venerdì 18 aprile 2008

registrare la vita

Dall’ osservazione personale e dai racconti di amici apprendo che è ormai invalso l’uso di portare sempre con sé -in tasca, se si tratta di uomini, o in borsa, se si tratta di donne- una fotocamera, quando non addirittura una telecamera, digitale. Sempre.
Non parlo di persone che, sia pure amatorialmente, come attività seconda creano video o fanno foto, ma di persone come me. Anche se non redattrici di un blog.
Naturalmente non ho niente in contrario, però questo mi sollecita qualche riflessione. Mi chiedo cioè quale sia lo scopo di questa forma di archiviazione minuta della propria vita.
Quale bisogno spinge queste persone?
Avanzo un’ ipotesi. Il desiderio di non farsi sfuggire momenti, frazioni, piccole particelle di esperienza. Di non perdere un’emozione, una sensazione, una -è il caso di dirlo- impressione. Di documentare che si è vivi. E di sottrarre al tempo e quindi alla dimenticanza, quei loro momenti di vita.
La mia idea in proposito è improntata a scetticismo. Dubito che la via per conservare emozioni o sentimenti sia questa.
Ma preliminarmente ritengo che solo il presente sia vita. Pienezza di vita. Non significa affatto che io non ami il passato. Vi torno spesso, con il pensiero e con il cuore. Addirittura portata dal corpo. Quanto al futuro non sono ancora entrata –deo gratias- in quella fase della vita in cui si smette di pensarne uno per sé.
Ma è il presente a contenere per me la vita. Non sono abbastanza sognatrice per assaporare il futuro né sufficientemente nostalgica per rigustare il passato.
Inoltre dubito anche che una foto o un video possano davvero farci rivivere emozioni passate e riportare alla nostra coscienza attimi di vita lontani.
Le madeleines non erano in foto. O Proust non ne avrebbe parlato e noi non continueremmo a citarle all’infinito. Sono gli odori, i sapori, anche i panorami, certo -ma presenti, e noi presenti in loro- ad avere, secondo me il potere di risuscitare il passato. Insomma il passato per me è molto sensuale, “corporeo”, nel bene e nel male, naturalmente. Io ho un sasso, anzi un minuscolo frammento calcareo, capace, al solo toccarlo, di spostarmi indietro di una quarantina di anni. Ed ho una pietra, una liscissima, piatta, celestissima pietra, che di anni me ne toglie almeno venti. Il tatto ha questo potere. E bastano le prime note del Primo Concerto per tromba di Haendel che vengo letteralmente riassorbita in un’altra dimensione temporale. Per non parlare del potere che hanno il profumo del tiglio e quello della ginestra di ritrasformarmi in una marina ormai lontana nel tempo.
Al potere delle immagini però non credo.
Io penso che chi non ha conservato in sé tracce profonde di attimi significativi della propria vita, non li vedrà risorgere di fronte ad una foto e neanche guardando un video.
Entrambi possono aiutare, ma solo a patto di aver immagazzinato in un profondo, immateriale, intimo serbatoio quelle particelle di vita che hanno avuto per noi un significato sensibile.
Se di questo non siamo capaci, se questo piccolo, molecolare fenomeno non avviene spontaneamente in noi, è perfettamente inutile girare per la città con le nostre fotocamere, riprendere l’aria in fermento della cena tra amici, la risata di una ragazza per strada, o il pianto di un bambino fuori di un asilo, l’inclinazione del sole al tramonto e la mano abbandonata di un vecchio.
E qui avanzo una seconda ipotesi. Cioè che la spettacolarizzazione della vita percorra ormai a tal punto le nostre vene che, se non riprendiamo, in foto o in video, gli attimi della nostra vita non siamo certi di averli davvero vissuti, anzi penso addirittura che li viviamo davvero solo quando li rivediamo in foto o in video.
Il fenomeno viene da lontano.
Io ho conosciuto –e sono certa di non essere la sola- persone che si godevano davvero i loro viaggi solo quando potevano rivederli in diapositiva. Capaci di guardare lo spettacolo di un’isola che emerge dal mare e dalla lontananza solo attraverso un mirino. Indifferenti alla distesa delle risaie di Kowloon o alla linea violetta del Rif se il loro occhio non poggiava su una macchina fotografica. E donne che si accorgevano improvvisamente della maschia bellezza di un partner solo vedendolo in una foto. Toh, però!
Questo fenomeno con gli anni si è aggravato.
La gente non desidera viaggiare, ma aver viaggiato e forse, temo, non desidera vivere, ma aver vissuto e raccogliere le briciole di questa vita diaframmatica quando la vita non è più tale.

16 commenti:

  1. Bellissimo post, con cui concordo al 100%. A me capita spesso di partire per una vacanza e di dimenticare a casa la macchina fotografica. E anche quando la porto, e mi ricordo di usarla, i ricordi più belli non sono quelli immortalati, ma quelli legati ad un odore, a un sapore, a un suono, a una parola detta o sentita, a un sorriso o un volto visti magari di sfuggita ma che rimangono nel cuore e che nessuna macchina potrebbe mai catturare. Anche perché se in quel momento ti metti dietro a una macchina la realtà ti sfugge, e non la potrai più trovare.
    Pace e benedizione
    Julo d.

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  2. Concordo pienamente con quello che dici. Scusami se non dico altro... Giulia

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  3. Durante i miei viaggi uso spesso la videocamera ma, tornato a casa, riguardo ciò che ho filmato solo a distanza di tempo e con scarso interesse. I ricordi che contano stanno nella mia memoria, più efficiente di quella digitale.
    Ciao Marina, a presto.

