbaglierà
ma se sbaglia un altro pagherà
e il potere non lo logora
il potere non lo logora

venerdì 25 luglio 2008

esercizi per le vacanze/quattro/sbizzarrirsi

Giudizi degli stanchi

Il sole maledicono tutti i fiacchi;
Il valore degli alberi è per loro - l'ombra!

da Friedrich W. Nietzsche La Gaia Scienza
BUR


esercizio: Per ogni aspetto della natura che merita il vostro amore esercitatevi a trovare almeno un nuovo valore. Evitate i più scontati. Un ruscello non è solo freschezza e mormorio, ma anche il sasso levigato e la lingua della mucca che si disseta. E' l'erba muschiosa che fluttua e la bellezza del suono "rusc" che pronunciamo per indicarlo.
E io sono ancora nell'ovvio. Sbizzarritevi.

giovedì 24 luglio 2008

esercizi per le vacanze/tre/memoria

"All'improvviso mi assale il dubbio di stare perdendo la memoria delle cose più essenziali. Il dubbio che tutti i miei ricordi più preziosi, accumulati in qualche zona buia del mio corpo, in una specie di limbo della memoria, si stiano trasformando in una massa fangosa."
da: Murakami Haruki - Norvegian wood
Einaudi - 2006

compitino per le vacanze: Tirate fuori dal limbo della memoria almeno un ricordo lontano; opponetevi alla massa fangosa.
da fare al tramonto, possibilmente mentre spira un vento leggero.

mercoledì 23 luglio 2008

esercizi per le vacanze/due/dire

"Lui le avrebbe parlato di sé, scoprendo tutto un territorio di aspirazioni e segreti che non aveva mai nominato, e quindi gli erano sconosciuti, perché le parole hanno il potere di dissotterrare l'esperienza e collocarla nella giusta prospettiva emozionale."

da: Lidia Ravera - Le seduzioni dell'inverno - Edizioni Nottetempo

Compitino per le vacanze: Dite ad alta voce un pensiero che non avete mai espresso a parole. Poi statelo a sentire.
Consiglio: fatelo quando siete soli.

martedì 22 luglio 2008

esercizi per le vacanze/uno/il più difficile

"Nella concezione di Diodoro Siculo [... ] i molti non sono di per sé portatori di un valore positivo, non hanno ragione solo perché sono tanti a pensarla in una stessa maniera; il singolo, armato di parola, li persuade, li porta ad un altro pensiero e prevale."
da: Luciano Canfora- Noi e gli antichi- Rizzoli editore- 2002

Compitino: durante l'estate convincete UN elettore del PdL che la sua scelta è stata sbagliata.
Suggerimento: andateci cauti.

lunedì 21 luglio 2008

pausa/altrove con Wislawa

Care tutte e cari tutti, anche marina si assenta per un po'.
Ma ho preparato per voi qualche piccolo post per questo periodo di vacanza. Comporta anche degli esercizi da fare. Ma non temete, si tratta di qualche cosa di leggero, molto estivo. Tipo un'insalata di dadini di prosciutto e melone o anche, semplicemente, delle tartine con mozzarella e filetto di pomodoro. Al centro metterei un cappero di Pantelleria. Al vino fresco pensate voi.

Grazie al servizio programmazione di blogspot, troverete un esercizio al giorno anche mentre io sarò in tutt'altre faccende sfaccendata!
Tornerò sui vostri blog (e in diretta sul mio) fra un mesetto, giorno più, giorno meno.
vi abbraccio e bacio, convintamente.
Ah, l'ansia da abbandono cosa non mi fa fare!


Come saluto ho scelto una poesia di Wislawa Szymborska che in questa foto, secondo me, illustra molto bene una idea minimalista di pura rilassatezza gaudente.



LA STAZIONE

Il mio non arrivo nella città di N.
è avvenuto puntualmente.

Sei stato avvertito
con una lettera non spedita.

Hai fatto in tempo a non venire
all'ora prevista.

Il treno è arrivato sul terzo binario.
E' scesa molta gente.

La mia persona, assente,
si è avviata all'uscita tra la folla.

Alcune donne mi hanno sostituita
frettolosamente
in quella fretta.

A una è corso incontro
qualcuno che non conoscevo,
ma lei lo ha riconosciuto
immediatamente.

Si sono scambiati
un bacio non nostro,
intanto si è perduta
una valigia non mia.

La stazione della città di N.
ha superato bene la prova
di esistenza oggettiva.

L'insieme restava al suo posto.
i particolari si muovevano
sui binari designati.

E' avvenuto perfino
l'incontro fissato.

Fuori dalla portata
della nostra presenza.

Nel paradiso perduto
della probabilità.

Altrove.
Altrove.
Come risuona questa parolina.

da "Vista con granello di sabbia".- Adelphi

domenica 20 luglio 2008

allarme equivoco

Ciao Artemisia, ti ringrazio per le parole di stima del tuo commento, ma mi dispiace se la mia ultima frase del post sul mio io politico ha potuto dare adito alla lettura che tu ne hai data.
Dicendo che "la sola opposizione che riconosco è la mia" non intendevo AFFATTO dire che "io sono la sola a resistere" come dici tu. Al contrario quello che volevo dire è proprio quello che tu affermi e cioè che "ognuno resiste a modo suo". E che la sola opposizione in cui "il mio io politico" si riconosca è la mia. E la mia panoramica sui politici teoricamente all'opposizione serviva a spiegare perché non mi è possibile riconoscermi in nessuno di loro. E non a caso o per errore aggiungevo che la mia opposizione è " poco appariscente e molto silenziosa, ma non per questo meno oppositiva." Meno oppositiva, non più oppositiva e tanto meno la sola. Rivendicavo per me il diritto di considerarmi in opposizione anche senza aver partecipato alla manifestazione dell'8 luglio o senza unirmi ad altre analoghe. Perché quello che ho letto in rete è che coloro che non sono scesi in piazza sono o idioti o imbelli, o rassegnati.
La mia non era un'accusa presuntuosa (in questo caso la mia sicuramente esistente presunzione non era presente), ma a difesa del mio modo "poco appariscente e molto silenzioso" di resistere.
So che i "resistenti" sono moltissimi nel nostro paese. Il mio sentirmi sola non significa che sono sola a stare all'opposizione, ma, appunto, che chi tace come me, magari a denti stretti, NON per questo è meno oppositivo. Ho pensato che le mie ragioni andassero chiarite. E, onestamente, rileggendo le mie parole, penso di averle chiarite. Ma so che quando la nostra intenzione comunicativa non viene colta, la colpa, nella maggior parte dei casi, è nostra. Per questo ho sentito di dover aggiungere questi chiarimenti: non è l'accusa di presunzione che respingo ma quella di mancanza di rispetto verso i "compagni resistenti" -nel senso più lato del termine- che pensano o agiscono diversamente da me in questo momento così difficile.

In senso più generale penso che qualunque opposizione non potrà agire concretamente se, attraverso un lavoro di anni non riusciremo a cambiare il senso comune di questo paese. Per me la vera opposizione delle forze politiche dovrebb'essere un'opposizione culturale, cioè un lavoro lungo, minuzioso, che gli attuali leader politici non sono in grado di fare, perché, in forma e misura diversa, sono ALL'INTERNO DELL'ATTUALE SENSO COMUNE. Spero in qualcuno che trovi la forza e la spinta ideale per rimboccarsi le maniche e intraprendere un lavoro politico di vecchia scuola. Questo naturalmente non può che essere fatto dentro e con la società. Io ne sono solo un minuscolo pezzetto, ma darei volentieri il mio contributo.
Ma basta, sto andando troppo per le lunghe.
Torno al mio silenzio. Rispettoso di altrui!

TRIS di DONNE

ELLA



Perché l'ho promesso a Lena e perché è grande


BARBRA



Perché l'ho promesso a Lena e perché canta questo pezzo con straordinaria dolcezza.



MARIA





Perché non l'ho promesso a nessuno tranne a me e perché è ancora la più grande.

sabato 19 luglio 2008

segnalazione doppia

A Marco: non riesco a commentare i tuoi post da tanto tempo. Si apre una pagina di pubblicità e non il modulo dei commenti. Ti leggo ma non ti scrivo.Sorry. Auguri per raffreddore estivo.
Ho appreso da Artemisia che hai uno sguardo luminoso. Mi compiaccio con te.

A Roberto : la situazione non si sblocca. Per commentare le tue foto mi viene richiesta una iscrizione. La farei anche, ma non ho capito come.
Allora: il volo del gabbiano(?) è un tuffo nel benessere, le sedie invece mettono un po' a disagio;la foto onirica è STUPENDA.
Detto sottovoce: preferisco in ogni caso le tue a quelle prese dal web.

figli e figliastri

Da la Repubblica
ROMA - Un emendamento al decreto 112 relativo alla manovra economica del governo, in discussione in queste ore alla Camera, cancella l'innalzamento dell'obbligo scolastico a 16 anni di età, introdotto dal governo Prodi con la precedente Finanziaria e attualmente in vigore. Lo rende noto il segretario generale della Flc-Cgil, Enrico Panini, secondo il quale in questo modo "si riporta l'orologio della storia agli anni 50".

