mercoledì 14 maggio 2008

Gabriel Fauré, amato crudele





In un computer comprato d'occasione ho trovato un inaspettato patrimonio di musica che sto pian piano esplorando.
Poco fa sono capitata su questo pezzo di Gabriel Fauré e la cosa non può passare sotto silenzio. E' un brano del requiem che Fauré non scrisse in memoria di un defunto, come è tradizione, ma così, per suo piacere. Il brano non lo conoscevo, ma Gabriel Fauré è un vecchio amore che non si lascia dimenticare.

Gabriel Fauré, seduzione e frustrazione per me. Tra le sue composizioni c'è La Bonne Chanson, una raccolta di melodie composte sulle poesie di Verlaine.
Sono seducenti ed ingannevoli. Almeno per me. Quando Nicoletta, la mia maestra di canto, mi propose di studiarne alcune, l'idea di cantare poesie di Verlaine mi emozionò. Questo binomio, poesia e musica, era assolutamente affascinante. Mi ci tuffai con tutto l'entusiasmo e la dedizione. Ma scoprii qualche cosa sulla musica del primo Novecento che ignoravo totalmente. Quanto più sembra facile da cantare tanto più è difficile. Noterete che nell'angolo sinistro dello spartito qui riprodotto, appare un piccolo pentagramma, sul quale sono indicate le note -la più bassa e la più alta- tra cui la melodia si svolge. Le secret è compreso tra il fa basso e il sol. Nulla di impegnativo per un soprano. Dunque quale era il problema?
Il problema era, per me, nell'andamento della composizione, pensato come un corpo musicale unicum. Una specie di legatura mentale e fisica teneva insieme tutte quelle note. Il risultato doveva essere quello di un arco teso -così diceva la mia maestra- fino alla fine del pezzo.
Solo allora la corda poteva cedere e rilassarsi. Non era mica una questione di fiato, ma di surplace, da una nota si doveva entrare nell'altra come se fossero la stessa. Ma la stessa non erano! Insomma, io, bestia, spezzavo quell'arco in tensione, non riuscivo a tenerlo sempre teso e sempre con la stessa tensione. Perché il problema non era solo quello di non lasciar affievolire la tensione dell'arco -della voce- ma insieme quello di non accentuarla. Questo comportava una specie di distribuzione preventiva sul brano della propria emissione di voce, indifferente alle prese d'aria, che non dovevano alterare la tensione, ma scomparire, invece, in essa. Esserne assorbite. Così diceva Nicoletta. E io provavo e provavo e riprovavo. Ma sempre la mia voce tendeva a rinforzare su un piccolo scoglio o a rilassarsi su un passaggio di nota più facile. E si perdeva la sensazione squisita che Nicoletta perfettamente rendeva- di un unico arco di luce e di voce che si dispiegava senza una sbavatura dall'inizio alla fine, con la stessa esatta tensione e ricadeva solo all'ultima nota, "come l'arcobaleno cade all'orizzonte".
Nicoletta parlava del canto e della voce, con termini che all'inizio mi sembravano esoterici, ma di cui poi avevo imparato a comprendere il senso e l'esattezza. Comunque, anche pensando intensamente ad un arcobaleno -teso sull'orizzonte, che nasce dalla terra, progressivamente avanza senza strappi verso il suo apice e poi ridiscende nella terra- il mio filo si spezzava, qui e là cedeva, più avanti tendeva a tirare, a tendersi troppo. La mia voce non riusciva a salire sulle note come lungo quell'arcobaleno, per ridiscenderne arrivata all'ultima. Quei due brani li ho studiati per mesi! Li conosco a memoria, nota per nota, potrei scriverli sul pentagramma ad occhi chiusi. E sotto-scriverci ognuna delle sillabe che posano su ognuna di quelle note. Eppure, eppure...quei due brani non li so cantare. E' inutile girarci attorno. Li canto, certo, senza sbagli; so dove respirare e lì respiro; so dove lasciare il piano e crescere verso il forte, per poi tornare al piano, ma l'effetto unico-respiro-di-musica, l'effetto-onda, l'effetto-arcobaleno, no, quello non lo so rendere. Ogni volta Gabriel Fauré mi sconfigge e più io lo amo e più lui mi infligge mortificazioni crudeli e più io tento di sentire Verlaine come lui lo ha sentito e più lui mi respinge nel mio piccolo oscuro angolo di dilettante.
Ah, Gabriel, credevo di averti dimenticato! E tu oggi ti sei presentato a riscuotere il tuo credito di amore e di afflizione!

2 commenti:

  1. Spero che tu non vorrai cantarmelo mai 'sto Faurè. Esercitati su Vasco, dai :-)

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  2. io adoro Fauré
    grazie di averlo fatto conoscere anche agli appassionati di Vasco, ma mettere Vasco con Fauré è un crimine !!!!!!!!
    ciao erica

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