lunedì 19 maggio 2008

Storia della felicità/otto/ nell’epoca degli illuminismi si parla con voci diverse

De Sade (1740-1814)
“Rinuncia all’idea di un altro mondo; non c’è. Ma non rinunciare al piacere di essere felice e di procurarti la felicità in questo.”
“Nessuna voce, se non quella delle passioni, può condurvi alla felicità."


Jean Francois de Beauvoir marchese di Chastelloux (1734-1788)
“Qualsiasi autorità che non sia esercitata per la felicità di tutti può essere solo fondata sull’impostura e sulla forza”.




Jeremy Bentham (1748-1832) (commento alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino che prevede il diritto alla felicità ): “Semplici stupidaggini, stupidaggini retoriche, stupidaggini sui trampoli”.
Questa espressione "STUPIDAGGINI SUI TRAMPOLI" è SEMPLICEMENTE MERAVIGLIOSA.



Giacomo Girolamo Casanova (1725-1798)
“Coloro che affermano che la vita è solo una combinazione di disgrazie intendono che la vita stessa è una disgrazia. Essendo una disgrazia la morte è dunque una felicità. Tali persone non scrivono in buona salute, con la borsa piena di denaro e l’anima soddisfatta per aver tenuto tra le braccia le Cecilie e le Marine, sicuri che ve ne saranno altre in futuro. Questi uomini appartengono a una razza di pessimisti...che può essere esistita solo tra filosofi spelacchiati e teologi farabutti o atrobiliari.Se il piacere esiste e possiamo goderlo nella vita, allora la vita è la felicità. Ci sono delle disgrazie, naturalmente, e io sono il primo a saperlo. Ma l’esistenza stessa di queste disgrazie dimostra che la somma totale della felicità è maggiore.”



Jean Jaques Rousseau (1712-1778) “Si deve essere felici. Questo è lo scopo di ogni essere senziente; questo è il primo desiderio che la natura ha impresso su di noi, l’unico che non ci abbandona mai.”
“La felicità non è il piacere.”
“La felicità è una condizione duratura che non sembra essere fatta per l’uomo in questo mondo. Tutto, qui sulla terra, è preda di un flusso continuo che non permette a nulla di assumere una forma costante. Tutte le cose cambiano intorno a noi, noi stessi cambiamo e nessuno può essere sicuro di amare domani ciò che ama oggi. Tutti i nostri progetti di felicità in questa vita sono perciò vacui sogni.”

Jean Jaques Rousseau merita qualche riga in più, per almeno due ragioni.
1-Egli muove una critica al progresso che si rivelerà anticipatrice delle riflessioni del Novecento.
Rousseau sostiene che la civiltà moderna (la modernità della sua epoca!) è una civiltà innaturale, che separa l’uomo dai suoi desideri e bisogni più naturali.
La capacità dell’uomo di “autoperfezionarsi” provoca una inquietudine continua, nuovi desideri e nuove insoddisfazioni.

“Il progresso delle scienze e delle arti non ha aggiunto niente alla nostra genuina felicità.”

“Quanto più l’uomo è rimasto vicino alla sua condizione naturale, tanto minore è la differenza tra le sue facoltà e i suoi desideri, e di conseguenza tanto meno si è allontanato dall’essere felice.”

2-Per Rousseau è l’associazione politica che può aiutare l’uomo a ricostituirsi una felicità dopo aver perso quella primitiva, naturale.
A questo serve il Contratto sociale. A forgiare un uomo nuovo senza egoismo e amour propre, sostituendo “un’uguaglianza morale e giuridica a qualsiasi disuguaglianza fisica la natura possa aver imposto agli uomini.”
La ”volontà generale” sarà virtuosa e farà gli uomini felici.
Il povero Rousseau è stato abbastanza strapazzato come responsabile di tutti gli esperimenti di ingegneria sociale condotti dopo di lui e di tutte le loro tragiche conseguenze. Non sono una rousseauologa, ma ricordo bene che egli ha anche scritto:

“NESSUN GOVERNO PUO COSTRINGERE I CITTADINI A VIVERE FELICI; IL MIGLIORE E’ QUELLO CHE LI PONE NELLA CONDIZIONE DI ESSERE FELICI SE SONO RAGIONEVOLI.”
da Scritti politici UTET Torino 1970

Io lo mando assolto.

2 commenti:

  1. Io l'assolverei, fosse solo per le tre parole a conclusione di questo pensiero:" Se sono ragionevoli" credo che possa bastare.

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  2. Molto interessanti questi tuoi percorsi... Giulia

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