"L'emendamento infatti - spiega - prevede che si possa assolvere l'obbligo scolastico anche nel sistema regionale della formazione professionale e nei percorsi triennali istituiti dal ministro Moratti, che escono così dalla sperimentalità per diventare definitivi e che già prevedono a loro volta un massiccio ricorso alla formazione professionale. Ben diversa - osserva - la situazione attuale che prevede, in coerenza con il dettato costituzionale, l'assolvimento dell'obbligo scolastico nel solo sistema di istruzione che comprende le scuole statali e paritarie".

Secondo il sindacalista si tratta di "un ennesimo colpo di mano per via legislativa contro la scuola pubblica e una sconfessione degli impegni assunti dal ministro Gelmini". Così, afferma il leader della Flc, "si torna a separare sulla base del reddito, per chi ha mezzi e opportunità sociali la scuola vera, per chi parte da qualche svantaggio sociale, il canale di serie C. Si spacca l'unitarietà del sistema creando per i meno fortunati un canale parallelo discriminatorio, si regionalizza e si privatizza un pezzo di formazione".

Tagli indiscriminati, revisione totale di ordinamenti, organizzazione e didattica, continui "stop and go" ai processi di riforma, "testimoniano l'alta considerazione che questo governo ha per i delicati meccanismi di funzionamento della scuola e svela, se ce ne fosse ancora bisogno, come tutto il discredito gettato sul sistema e i docenti fosse finalizzato a far passare nella società l'opera di smantellamento della scuola pubblica".
(18 luglio 2008)

DI FATTO PER ALCUNI RAGAZZI, PROVENIENTI DA FAMIGLIE ECONOMICAMENTE SVANTAGGIATE, L'OBBLIGO SCOLASTICO SCENDE DA 16 A 14 ANNI.

L'INGIUSTIZIA SOCIALE -INGIUSTIZIA DI CLASSE- COINCIDE CON IL DANNO ALLA COLLETTIVITA, CHE RINUNCIA AD ELEVARE LA FORMAZIONE DI TUTTI I SUOI GIOVANI.
Non sono un Costituzionalista, ma mi sembra che la Costituzione, articolo 3, dica qualche cosa di diverso circa l'uguaglianza di tutti i cittadini, senza distinzione di condizioni personali e sociali.

E' così che la Repubblica "rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale"?

venerdì 18 luglio 2008

poker di donne

ANNIE




Non ho mai capito il significato di questa canzone, ma mi piace la melodia, mi piace Annie Lenox e mi piace il verso che dà il titolo alla canzone:
her face, at first just ghostly,
turned a whiter shade of pale

L'ho scelta nella speranza che qualcuno sia in grado di dirmi che cosa significa il testo. Domanda che mi faccio da una quarantina di anni.




MIA




Questa l'ho scelta perché ce l'ho con tutti quelli che hanno infelicitato la vita a Mia Martini.




MINA



Perché Mina è sempre Mina.


SARAH




Questa l'ho scelta perché è stato il mio pezzo di ingresso alla scuola di voce.

giovedì 17 luglio 2008

ancora!

Ho ricevuto un altro diamante! Questa volta la generosa dispensatrice è Tereza!
Comincio a sentirmi in colpa, ma la mia avidità in fatto di diamanti è smodata e resisto ancora alla sollecitazione a ridistribuirli.
Perdonatemi.

il mio "io politico"

"..ti percepisco molto rassegnata e mesta rispetto ai fatti della politicuccia di questi tempi" mi scrive Anna in un commento. E Artemisia concorda.
Ci rifletto sopra. Mesta? Sì, in effetti mi sento mesta. Rassegnata? Non è il termine esatto.

dal Devoto-Oli
rassegnato, agg.
~ Che si è adattato per virtù o per mancanza di spirito di reazione a sopportare un dolore, una sofferenza, una rinuncia, un danno o comunque una situazione infelice.

E' così che mi sento?
No, direi di no.
Della rassegnazione non ho la virtù, e, lo dico senza nessuna falsa modestia, non sono persona priva di spirito di reazione.
E non mi descrive neanche uno dei sinonimi indicati dal Gabrielli: persuaso, convinto, fiducioso, sottomesso, umile, fedele, sereno, tollerante, condiscendente, mansueto, indulgente.

No, non mi sento neanche così.
Come mi sento, allora, rispetto all'attuale momento politico?

Mi sento disgustata, rabbiosa, schifata, sarcastica, amara, e paziente. Paziente, sì. La pazienza è un tipo di forza che serve sulle lunghe distanze e qui la distanza sarà lunga. Tanto vale farsene una ragione. E saper aspettare. Il termine esatto è: resistere.


Poi mi sento sola, priva di un punto di riferimento, qualcuno di cui attendere le parole per confrontarle con il mio pensiero.
Qualcuno in cui aver fiducia e da cui aspettarmi una indicazione, un incoraggiamento, una direzione.
Non c'è un leader che io stimi, da cui non mi senta delusa. Nessuno cui potermi, sia pure temporaneamente, identificare.

Medico per mio conto le mie ferite.
Coltivo la mia delusione e la mia rabbia. Esercito il mio spirito critico e ne ho per tutti.
Analizzo la situazione senza omettere le personalità, i caratteri, le psicologie.

Walter Veltroni. Credo che la sua personalità sia insufficiente per fare il leader del maggior partito dell'opposizione.
Naturalmente la colpa non è solo sua. Tutta quella gente che gli sfila la sedia da sotto il sedere, quelli che gli avvelenano i pozzi, quelli che gli fanno le scarpe, quelli che lo ridicolizzano. Non parlo di avversari politici, PARLO DEI SUOI!
E poi, secondo me, ha l'ambizione di dire al mondo: visto? Io sono riuscito a fare le riforme per il paese assieme a Berlusconi. Se intanto il paese, sotto i suoi occhi, è diventato un esperimento di neo-dispotismo (non illuminato) sembra fottersene.
Credo che Veltroni preferisca credere che il mondo è come piace a lui piuttosto che riconoscere che è come è. Questo ha conseguenze politiche gravissime.
Significa che si muove come se si trovasse di fronte un capo del governo "normale", che conduce la sua politica all'interno e nel rispetto delle regole democratiche di un normale paese.
Veltroni ci fa? C'é? Qualunque sia la risposta, io nemmeno le leggo più le sue dichiarazioni. Non ho tempo da perdere con lui.
L'ultima, quella che mi ha definitivamente terrassée è stata pronunciata il 23 giugno e diceva così: "A settembre faremo una grande manifestazione di protesta."
Prego? Puoi ripetere per favore?
A me ha fatto lo stesso effetto delle dichiarazioni che la gente si fa nell'imminenza dell'estate rimandando all'autunno quello che non è riuscita a fare nella primavera.Tipo: A SETTEMBRE MI ISCRIVO A UNA PALESTRA. Oppure: A SETTEMBRE MI METTO A DIETA. Cose così.
Bene, lui farà la manifestazione, io mi iscriverò a Tai Chi. Siamo pari.

Spostandomi a sinistra trovo Ferrero e Vendola. L'unica cosa che sembrano avere in comune è la sindrome del complotto PD.
Se la Sinistra Arcobaleno ha fatto la fine che ha fatto è tutta colpa del PD che gli ha fregato gli elettori.
Con le mie orecchie ho sentito Ferrero dichiarare che : Un terzo dei nostri elettori ha votato PD, un terzo ha votato Lega e un terzo si sono astenuti." Paolo, caro, vuoi chiederti PERCHE? Ha un senso prendersela con il progetto di uccisione della sinistra da parte del PD? Ammettiamo che Veltroni abbia deciso di dare un colpo mortale alla sinistra radicale, con il famoso slogan del voto utile. Perche ci è riuscito? dunque gli elettori dei partiti della SA sono tutti degli sciocchi, dei polli, dei babbalù? come mai Veltroni ha trovato tanti elettori di sinistra conniventi? tutti animati dal desiderio di far fuori la sinistra radicale? Aspiranti suicidi, pronti a starsene a casa, a buttarsi sul PD, o, addirittura sulla Lega?
Di Paolo Ferrero ho grandissima stima. La sua intelligenza e la sua moralità sono, secondo me, fuori discussione. Ma, cavolo, Paolo, devi sputare l'osso! Se continui a dire ai tuoi che è tutta colpa del PD non si fa un passo avanti. La sinistra si restringerà sempre di più e trasformare i tuoi elettori, quelli che ti hanno tolto il voto, in sciocchi o traditori non te li restituirà.

