mercoledì 16 aprile 2008

Storia della felicità/sette/il secolo XVIII

Quale giorno migliore di questo per pensare alla felicità?


Voltaire, quando ancora sorrideva.



Se sul finire del XVII secolo Locke e Hobbes hanno chiamato, il secolo dei Lumi risponde. Lo percorre infatti, in lungo e in largo, l’aspirazione alla felicità terrena.
È un abate (Pestré) a pronunciare la parola scandalosa: diritto alla felicità. Lo farà compilando appunto la voce "Felicità" dell'Enciclopedia di Denis Diderot.
Ma come attuare questo diritto? Nessuno scrittorte del secolo si sottrarrà a questa domanda e sul tavolo della produzione letteraria si rovesciano opere ed opere di ogni natura e consistenza, trattati, saggi, epistole, discorsi, tutte alla caccia della felicità.

Naturalmente una impennata di così grande favore e fiducia nella possibilità della felicità terrena ha origini diverse. Non solo le precedenti riflessioni di Locke e Hobbes, ma cause molto materiali: l’ascesa degli stati-nazione capaci di mantenere ordine e sicurezza nella società; i progressi nella produttività agricola; l’ espansione del commercio; il tasso di mortalità decrescente, (migliore alimentazione degli animali, maggior consumo di carne, più proteine); la coltivazione di nuove terre e la diffusione di nuove colture(mais, patata, caffè brasiliano, zucchero delle Indie Occidentali, tabacco della Virginia).
L’aspirazione alla felicità può farsi sentire perché le energie di uomini e donne non sono più tutte concentrate nello sforzo di mantenersi vivi.
Diminuiscono carestie ed epidemie, e se nel XVII secolo un terzo della popolazione europea aveva trovato la morte per fame, guerra, malattie, i tre fantasmi cominciano ad impallidire. Solo nell’ultimo decennio del secolo i conti, inevitabilmente, si riequilibreranno.

L’illuminismo (o gli illuminismi) dal canto suo gioca un ruolo importante.
Appoggiandosi alla scienza fisica di Newton e a quella della natura umana di Locke, gli illuministi diffondono l’immagine di un universo armonioso, governato da leggi comprensibili.
Al centro di questo mondo troneggiano gli esseri umani, privi di peccato originale, capaci con le loro forze e la loro libera ricerca di migliorare la propria condizione terrena.
La felicità che si persegue non è più solo individuale, è ad intere società e addirittura all’umanità tutta che gli illuministi vogliono recare felicità.
Questo quadro "felice", non inganniamoci, è relativo: tra il dire e il fare...ci sono i privilegi, le classi, lo sfruttamento, le ineguaglianze.
Gli squilibri violenti porteranno alla grande fiammata della Rivoluzione Francese.

Una grossa scossa alla fiducia del secolo nella possibilità di una vita felice sarà quella tremenda che distrugge Lisbona nel 1755. Terremoto, seguito da tsunami, da incendi, da epidemie.
E Voltaire rimette tutto in discussione.
Ma se il terremoto di Lisbona sconvolge così a fondo la fiducia di Voltaire è perché la sensazione che la vita potesse essere buona aveva ormai conquistato ampi territori culturali. Il grande illuminista riesaminò le sue affermazioni circa la naturale armonia dell’universo e compì un giro di 180 gradi. Al termine scrisse il suo capolavoro, Candide, in cui sarcasticamente deride la sua stessa pretesa che questo sia il migliore dei mondi possibili.
Ma, una volta seminata, l’illusione della felicità non poteva più essere strappata agli umani. Almeno non a quegli umani infiammabili e determinati che sono i Francesi.
Aux armes citoyennes....


Jean-Pierre Houel- Prise de la Bastille.

2 commenti:

  1. Una boccata di Illuminismo ci voleva. Non sarebbe male ripartire da li'.

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  2. Illuminismo... un post davvero sempre bello. Ma oggi di luce ne vedo poca. Giulia

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