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  4. Tanti viaggiano per viaggiare, ma pochi, pochissimi viaggiano per conoscere.

    Rino, di poche parole

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  5. I fully share your opinion.
    Sarà banale, ma è la società dello spettacolo che ha portato a questo uso spropositato di foto e video.

    Specie i momenti migliori sono quelli che preferisco vivere e catturare con gli occhi. Poi li archivio nella memoria organica, dicasi cervello.

    Fa' eccezione mio figlio, di cui mi piace rivedere in foto lo sviluppo del corpicino, del faccino, e mi accorgo, rivedendo vecchi scatti, che ho/avrei dimenticato com'era da più piccolo. Quelle sono foto preziose.

    Ma allora i nipponici, esseri para-mitologici metà uomo, metà videocamera, come vanno inquadrati alla luce di codeste tue riflessioni? fammè sape'.

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  6. Io uso pochissimo la macchina fotografica, quasi solo quando sono obbligata ad avere una documentazione.
    Concordo pienamente con quanto hai scritto e descritto e mi riconosco in questa tua frase:
    "Ma è il presente a contenere per me la vita. Non sono abbastanza sognatrice per assaporare il futuro né sufficientemente nostalgica per rigustare il passato".

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  7. Non per essere ripetitivo ma sono daccordo con te. Un saluto :)

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  8. Beh, io mi sento tirata in causa perche' viaggio con la fotocamera nello zainetto. Ma lo scopo e' molto terra terra: condire con foto quello che racconto nel blog. L'idea me l'ha data un'altra blogger Dona che e' piu' brava di me anni luce.
    Non ho la pretesa di immagazzinare emozioni o particelle di esperienza. Semplicemente avere a portata di mano uno strumento che mi aiuti a documentare quello che racconto. Mi ero infatti scocciata di cercare su internet immagini di altri da accostare a quello che volevo dire. Tutto qui.
    Sui viaggi sono d'accordo con te: dover documentare con le foto diventa un compito che non mi fa godere il viaggio e per questo lo lascio volentieri al marito. Poi pero' mi fa piacere rivedere le foto fatte. Cosi' come sono d'accordo con Blonde che le foto sono un modo insostituibile per ricordare come erano i nostri figli (anche come eravamo noi, ma quello, forse, e' meglio non guardarlo).

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  9. @ artemisia, lo so che tu la porti, ma tu lo fai per alimentare il blog, è diverso e l'ho anche specificato ;-) baci marina

    @ blonde: irresistibile la definizione dei giapponesi!

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  10. Concordo tranne che per un aspetto che è poi quello già detto da Blonde.

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  11. Ah, allora... si può fare!

    Oddio, questa frase non la dovevo usare!!! :-)

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  12. Marina...questo post è da incorniciare!! Lo copio e incollo sul mio diario...davvero! Hai riassunto perfettamente quello che è il mio pensiero riguardo al vivere la vita e il "raccontare" di averla vissuta. Rifletto spesso sulla smania degli esseri umani, di pensare gia al momento in cui racconteranno quello che hanno vissuto, tralasciando il fatto che lo stanno vivendo. In pratica, sembra che una data situazione, riesca ad emozionarci di più nell'atto della sua narrazione e non nel momento in cui lo viviamo.
    Come dici tu, nella sua "spettacolarizzazione". Argomento interessantissimo...ne farò un post a breve ;-)

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  13. Terribile ma realistica "diagnosi", la chiusa della tua ampia riflessione.

    Per associazione di idee, l'ho istintivamente accomunata all'immagine di un entomologo che trascorra lìintera vita cercando e farfalle o imenotteri, per poi racchiuderli in una teca, trafitti da uno spillo: colori e vita fermati per sempre... quasi a volersi impossessare della loro bellezza, del loro fascino.
    Ma senza afferrarne e coglierne l'essenza: la vita stessa - ed il suo pulsare.
    Luciana
    http://www.comoinpoesia.com

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  14. ciao luciana e ben venuta. L'immagine dell'entomologo è molto adatta. vengo a passeggiare dalle tue parti appena posso ciao, marina

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  15. cara marina
    a mio avviso entrambe le due tue ipotesi contengono rilevanti parti di verità (conservare tracce di sè, partecipare alla società dell'immagine).
    entrambe queste componenti, tuttavia, si inscrivono nella voglia tutta umana di raccontarsi.
    il 900 inizia con il racconto di sè in analisi, su cui freud elabora una psicologia. poi tu conosci meglio di me marcel proust.
    e cosa sono i blog se non uno strumento semplice, poco costoso, ed efficare per ampliare il campo della relazione interpersonale.
    ti confesso che sono piuttosto bulimico in fotografie jpg: se ne possono fare decine velocemente (ed eliminare alla sera quelle venute male), la macchina si occupa degli aspetti tecnici: resta solo da scegliere i soggetti. è questo che diventa difficile: siamo ancora capaci di vedere la bellezza?
    a me poi le fotografie aiutano la memoria.
    è una buona filosofia quella di vivere gli intensamente attimi del presente.
    tuttavia credo che nella vecchiaia le fotografie possono dieventare un ottimo supporto ad esercitare la memoria.
    ti saluto e ringrazio per avere guardato e sentito goodnight goodnight dei miei gatti (ecco un possibile uso delle fotografie)
    a rileggerci

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