Questo discorso vale, secondo me, anche per Vendola. Dopo una falsa partenza, ha abbandonato sul nascere qualunque tipo di analisi seria del voto e si è dedicato a spericolate e fantasiose costruzioni verbali. A me Vendola piace. Il suo linguaggio, la sua visione del mondo, inteso come globo, è piena di intuizioni, è originale, ma elude, tanto per dirne una, la concretezza e, per dirne un'altra, lo specifico di sinistra: il lavoro. E, sempre con le mie orecchie, gli ho sentito dire che, se i suoi elettori lo hanno abbandonato è "anche perché il PD li ha ingannati".
Bella stima dei tuoi elettori, Niki. Anche tu pensi di noi che siamo dei fessi.

I due stanno contendendosi la segreteria del partito della Rifondazione, scheda per scheda. Con tecniche che a me, sessantaquattrenne, ricordano altri tempi ed altri partiti.
-Io iscrivo al partito, all'ultimo momento, un po' di gente che voterà per me-pensa uno.
Ah, sì? Ed io ti annullo il congresso provinciale dove ho perso-replica l'altro. Non importa chi è l'uno e chi è l'altro.
Lo spettacolo fa male.
Alla fine ci saranno due partiti, sempre più minuscoli, o un finto partito spaccato in due.

Avendo votato per Diliberto alle elezioni del 2006, è quello con cui ce l'ho di più. Lui davvero mi ha presa per fessa. Oddio, avendolo io votato, non ha tutti i torti. Ma vorrei chiedergli. Davvero pensi di me che se mi schiaffi una falce e martello sulla scheda elettorale, ti metti una cintura esplosiva per andare al Billionaire di Briatore e mi porti a Roma la mummia di Lenin, io considero esaurito il tuo compito storico e riprendo speranza nella giustizia sociale? E' questo Oliviero, che tu pensi di me?
Ti sorprenderà sapere allora che vorrei una società dove, verso l'ora di chiusura del mercato, pulitissime e dignitosissime vecchiette romane non vadano a raccattare tra i banchi di frutta e verdura gli avanzi: frutti un po' sfatti e verdure già appassite.
O dove un ragazzo brillante non lasci al terzo anno la facoltà di Architettura e vada a fare i progetti per le cucine all'Ikea, perché i genitori, pensionati, non ce la fanno più a pagargli l'università.
O dove i leader politici compaiono in televisione solo quando hanno una proposta sensata e di interesse generale da avanzare e non sparano "la qualunque" tanto per far vedere il loro muso ai telegiornali.
Non insisto, Oliviero, tanto sei un caso perduto.

Di Pecoraro Scanio non dirò nulla. Penso che più generosa di così non potrei essere.
Avrete notato che non ho detto nulla neanche di Bertinotti. All'indomani delle elezioni Fausto è scomparso. Per discrezione, ha detto lui. Per non ostacolare il dibattito. Posso dirlo? Non mi è mancato.

E Di Pietro? Che dire di lui?
Con Di Pietro ho CHIUSO DEFINITIVAMENTE IL 30 OTTOBRE 2007, quando ha votato contro la proposta di Commissione di inchiesta parlamentare sul G8 di Genova.
Vedi il post
Ognuno di noi, anche nel massimo della elasticità, del pragmatismo, della rielaborazione, ha dei punti fermi, dei limiti invalicabili. Per me il G8 di Genova e la macelleria di Bolzaneto, è uno di questi punti. E' un discrimine. Forse perché NON ANDAI a Genova. Anzi, SICURAMENTE perché NON ANDAI a Genova. E ancora mi chiedo: perché dissi di no a Loredana che voleva portarmi con sé? Pigrizia, il caldo, le gallerie tra qui e Genova. Bello schifo, marì.
Non sono così ingenua da credere che una Commissione Parlamentare sia la soluzione dell'insostenibile vicenda Genova; credo che, essenzialmente, Rodotà abbia ragione. Una commissione d'inchiesta può essere un sonoro fallimento.
Vedi post

Ma ricordare al paese che quanto accaduto non è un semplice incidente di percorso ma la rottura dei più sacri principi costituzionali, che si sta parlando di cessazione dello stato di diritto, di violazione dei diritti umani, e non di qualche testa calda della polizia, mi sembra comunque IL MINIMO. La sede più alta di controllo democratico, il Parlamento della Repubblica, DOVEVA ESSERE CHIAMATO A PRONUNCIARSI. Ognuno deve assumersi la sua responsabilità storica sui fatti di Genova. Ma Di Pietro è prima di tutto un ex poliziotto e la sua sensibilità sui diritti umani è un po' sorda e un po' cieca.Votando contro, per quanto mi riguarda, Di Pietro si è assunto ai miei occhi la sua responsabilità storica.
Questo il mio pensiero sugli pseudo leader.

Incazzata e delusa, dunque.
E poi mi sento sola, anche qui sui blog, tra gli amici blogger.
Vedo questo slancio di combattività, questa voglia di partecipare, di manifestare, a prescindere da chi li chiami a manifestare, e non mi sento contagiata. Non nelle modalità.
Ho molto pensato, quando da più parti mi è arrivato l'invito ad andare a Piazza Navona l'8 luglio. Ma qualche cosa, pur nella rabbia e nel bisogno di dire la mia protesta per gli sgarri fatti alla Costituzione e all'andamento democratico del mio paese, mi ha trattenuta. No, non il caldo, questa volta, né il fatto di dover portare con me nell'afa di quella giornata il piccoloTommasino.
Ma uno scetticismo di fondo, una mancanza di fiducia, anzi, proprio una diffidenza.
Per andare in piazza, per me, ci vogliono due condizioni. Una "sentimentale", fatta di slancio, di rabbia, di voglia di protesta e di testimonianza. Ed una fatta di analisi politica, raziocinio, adesione intellettiva, convinzione razionale.
Beh, questa mi mancava e, a posteriori, mi manca ancora di più.
Per andare ad una manifestazione, giusta o sbagliata che sia ( e mi è capitato di andare a manifestazioni che poi ho riconosciuto sbagliate), ci vuole un processo identificativo. Se non scatta, io non posso, proprio non posso fisicamente, andare da nessuna parte. Identificarmi, per me, non è un'operazione facile. Non a caso non mi sono iscritta MAI a nessun partito. Le mie adesioni a movimenti politici sono state sempre subordinate alla mancanza di elementi che urticassero la mia identità, il mio "io politico". Di urticante, l'8 luglio, c'erano troppe cose.
Sono stata combattuta fino al pomeriggio. Poi, semplicemente, ho capito che le cose che mi dividevano, non dalla gente che scendeva in piazza, ma dai titolari della manifestazione, erano troppe. Soverchiavano il mio "io politico". E me ne sono stata a casa. A dire il vero, è scattato, ad un certo momento un vero e proprio imperativo: non facciamoci usare, marì.
Le cronache del giorno dopo (Tg3, Tg la7, Repubblica, Manifesto, Unità), pur nelle differenze, mi hanno confortata nella mia scelta. Ma la sensazione di solitudine si è accresciuta.
Questo mi rende mesta.
La mia personale resistenza a questo Governo non s'incontra con nessuna opposizione. Né con quella che non c'è, leggi PD, né con quella che c'è, leggi Di Pietro, ma non mi somiglia.
È così.
Ma la rassegnazione non ha niente a che fare con questo.
Non sono rassegnata. Sono sola.
Resisto, mestamente e pazientemente, da sola.
Al momento, la sola opposizione che riconosco è la mia.
E' poco appariscente e molto silenziosa, ma non per questo è meno oppositiva.

mercoledì 16 luglio 2008

segnalazioni/G8 di Genova

Sono capitata su questo blog, non so più provenendo da dove, e ho trovato questo post, che condivido in toto.
Inoltre è propedeutico al post che pubblicherò domani.

separazioni

Cammino al sole, un po' sovrappensiero, portandomi in una busta la mia riserva di tropico. Due manghi pachistani -gialli, setosi, gonfi di umore-; due avocados del Messico, verdi-viola; due papaye di non so dove. Questo caldo mi suggerisce sempre nostalgie e ricordi. Mi affido ai sapori e ai profumi per riassaporare qualche emozione passata. Mentre la mia mente sta sorvolando l'Atlantico, verso Cuba, sull'altro lato della strada vedo G. e provo un moto di gioia. Cammina all'ombra col suo passo tranquillo, l'alta figura corredata di zainetto, la testa con i capelli mossi, il bel volto bruno. D'impulso vorrei attraversare la strada per abbracciarlo, ma aspetto più prudentemente per vedere come intende regolarsi. Le regole le ha sempre dettate lui. Quando arriviamo alla stessa altezza alza la mano per salutarmi, rallentando ma senza fermarsi. Salve, mi dice sorridendo. Ciao, gli faccio io, e ripeto il suo gesto, salutandolo con la mano.
Ma il mio cuore si stringe. G. era il compagno di mia figlia, il padre del mio nipotino. Per qualche anno ho creduto che fosse un nuovo figlio per me e gli ho voluto bene. Gli voglio ancora bene, ma lui, che non ha nulla contro di me, ciò nonostante ritiene che il tempo della familiarità sia finito.
La familiarità, del resto, non è mai stata troppa. G. è una persona molto riservata, chiusa persino. Ma buonissima, dolce, sensibile, attenta. È molto intelligente e molto colto. E' una persona in vista nel mondo del volontariato e degli aiuti umanitari. Ha scritto dei libri, collabora a riviste, giornali; viene intervistato spesso. Ma resta una persona schiva, che dice tranquillamente la sua ma senza alzare polvere. E' un "comunista" molto duro e molto puro. Ideologico per necessità intima. Ha rifiutato più volte incarichi di prestigio, remunerati abbondantemente, per non sfiorare nemmeno le zone rischiose del potere, del compromesso, del pragmatismo. Sono certa che anche lui è affezionato a me e alla mia famiglia; ma nel suo codice, rigido come tutto in lui è rigido, la confidenza è poca anche in famiglia, figuriamoci tra ex. Ex cosa, poi? Suocera? Ha solo venti anni meno di me, ma a me è sempre parso un mio coetaneo, se non addirittura più vecchio di me. Eppure ha uno spiccato senso dell'umorismo. Solo che di lui tutto va intuito o rubato di straforo. Niente è mostrato apertamente.
Ogni anno mi regalava dei libri. Regalarmi dei libri è una impresa impossibile. Intorno a me nessuno si azzarda. Ma lui non ne ha mai sbagliato uno. Spesso li avevo già letti, ma il punto non era questo: il punto era che sapeva quali libri desideravo leggere. Quando è entrato a far parte della mia famiglia, benché mi intimidisse un po' con i suoi silenzi e il suo sguardo osservatore, il mio cuore si è riempito di affetto per lui. E pensarlo accanto a mia figlia, quando io fossi scomparsa, mi tranquillizzava. Un uomo buono, onesto, intelligente, con dei valori solidi da trasmettere ad un figlio. Che cosa desiderare di più per la propria figlia ed il proprio nipote? Ma la storia non è andata così. Le ragioni appartengono a loro. Io però non ho più questo figlio grande, serio e buono, così impacciato nelle piccole quotidianeità, ma così a posto, così giusto. Qualcuno cui affidare una figlia. Così saggio, ma anche, temo, così testardo.
Sono poche le persone che riescono a comprimere i miei slanci affettivi. E comunque, non per sempre. Capìtolano tutti prima o poi. Con G. penso che ci sarebbero voluti anni per entrare in vera confidenza. Ma io sono una persona tenace e sono certa che ci sarei riuscita. Ora però non lo vedo più. Solo se, come ieri mattina, lo incontro casualmente. Senza parlare, con quel salve! corredato del suo sorriso leggermente triste, ha dettato la nuova regola: se ci si incontra non ci si ferma a parlare.
So che potrei fingere di non aver capito la regola o addirittura infrangerla di prepotenza, ma io rispetto gli spazi psicologici altrui, perché so quanto possano essere vitali. Così, se lo incontrerò di nuovo, metterò su un sorriso allegro, che gli dica che il mio sentimento per lui è senza ombre, e gli lancerò un ciao. Ma, come ieri mattina, qualche lacrima ci scapperà. Solo, aspetterò che abbia girato l'angolo.

martedì 15 luglio 2008

gioielli



Mi sto facendo una collana di diamanti.
Per ora ne ho due. Uno offertomi da Cristiana ed uno da Enzo.

Sono indecisa se elargire diamanti a mia volta o tenermeli tutti per me.
Lasciatemi nella mia riflessione.
Intanto grazie a Cristiana e ad Enzo.

parole

Passeggiando nel vocabolario dalle parti della "b" sono saltati fuori tutti quei composti con la parola bene. Così edificanti, così ben pasciuti!

Io diffido del bene. (E questo è male. Lo so. Ma diffido anche del male e così siamo a posto.)
Io guardo con sospetto agli individui definibili con uno degli aggettivi o sostantivi composti di bene.

Un tizio benedicente mi mette in allarme. Non dico che ricorro a scongiuri, ma poco ci manca. Accetto benedizioni solo da Julo, perché si accompagnano a polemiche vigorose. E poi da tutta quella gente di diversa lingua, religione, cultura che nel corso degli anni mi ha, spontaneamente, benedetta. Benedire è una bella pratica, implica ad esempio gratitudine, o stima. Ma attenzione a quando diventa formula. Allora, beh, non mi va giù.

Mi piace la buona educazione, ma quando di qualcuno si dice semplicemente che è beneducato per quanto mi riguarda si dice che non c’è altro da dire di lui.

Il benefattore, il beneficente e il benefico hanno secondo me una cattiva coscienza, altrimenti sarebbero giusti o generosi.

Nel benemerente vorrei guardare più a fondo. Lo si dice anche di Renatino, al secolo Enrico De Pedis, capo della banda della Magliana. Talmente benemerente, da meritarsi la sepoltura nella cripta della Chiesa di S. Apollinare in Roma. Sembra che sia stato benemerente verso il Cardinale Marcinkus.
Il benemerito è parente stretto del benemerente, solo che, a parte l'Arma dei Carabinieri, in genere è morto.

Il beneintenzionato mi inquieta: quanti guai seminano i beneintenzionati!

Il benvisto, proprio mi irrita. Mai vorrei essere benvista, ma solo vista.

Il benportante è il più innocente di tutti, ma comunque gli preferisco lo slanciato, l'elegante, persino il mingherlino.

Quanta accondiscendenza nel benigno! Così pieno di sé!
E il benevolo? E il benevolente? Stessa razza. Gente da passare al pettine fitto.

Quanto al bennato, mi sfugge il concetto. Papà ha un titolo? Molti soldi? Molto potere?
O semplicemente mamma lo ha scodellato in mezz'ora senza grande dolore?

In genere, se non è sfigato e la fortuna di famiglia resiste, il bennato è anche benestante. Sono lieta per lui, ma non si annoierà nello stare così bene?

Ma più di tutti, sì più di ogni ben-qualche cosa, io detesto, detesto ed aborro il benpensante!
Il benpensante è moralista e spesso immorale -la politica dei nostri giorni è piena di benpensanti immorali - è banale, qualunquista, privo di originalità, di fantasia, di spirito critico, di coraggio. Il benpensante è anche opportunista e reazionario.
E' presuntuoso, pieno di sé, privo di dubbi. Il benpensante è privo di pietà verso coloro che errano e gonfio di ipocrisia.
Il benpensante è crudele, in nome del suo ben-pensare, sacrificherebbe una creatura umana. Il benpensante si sente giudice e condanna soltanto. Non conosce pietà né perdono. Mi duole dirlo, ma il benpensante è spesso una benpensante.
Ne ho incontrate e incontrati. Ogni volta che ho potuto li ho sputtanati.

Bene. La parola mi piace. Voler bene è un'espressione stupenda, che esiste solo nella nostra lingua."Ti voglio bene". Cioè "voglio il bene per te". Il bene è una grande cosa. È quando ci formi qualche aggettivo che la cosa smette di funzionare. Esistono certo le eccezioni -al momento mi viene in mente beneaugurante, benvenuto, bentornato- ma ci tornerò sopra un'altra volta.

Per intanto: vi voglio bene.

lunedì 14 luglio 2008

tous les enfants sont comme le tien






Fils de bourgeois
Ou fils d'apôtres
Tous les enfants
Sont comme les vôtres
Fils de César
Ou fils de rien
Tous les enfants
Sont comme le tien
Le même sourire
Les mêmes larmes
Les mêmes alarmes
Les mêmes soupirs
Fils de César
Ou fils de rien
Tous les enfants
Sont comme le tien
Ce n'est qu'après
Longtemps après

Mais fils de sultan
Fils de fakir
Tous les enfants
Ont un empire
Sous voûtes d'or
Sous toit de chaumes
Tous les enfants
Ont un royaume
Un coin de vague
Une fleur qui tremble
Un oiseau mort
Qui leur ressemble
Fils de sultan
Fils de fakir
Tous les enfants
Ont un empire
Ce n'est qu'après
Longtemps après

Mais fils de ton fils
Ou fils d'étranger
Tous les enfants
Sont des sorciers
Fils de l'amour
Fils d'amourettes
Tous les enfants
Sont des poètes
Ils sont bergers
Ils sont rois mages
Sont des nuages
Pour mieux voler
Mais fils de ton fils
Ou fils d'étranger
Tous les enfants
Sont des sorciers
Ce n'est qu'après
Longtemps après

Mais fils de bourgeois
Ou fils d'apôtres
Tous les enfants
Sont comme les vôtres
Fils de César
Ou fils de rien
Tous les enfants
Sont comme le tien
Le même sourire
Les mêmes larmes
Les mêmes alarmes
Les mêmes soupirs
Fils de César
Ou fils de rien
Tous les enfants
Sont comme le tien

fare attenzione

Notte.
Il silenzio mosso della città e la persiana disegnata sul soffitto.
Ogni tanto si irradia un'automobile veloce.
So benissimo di non essere sola e infatti non mi sento sola.
Siamo in tanti a entrare svegli nella notte e ad assaggiare il sonno come una piccola tartina, un aperitivo cui non segue pietanza.
Ogni tanto un cane protesta, lamentevole. Lui sì, si sente solo.
Dal lato opposto della casa, al quarto piano del palazzo di fronte, le ultime due finestre a sinistra restano accese tutta la notte, tutte le notti.
Non so chi vi abiti, né come distragga la sua insonnia.
Quanto a me, io scrivo. Blocco e matita sempre accanto a me sul letto.
Ma qualche volta il corpo è stanco e vuole stare disteso. Così scrivo a mente.
Scrivo con precisione, non formulo pensieri alla rinfusa. Metto i punti, le virgole, scelgo gli aggettivi o li casso tutti, vado a capo. Insomma scrivo su un foglio di carta che è allargato nella mia testa. Sono io il mio blocco.
Al mattino può succedere che io ricordi tutto distintamente e lo metta su carta.
Oppure che tutto sia svanito proprio come la notte. Ma non importa. Il Professore, di fronte alle mie difficoltà, mi incoraggiava a scrivere sul cielo della mia mente.
"Faccia finta di parlarmi e pensi in chiaro i suoi pensieri."
Io sorridevo tra le lacrime. Benedett'uomo, io le parlo continuamente!
A quei tempi stavo male.
Ed ogni volta che ho ricominciato a stare male l'ho subito capito proprio da questo: che in casa o per strada, intenta a qualche cosa o non facendo niente, conversando con qualcuno o guardando la televisione, io parlavo al Professore. La mia attività cerebrale si divideva e ne sperimentavo due parallele. Una parte del mio cervello -quale parte, Professore? me lo rispiega?- si indirizzava a lei: "Vede Professore? Sa Professore?" e le descrivevo il mio fare o non fare, la conversazione che intrattenevo, lo spettacolo in televisione e persino il libro. E soprattutto ogni minima increspatura della mia coscienza. Cercavo un interlocutore, un testimone ed un interprete, cercavo la spiegazione del mistero confuso dentro cui mi sentivo vivere. Poi quando la incontravo -il suo sorriso incoraggiante, la sua bellissima g toscana- per qualche minuto mi sembrava di averle già detto tutto, tutto già passato dalla mia mente alla sua. Ma non era mai così, c'era sempre tanto da dire, così tanto da dire.
Adesso no.
Anche se questa sua comparsa tra le mie parole un po' mi mette in allarme.
Cioè, non la sua comparsa, come ricordo, ma questo suo virare, nelle ultime righe, da ricordo a interlocutore.
Sarà il caso di farci attenzione.

storia della felicità/undici/"Capitale" felicità in America




Siamo in America e Adam Smith, considerato il padre del capitalismo, nella sua opera "La ricchezza delle nazioni", constata che "l'aumento della fortuna è il mezzo che la maggior parte degli uomini auspica e desidera per migliorare la propria condizione."
Padre del capitalismo sì, ma perplesso, Smith sembra dubitare che la ricerca della ricchezza possa garantire una soddisfazione durevole.
Concordano con lui Jefferson e Franklin: la ricerca della ricchezza è un potente motore di crescita individuale e sociale, ma rispetto alla felicità appare insufficiente. Inoltre introduce un elemento di sfasatura tra la felicità privata e quella pubblica, che, in una società giusta, debbono potersi conciliare. Come ottenere questo fondamentale equilibrio?
Jefferson pensa, ottimisticamente, che l'educazione alla razionalità e all'autocontrollo frenerà gli appetiti individuali, facendo sì che la ricerca dei piaceri privati non entri in conflitto con il bene pubblico nel suo complesso.
Secondo Hannah Arendt invece, la fiduciosa intenzione di Jefferson muore prima ancora di nascere. Nella società capitalistica la ricerca dei due beni entra subito in conflitto e l'aspetto privato della ricerca della felicità relega in secondo piano l'aspetto pubblico.
Prevale "il diritto dei cittadini a perseguire i propri interessi personali e ad agire quindi secondo le regole dell'egoismo privato".
La storia degli USA sembra dare ragione ad Hanna.
Nonostante le buone intenzioni dei padri della patria americana, i neri, strappati con la violenza alla terra d'Africa, non facevano parte degli uomini "tutti creati uguali e dotati di inalienabili diritti". Costituivano anzi le palate di carbone da gettare nella locomotiva del progresso del paese.
Inoltre la promessa di felicità che l'America costituì per milioni di uomini e donne che la raggiunsero nel XIX e XX secolo, non fu mantenuta se non a prezzo di lotte e sofferenze.
Dal punto di vista di queste grandi masse di uomini e donne, la ricerca della felicità in America è la storia della ricerca di uguaglianza e libertà. Storia lunga, faticosa e appassionante.

In America, secondo Alexis de Toqueville, la ricerca della felicità ha un aspetto paradossale. Nel suo "La democrazia in America" egli osserva che "nessuno potrebbe lavorare più duramente (degli Americani) per essere felice" eppure essi conducono una vita di insoddisfazione.
Corrono tutta la vita dietro un nuovo bene che gli possa garantire la felicità per disfarsene a favore di un altro e poi di un altro. Così per tutta la vita.
Ciò nonostante, almeno a tratti, de Toqueville continua a nutrire fiducia in un "egoismo illuminato" che assista la società americana e, assieme allo spirito religioso, la convinca che "essere buono è nell'interesse di ciascuno".
Questi momenti di ottimismo lasciano però spazio ad una inquietudine che percorre l'ultima parte dell'opera di de Toqueville e che entra nel cuore del discorso sulla felicità.
Scrive Alexis:
"Sto cercando di immaginare sotto quale nuova forma il dispotismo potrebbe riapparire nel mondo. In primo luogo vedo una moltitudine di uomini, simili e uguali, che girano continuamente alla ricerca dei piccoli e banali piaceri con cui nutrono la propria anima. Ciascuno di loro chiuso in se stesso è quasi indifferente al destino degli altri. Al di sopra di uomini simili c'è un potere immenso, protettivo, unico responsabile della loro gioia e del loro destino. Questo potere è assoluto, attento ai dettagli, ordinato, previdente e gentile. [...] Gli fa piacere vedere che i cittadini si divertono, purché non pensino ad altro che a divertirsi. Lavora volentieri per la loro felicità, ma vuole essere l'unico agente e giudice di essa."
Il minimo che si possa dire di questo straordinario osservatore è che de Toqueville aveva una grande capacità di spingere il suo sguardo avanti nel tempo.

Le foto ritraggono, in senso orario, Adam Smith, Alexis de Toqueville, Benjamin Franklin e Thomas Jefferson.
Qui sotto invece, Hanna Arendt.

Di Hanna Arendt si ricordano tante frasi famose, ma negli anni in cui insegnavo, io portavo sempre con me, incollato sul diario un suo pensiero: "L'insegnante, di fronte al fanciullo, è una specie di rappresentante di tutti i cittadini adulti della terra, e la indica loro in ogni particolare, dicendo: ecco il nostro mondo. L'insegnante è responsabile del mondo che mostra."

domenica 13 luglio 2008

ci manca la lena

Il nostro tempo noi seguiamo
al modo che Creusa Enea:
andiamo un poco, e ci manca la lena;
un passo ancora; e indietro rimaniamo.

Fëdor Tjutčev Poesie. Traduzione di Tommaso Landolfi

stacchetto musicale/tre/mysterious ways



Johnny take a walk
With your sister the moon
Let her pale light in
To fill up your room
You've been living underground
Eating from a can
You've been running away
From what you don't understand...
Look

She's slipping
You’re sliding down
She'll be there
When you
hit the ground

It's all right, it's all right, all right
She moves in mysterious ways
It's all right, it's all right, all right
She moves in mysterious ways
O-o-oh

Johnny take a dive
With your sister in the rain
Let her talk about the things
You can't explain
To touch is to heal
To hurt is to steal
If you want to kiss the sky
Better learn how to kneel
On your knees boy

She's the way - She turns the tide
She sees a man, inside the child
Yeah

It's all right, it's all right, all right
She moves in mysterious ways
It's all right, it's all right, all right
She moves in mysterious ways
Love
It's all right, it's all right, all right
Lift my days, light up my nights
Love

One day you will look... back
And you'll see... where
You were held... how
By this love... while
You could stand there
You could move on this moment
Follow this feeling

It's all right, it's all right, all right
She moves in mysterious ways
It's all right, it's all right, all right
She moves in mysterious ways
O-o-oh

Oh love
Oh love, lover
Move you
Spirit move
Baby love me
Move
Baby love me
Move you
Baby love me
Move with it
She moves with it

Lift my days, light up my nights


Mysterious ways - U2

venerdì 11 luglio 2008

stacchetto musicale/due/i Clash

musil, la storia e il vigile Elvis.

Attraverso un mercatino e colgo frammenti di conversazione. Ordinaria conversazione cittadina. Si impreca sugli zingari, ci si lamenta dei marocchini, si commenta positivamente la consegna di un'arma ai vigili, e soprattutto l'arrivo in città dell'esercito.
Per inciso: 300 soldati! Finirà a piovere, penso. Mi viene in mento un po' confusamente una frase di Musil, che al ritorno a casa cerco tra le mie carte.
Eccola:
"Il cammino della storia non è quello di una palla di biliardo, che segue una inflessibile legge causale; somiglia piuttosto a quello di una nuvola, a quello di chi va bighellonando per le strade, e qui è sviato da un'ombra, là da un gruppo di persone o dallo spettacolo di una piazza barocca, e infine giunge in un luogo che non conosceva e dove non desiderava andare.

Questi miei concittadini si sveglieranno e si troveranno in un luogo dove non desideravano andare? E ci avranno portata anche me?
Quella nuvola minaccia pioggia.

Altro inciso sull'arma ai vigili urbani.
Il vigile che mette un po' d'ordine al semaforo di via Marsala, davanti all'ingresso della stazione, scherzosamente mi fa: non posso mica permette che me va sotto una donna, poi io pe' chi canto? e si toglie il berretto e me lo mostra capovolto. Incastrato dentro c'è un volantino a colori intitolato "il vigile Elvis" che lo ritrae vestito alla Elvis Presley mentre imbraccia una chitarra. Che je canto, signò?
E, GIURO, attacca, a voce spiegata e fingendo di suonare una chitarra, il ritornello di Teddy bear! Poi tutto soddisfatto si rimette il berretto in testa e riprende a fischiare.
Mentre attraverso mi chiedo: daranno una pistola anche a lui?

giovedì 10 luglio 2008

preghiera laica per Eluana

Milano, 9 luglio (Adnkronos)
I giudici della Corte d'appello civile di Milano hanno autorizzato il padre di Eluana Englaro, la giovane donna che da 16 anni vive in stato vegetativo irreversibile, ad interrompere il trattamento di idratazione ed alimentazione forzato. Eluana si trova in coma permanente dal 18 gennaio del 1992, dopo un incidente stradale, e il padre, Beppino Englaro, dal 1999 chiede di potere sospendere i trattamenti alla figlia.

Con il provvedimento depositato oggi l'uomo, in qualità di tutore, puo' tecnicamente richiedere fin da subito ai responsabili del reparto dove è in cura la ragazza, di sospendere le cure 'nasogastriche'. Questo nonostante che, da un punto di vista giuridico, il decreto potrebbe, entro 60 giorni, essere soggetto ad un nuovo ricorso in Cassazione e la Procura Generale, come aveva fatto in passato, potrebbe impugnare la sentenza.

La decisione della corte, sessanta pagine in tutto, si basa soprattutto sul convincimento manifestato da Eluana prima dell'incidente, che avrebbe preferito morire piuttosto che vivere artificialmente, privata delle capacità percettive e di qualsiasi contatto con il mondo esterno. Da un punto di vista prettamente medico, infatti, un provvedimento già agli atti del caso formalizzava di fatto l'irreversibilità del processo 'morboso' a cui è soggetta la ragazza.

Per i giudici, inoltre, il fatto che la giovane fosse cattolica non implica che la stessa debba ancora soggiacere ad una inesorabile piena condivisione di tutte le regole, anche morali, della sua fede. Del resto Eluana, come ha spiegato il padre ''non è mai stata di fatto una cattolica praticante e, al di là della sua intima religiosità, è stata sempre critica verso qualunque richiesta istituzionale di adesione a pratiche o ideologie che fosse basata sul puro e semplice principio di autorità''.

Nel provvedimento la corte ricorda anche che la stessa Eluana, quando un suo amico entrò in coma, si recò in una chiesa e accese un cero ''ma per chiedere come grazia non che il suo amico, in coma a causa di un incidente stradale, potesse continuare a vivere, ma che invece potesse morire''

Io prego ogni e qualsiasi ragionevolezza umana ed ogni e qualsiasi umana pietà perché raggiunga la Procura Generale e la induca a rinunciare ad un ulteriore ricorso.

mercoledì 9 luglio 2008

aliena, sob!

-Nonna, mi racconti una storia?
-Come la vuoi?
-Senza paura.

Non esistono storie senza paura. Avrei potuto rispondere così.
Invece gli ho offerto una storia con personaggi di strabiliante comicità, abbigliati con casseruole e cespugli, intenti a scavare buchi sotto i piedi di altri personaggi vestiti di carta argentata e fettine di carne.
Quando la storia è finita e l’innocente se ne è andato, riflettevo tra me e me.
Una storia senza paura: ce ne saranno?
L’abbiamo mai vissuta?
La verità è forse –ho paura ad essere definitiva- è forse, che abbiamo sempre paura.
Forse la paura è la nostra più frequente condizione.
Quando siamo felici, raggianti, spavaldi, in fondo al nostro minuscolo cuore un granellino di polvere rotola trascinato dal vento dell’ansia. S’infilerà nell’ingranaggio perfetto di questa giornata?
Ce la sottrarrà?
Dovremo ricrederci?
Il crinale scosceso e un po’ smottante su cui viaggiamo metterebbe paura anche ad un alieno. Una di quelle creaturine sempre dipinte di verde dalla fantasia dei loro ideatori. L’alieno è verde-alieno, questa è una certezza. E un po’ dispiace che un così bel colore venga usato per dipingere la massima distanza creaturale da noi.
Ma così è. Dobbiamo rassegnarci.
Sugli alieni ho qualche cosa da dire.
Innanzitutto perché, nella vulgata familiare, vengo spessissimo assimilata loro.
Dunque gli alieni sono un po’ i miei simili, i miei fratelli, forse la mia vera comunità.
Poche sere fa: Tu non sei di questo mondo. Mi dispiace. E questo mondo non è per te.
Sono ospite? –ho chiesto- Non gradito?
Ma, gradito o no, c’è, o sembra esserci, un qualche intoppo nel mio software –l’hardware è a posto invece- per cui il mondo ed io dialoghiamo male.
Quando, raramente, mi ribello a questa lettura della mia essenza, mio marito mi porta a testimone le ustioni che mi costellano l’anima. Mi lascio convincere.
Chino il capo, rassegnata.
Aliena, dunque.
Ma gli alieni non mi piacciono, santa pazienza! Capisco perfettamente, o almeno credo, quale bisogno spinga i credenti negli alieni ad immaginarli, a ricercarli, a vederli, ad avvistarli ora qui, ora lì...
Ma io non ho questo bisogno di fuga. La mia solitudine è molto umana. Non cosmica, né interplanetaria.
Gli alieni non mi interessano.
Ho abbastanza materia di riflessione nel cortile di questo universo che abito, forse abusivamente.
E poi, come a tutte le brune, il verde non mi dona!

martedì 8 luglio 2008

premio Strega 2008















Ho letto da tempo i cinque libri che hanno costituito la cinquina finale del Premio Strega. E nella mia mente ho stilato la mia graduatoria. Rispecchia, tranne per un piccolo particolare, l'effettivo risultato della votazione. Comunque gli ultimi due classificati, benché piacevoli, non li avrei neanche inseriti nella cinquina.
Il Premio è andato a Paolo Giordano per La solitudine dei numeri primi con 163 voti.
Dopo di lui ha ricevuto 118 voti Ermanno Rea per Napoli Ferrovia
quindi Cristina Comencini con L'illusione del bene e 43 voti
poi Diego De Silva con Non avevo capito niente e 22 voti
e infine Lidia Ravera con Le seduzioni dell'inverno, e 20 voti

Il piccolo particolare è proprio l'assegnazione del Premio Strega, che avrei assegnato ad Ermanno Rea.
Il libro di Giordano, La solitudine dei numeri primi , come testimonia il mio post, mi è piaciuto moltissimo e sono molto contenta che questo giovane scrittore abbia trovato un così importante riconoscimento. Ma mi sarebbe piaciuto poter premiare Ermanno Rea sia per il suo libro, che è semplicemente bellissimo, che per tutta la sua attività. Ermanno Rea ha ottanta anni ed è approdato alla letteratura dopo i sessanta. I suoi libri hanno una musica personalissima, un ritmo inconfondibile. Non parlo del ritmo degli avvenimenti, ma proprio di quello interno alla scrittura, senza il quale uno scrittore non è uno scrittore. Ha una scrittura esatta anche quando si fa lirica e visionaria ed una fedeltà alla realtà -politica, sociale, storica- che in questo tempo evasivo e superficiale è preziosissima. Inoltre il suo libro è una così appassionata dichiarazione d'amore e di odio per la sua città, Napoli, che richiama tutti, o dovrebbe richiamare tutti, anche i sordi ed i ciechi, al dovere della cittadinanza.

Ermanno Rea sfiorò il Premio Strega anche lo scorso anno. Io spero che sfidi baldanzosamente anche la prossima giuria.

P.S. L'ordine delle foto è inverso al risultato della votazione. Mi scuso ma non ho il tempo di riordinarle.

lunedì 7 luglio 2008

buona estate

Grazie a tutti gli amici che in partenza per le loro vacanze mi hanno lasciato un pensiero ed un saluto. Vi auguro una bella estate.
a presto, su questi monitor
marina

rinfrescarsi i pensieri

da: Vivian Lamarque: Poesie - Mondadori 2002

La signora della primavera

Nel buio cavernoso inverno, volentieri quella signora si raggo-
mitolava.
Ma quando scoccava la primavera, dal gomitolo invernale di
colpo si srotolava, usciva al cielo e all'aria, insieme alle lenzuo-
la allegra si stendeva.



La signora d'acciaio

Era come un roseo fiorellino, ma d'acciaio.
Come d'acciaio?
D'acciaio temperato. Quello che, ardente, viene gettato nell'ac-
qua perché acquisti durezza.
Aveva davvero acquistato durezza quel fiorellino quando l'ave-
vano gettato?
Sì.

(gli "a capo" sono quelli dell'autore)


Garzantina

Sono una poetina media
normale
da due righe e mezzo
sulla garzantina universale.


Vù cumprà

Agosto ce ne andiamo
vi lasciamo Milano
vigilate voi, noi assenti
sulle nostre case eleganti
sui bei ladri distinti
sui governanti
noi ce ne andiamo, vi lasciamo
i nostri cani adorati
affamati assetati
ce ne andiamo, vigilate voi
sulla statuina che è d'oro
che non se la portino via
vi lasciamo per compagnia
i nostri cani adorati
affamati assetati
e poi piccioni e piccioni
e sotto i piccioni
statue dai grandi nomi
statue rinomate
ma voi come vi chiamate?
Vi abbiamo tolto anche i nomi
nelle nostre città
vigilate voi, voi Persone
che chiamano Vù Cumprà.

domenica 6 luglio 2008

pasodoble

Ho appena terminato di leggere il bel libro di Javier Cercas "Soldati di Salamina", che ricostruisce un episodio della Guerra Civile di Spagna.
Uno dei protagonisti del libro è un famosissimo pasodoble composto da Antonio Alvaro Alonso nel 1902.
Lo vediamo ballare due volte. La prima volta da un soldato della legittima repubblica di Spagna che si prepara a riparare in Francia sotto l'incalzare dell'esercito falangista di Franco. La seconda volta non posso dirvelo perché vi sciupo la linea tesa dell'inchiesta storica e romanzesca insieme.

Questo è il testo, e più sotto potete ascoltare una delle infinite versioni.

Quiso Dios, con su poder
fundir cuatro rayitos de sol
y hacer con ellos una mujer.
Y al cumplir su voluntad
en un jardín de España nací
como la flor en el rosal.
Tierra gloriosa de mi querer
tierra bendita de perfume y pasión
España en toda flor a tus pies
suspira un corazón.
Ay de mi pena mortal
porqué me alejo España de ti
porqué me arrancan de mi rosal.
Quiero yo volver a ser
la luz de aquel rayito de sol
hecho mujer por voluntad de Dios.
Ay, madre mía ay, quién pudiera ser luz del día
y al rayar la amanecida sobre España renacer.
Mis pensamientos han revestido
el firmamento de besos míos
y sobre España como gotas de rocío [ los ] dejo caer.
En mi corazón España te miro
y el eco llevará de mi canción a España en un suspiro.

Dio volle, con i suoi poteri,
fondere quattro piccoli raggi di sole
e con essi fece una donna,
e nel compiersi la sua volontà
in un giardino di Spagna son nata
come rosa in un roseto.
Terra gloriosa del mio cuore,
terra benendetta di profumi e di passione,
Spagna, in ogni fiore ai tuoi piedi
un cuore sospira.
Ahimé quanto dolore,
allontanandomi, Spagna, da te,
perché mi strappano dal mio roseto.
(Traduzione di Pino Cacucci)

sabato 5 luglio 2008

segnalazione/pausa/Evans

Ho bisogno di uno stacchetto. Magari musicale.
Ci risentiamo, direi, lunedì.

Bill Evans My Romance



venerdì 4 luglio 2008

segnalazione/ombra su ombra

Non so voi, ma, pur non pubblicando niente sul blog, io continuo a fare la mia raccolta di dati relativi al Ministero per le Pari opportunità, e a seguire l'ombra dell'Ombra di Mara Carfagna, cioè Vittoria Franco. Sconosciuta ai più non solo perché la sua avvenenza è messa in ombra dalla ministra di cui deve fare l'ombra, ma anche perché non batte un colpo. Tace. Elegantemente, ma tace.
Per inciso vorrei anche dire che se mai dovessi pubblicare una foto della Ministra Carfagna, ne metterei una in cui è vestita. Tanto è bellissima lo stesso ed evitiamo di dileggiare una donna in più.
A dire il vero delle nudità della Ministra non mi importa niente. Per quanto mi riguarda può spogliarsi quanto e come vuole e fare del suo corpo quello che crede. Mi interessa la sua attività politica e non quella sessuale. Se poi per diventare Ministra ha dovuto sottostare ad abbracci sgradevoli con il capo del governo, la poveretta ha tutta la mia compassione e penso che la sua scarsa dignità sia stata già pagata abbastanza. Mi indispettisce però non trovare sulla stampa abbastanza indignazione per tutti quei ministri che hanno praticato, per ottenere un ministero o un sottosegretariato, atti altrettanto sconci anche se sessuali solo metaforicamente. Ma forse è solo la vecchia femminista, ormai fuori moda, che si risente in me. Sicché posso affermare che penso molto male della Ministra Carfagna. Non certo perché ha esibito, esibisce o esibirà il suo corpo come fosse un depliant, ma perché non studia abbastanza e ancora non ha capito il significato dell'espressione Pari opportunità. Oppure lo ha capito benissimo e vuole piegarlo alla ideologia del suo padrone.

Per tornare al blog Ombra su ombra, ringrazio gli amici che lo tengono in vita, postandovi di tanto in tanto.
A metà settembre scadrà il primo trimestre e pubblicherò la mia relazione. In quella circostanza raccoglierò anche le mie idee circa questo progetto e vedrò se portarlo avanti o abbandonarlo. Parlo solo per me, naturalmente.
Intanto Amalteo mi ha segnalato che si ritira. Preferisce tenersi lontano da blog di contenuto esplicitamente politico.
Lo ringrazio per avermi avvertita.

quando potrò

Ho paura del telefono. Ho paura del citofono. Ho paura della cassetta della posta.
Ho paura del campanello di casa e ho paura delle mail con la scritta Notify the sender: che farà the sender, mi si materializzerà davanti?

Quando sto fuori non ho paura. Sono sorridente e cordiale. Mi fermo a parlare, ascolto. Sono curiosa. I bipedi non mi spaventano.
Ma lo spazio è diviso in due.
C’è il fuori e c’è il dentro.
E quando sono nel dentro qualunque approccio nei miei confronti diventa minaccioso.
Il fuori non rappresenta una minaccia perché sono io a decidere quando cambiare spazio, quando uscire dal mio dentro per entrare nel fuori.
L’incontro lo decido io.
Sono libera.

Non venitemi a cercare.

Ma noi ti vogliamo bene! Mi è capitato di sentirmi dire.
Allora aspettatemi.
Verrò quando potrò.

Che pretesa, vero?
Questo, sono io a dirlo.
Ma in questi ultimi diciassette anni di “forasticheria” non ho perso nessuno a causa di questo mio costume.
Mio marito, che ha un’alta considerazione di me, lo sottolinea come prova dell’affetto e della stima che posso suscitare.
Io mi dondolo talvolta nella sua analisi.
Più spesso penso che sono solo persone molto buone e molto indulgenti.
Allora il senso di colpa mi si mangia viva.

Ma la paura è più forte.

giovedì 3 luglio 2008

segnalazione/un libro parla di sé


La nostra Maria Cristina presenta il suo libro Mio padre mi chiamava luna in due diversi appuntamenti.

MARTEDI 8 LUGLIO alle ore 21, presso il festival dell'Unità di Roma, a Caracalla.
La presentazione, che si terrà presso lo spazio della Libreria Rinascita, vedrà la partecipazione di Stefano Clerici, Carol Beebe Tarantelli e dell'editore Fabio Croce.

DOMENICA 13 LUGLIO alle ore 21, ai giardini di Castel S. Angelo, presso la manifestazione LETTURE D'ESTATE.
Interverranno la scrittrice Anna Manna e Carol Beebe Tarantelli.

Non facciamole mancare il nostro sostegno.

bentornata, Ingrid!



Sono tanto felice per Ingrid e per i suoi figli.

vaneggiamenti/due/ancora entropia

Vi ho spiegato l'entropia. O meglio, un aspetto dell’entropia.
Infatti intorno all’entropia hanno arzigogolato in molti, applicando il concetto a questo, a quello e anche a quell’altro. Così Ludwig Boltzmann dimostrò che la “seconda legge” è una legge statistica e la riformulò in termini di probabilità.
In questa forma la legge dice che “un sistema chiuso cambia sempre da uno stato più ordinato ad uno meno ordinato.” Questo perché lo stato meno ordinato ha più probabilità di prodursi.
Può sembrare astruso ma non lo è.
Immaginate una stanza. Con tutti i suoi mobili e suppellettili ed oggetti vari. Come la vedete nella vostra mente? Ordinata? Sì, anche la mia lo è. Ma adesso abbandoniamola al suo destino, pur continuando a ficcarci dentro tutto quello che ci capita. Mi sembra intuitivo che è molto più probabile che il risultato, dopo soli pochi giorni, sia un gran caos e non il perfetto ordine. Questo è intuitivo solo per me. Per mio marito infatti, che pure è uno scienziato, l’ordine ha più probabilità di verificarsi del disordine. E’ convinto cioè che, posando a caso, sciarpe, cappotti, guanti, cappelli, fasci di carte, pacchetti di sigarette, libri, giornali, camicie e maglioni, questi si dispongano ordinatamente nello spazio, ogni cosa al suo posto.
Ignora cioè questa formulazione, che pure data 1870, della seconda legge: una stanza ordinata lasciata a se stessa può solo diventare disordinata. Una stanza disordinata non si riordinerà. (Non da sola comunque. Occorre della forza-lavoro e una grande, grande pazienza).

Intanto gli studiosi della teoria dell’informazione (C.E.Shannon, E.T. Jaynes ed altri) si gettarono famelici sulla seconda legge e svilupparono ancora il concetto di entropia. Dimostrarono, inoppugnabilmente, che il contenuto di informazioni di un sistema chiuso può rimanere costante o decrescere, ma mai aumentare.
Se chiudiamo due individui, senza giornali, Internet, tv, telefoni e citofoni, in un confortevole appartamento, essi potranno riuscire a mantenere intatto il loro patrimonio informativo, ma non potranno accrescerlo. Quando si saranno scambiati tutte le loro conoscenze ed informazioni, raggiungeranno uno stadio in cui, “l’energia informativa” potrà solo decrescere, cioè, rincoglionendosi, potranno solo dimenticare.
“Un sistema chiuso può solo dimenticare le informazioni, ma non ne può creare”.

Farò un breve riepilogo di quanto appreso fin qui:
abbiamo incontrato tre diversi modi di misurare il cambiamento a senso unico di un sistema fisico chiuso governato dalla seconda legge della termodinamica:
-A In funzione del suo contenuto di entropia (energia non disponibile) che può solo crescere.
-B In funzione della probabilità del suo stato che può solo passare da uno meno probabile ad uno più probabile
-C In funzione del suo contenuto di informazione che può solo diminuire.

Mi fermo qui. Per pietà umana e per stanchezza insieme. Ma ci tornerò.
Quando mi metto una cosa in testa “la porto fino alla stazione”, come diceva Ettore Petrolini.


Ma il seguito verrà un’altra volta. Sento di avere in me un istinto alla Carolina Invernizio, una tendenza cioè a creare storie romantiche e a sospenderle sul più bello. L’entropia non è romantica?!?!? Scherzate, spero!

mercoledì 2 luglio 2008

sotto i portici


Arriva verso le dieci del mattino. Avanza dondolando un po', impacciata dalle grosse cosce. Ha un corpo senza forma, in un vestito grigio a disegni minuti; ha la pelle e gli occhi molto chiari; la bocca è grande e ben disegnata. I capelli grigi, quasi bianchi, sono raccolti sul sommo della testa dove formano una specie di cuscino morbido. Li portava così Elena di Savoia. L’antica bellezza del viso è affogata dentro il grasso ma l’espressione è quella tipica delle donne belle, sicure di sé, sfrontate. L’accompagna un giovane nordafricano, che le porta un tavolinetto di legno e due sedie pieghevoli da regista e prima di andarsene le bacia la mano. Lei si siede sotto i portici di piazza Vittorio, lato sud e sul tavolo appoggia un cartello; "lettura della mano 5 euro" c’è scritto e sopra c’è disegnata una grande mano percorsa da linee che si intersecano. Seduta sulle sua seggioletta aspetta le sue clienti e si guarda intorno pigramente.

Poco distante, quasi di faccia a lei, su una sedietta analoga, ad un tavolinetto analogo, siede la cartomante. Il suo cartello dice "fatevi fare le carte per capire il passato e prevedere il futuro". La tariffa non è indicata.
Ogni tanto si lanciano qualche frase: commentano il passeggio, si scambiano informazioni sulla loro salute; non c'è rivalità tra le due professioniste della divinazione: si rivolgono a divinità diverse, offrono competenze diverse.
La cartomante è piccola, il collo affondato tra le spalle strette; ha una faccia spenta, rinsecchita, uno sguardo stanco ogni tanto rivitalizzato da una luce rancorosa.
La chiromante e la cartomante siedono placidamente a fare il loro onesto mestiere; interrompono per un caffè e un panino al bar lì accanto e si portano sul tavolinetto una bottiglia d’acqua. Quando passo su quel tratto di portici ogni volta provo desiderio e curiosità.
Mi chiedo che cosa si provi a condurre così la propria giornata, sotto gli sguardi di tutti, ad offrire la propria mercanzia agli sguardi indelicati dei passanti; come si faccia a restare indifferenti ai sorrisi di compatimento, agli sguardi incuriositi, alle scrollate di capo.
Ma provo anche il desiderio di sedermi nella sedietta del cliente e di affidare la mia mano a quella grassoccia della chiromante e di abbandonarle insieme le mie paure, le speranze, le domande.
Se non lo faccio è perché non ho abbastanza energia per fingere di crederle e se accetto di essere ingannata non potrei accettare di ingannare.
La cartomante mi attira meno: mancherebbe il contatto fisico e invece è soprattutto quello ad invogliarmi, sottoporre la mia mano al tocco di una estranea che sicuramente ha imparato negli anni ad essere delicata e rassicurante. Sono sicura che possiede un tocco speciale.
Un po' come quando vado dal parrucchiere: il vero piacere della seduta non risiede nell’esito -l' ordine ed una nuova estetica per i miei capelli- ma nell’abbandonare la testa alle mani leggere di un estraneo che massaggiano sapientemente il cuoio capelluto e insieme sciacquano via pensieri e crucci. Lavacro totale per quindici euro.
Qualche volta sospetto che il desiderio di abbandonare pezzi del proprio corpo alle cure altrui nasconda il desiderio di abdicare al controllo, di abbandonare se stessi tout court.
Chissà, forse la chiromante lo sa; o, in ogni caso può chiedere un consulto alla cartomante...

martedì 1 luglio 2008

buon giorno

Sta a noi scegliere, davanti a un nuovo giorno. Possiamo camminargli accanto o entrarci, risolutamente, dentro. Esiste anche una terza modalità,  che consiste nell'indietreggiare spaventati. Ma di questo non voglio più parlare. Entrarci dentro, significa, semplicemente, lasciarci toccare da tutto quello che vive intorno a noi. Essere pronti a rispondere con la tenerezza o la rabbia, l'allegria o il pianto, l'arroganza o lo spavento alle sollecitazioni che il nuovo giorno ci presenterà. Senza difese. Senza riserve. Senza ma.
Arriverà un nembo di dolore? D'accordo, me ne farò carico.
Sarà d'uopo piangere? Va bene, piangerò.
Con qualche piccolo trucco linguistico, tutto si affronta. Se invece di dirsi "dovrò piangere", ci si dice "sarà d'uopo piangere", ecco lì che le lacrime saranno meno amare, addirittura un sorriso le accompagnerà.
Quello che va accuratamente evitato, secondo me, è di considerare un giorno nuovo come una nuova sfida. Le sfide, respingerle tutte!
Qui non si dimostra niente a nessuno! Ecco, me lo voglio scrivere sulla fronte.
O anche: sono l'unico essere intitolato a chiedermi conto di qualche cosa. Gli altri: si impicchino.
Scritto questo, mi infilo, senza riserve, in questa nuova giornata.
E buon attraversamento a tutti.