martedì 25 marzo 2008

giunchiglie al sole


Il clima tempestoso di ieri mattina, mi ha invitata alla pigrizia, liberando il ricordo verso le Pasque della mia vita.
Di stampata nella mia memoria ce n’è una, di quando ero una bambina che muoveva incontro alla vita fiduciosa e incuriosita.
La passai a casa di nonna Agnese, la mia nonna materna, perché mia sorella, di soli due anni più grande di me, aveva una delle classiche malattie infettive da cui sul momento ero indenne e in quel periodo ero stata allontanata da casa precauzionalmente.
Per me era insieme una festa ed un’avventura. Adoravo, letteralmente, mio nonno Giulio, che faceva blocco, per me, con il suo cane Fido II, un pastore tedesco di natali un po’ incerti ma di cuore e mente gagliardi. Volevo bene anche a nonna Agnese, ma di fronte alla personalità di quel suo grande e autorevole marito, ai miei occhi sbiadiva un po’. Nonna era la sfoglia di pasta all’uovo stesa ad asciugare, l’odore del sugo con la carne in umido, il mormorio dei suoi rimbrotti, e la cura per gli animali che ospitava sul terrazzo.
Aveva una bellezza delicata, dei tratti aristocratici, un corpo minuto ed una fede cristiana molto scrupolosa. Amava tutte le tradizioni, che le comprendesse o no, e conduceva una infaticabile battaglia per la conversione di quell’uomo di fede comunista, che al cospetto di un prete digrignava i denti e che, di origine toscana, considerava la bestemmia un semplice modo di dar sfogo alle irritazioni provocate dalla vita quotidiana. Nonna era molto operosa, sempre intenta a qualche faccenda, si prendeva cura delle piante, di svariati animali, tra cui una tartaruga e, per un certo periodo, di una scimmietta, e aveva un sorriso felice per accogliere ognuno dei suoi otto nipoti. Quando mi svegliai, quella mattina di Pasqua, era già lì che trafficava intorno al tavolo della colazione, apparecchiato di bianco, con il giallo delle sue giunchiglie in un vaso e le uova colorate sul piatto con il bordino dorato, circondate dal salame in fette sottili. Aveva fatto il pane, evento eccezionale, e la casa ne restituiva il profumo.Non tradii il mio prediletto caffellatte, ma la tavola variopinta mi conquistò.
Dopo la colazione, uscii con mio nonno e con il cane, un giro nel quartiere, naso all’aria, la mano in quella di mio nonno, che aveva un concetto della sicurezza personale di sua nipote che manco Rudolph Giuliani. Qualunque sconosciuto si avvicinasse a meno di un metro di distanza dalla mia persona veniva fulminato dalla più minacciosa delle occhiate, mentre la mano stringeva un po’ più la mia.
Ci si sentiva importanti, anzi preziosi, oltre che assolutamente al sicuro, con nonno Giulio. Ma il giro doveva terminare presto, nonna era stata tassativa: quando si scioglievano le campane dovevamo essere a casa. Mio nonno era ateo ma tollerante, considerava la fede di mia nonna una pratica bislacca ma innocente e, amandola senza riserve, si assoggettava ai suoi imperativi. Almeno finché non scoppiava nelle sue famose collere che rimbombavano fin nelle scale del palazzo.
Tornammo con il giornale, puntuali, e passammo un po’ di tempo a spazzolare Fido in terrazzo. Questa era una pratica cui mi dedicavo ogni volta con entusiasmo. “Sul tavolo!”, comandava nonno e Fido con un balzo elegante montava sul tavolo di marmo. “A te la spazzola” e io iniziavo l’operazione che eseguivo con scrupolo ed orgoglio, scambiando, ma senza farmi vedere, qualche bacio con il cane entusiasta. Questo fatto delle campane che si scioglievano aveva del misterioso, ma chiestane spiegazione a nonno ne ricevetti il segno, accompagnato dallo scuotimento del capo, che riservava alle bizzarrie mistiche della moglie: un gesto arioso della mano nell'aria, che io interpretavo come "cose vaghe, fumose".
Poi nonna mi chiamò e mi fece inginocchiare accanto a lei, davanti alla finestra aperta. Entrava il sole, l’aria di aprile, e prima una, poi due, poi cento campane presero a suonare. Segno della croce e una preghiera che non ricordo ripetuta al seguito di nonna, finché nonno passando davanti alla stanza lanciò un grido: “Fai alzare quella bambina di lì!” Ricordo nonna che fa spallucce e la mano ferma di nonno sulla mia testa: “Vuoi alzarti?” Veramente stare in ginocchio non è che mi piacesse tanto, ma nel complesso era una pratica nuova e mi incuriosiva. “Ecco, è finita” protestò nonna e mi lasciò libera. “Lascia in pace le ragazzine, Agnese, te l’ho detto mille volte!” e nonna che borbottava, a bassa voce: “Ateo, peccatore, neanche a Pasqua!”
L’ateo e peccatore era un uomo onesto, leale, generoso, pulito nell’anima, scrupoloso verso il prossimo suo e dotato di una grande capacità di amore. Lei era docile, un po’ pettegola, maliziosa, ma buona e dotata anche lei di una grande capacità di amore.
Io li trovavo divertenti, quelle diatribe non mi impressionavano punto. A casa mia non accadeva nulla di simile. Questioni sul recitare o meno le preghiere, sull’inginocchiarsi o no, non si ponevano.
Mio padre considerava la Chiesa faccenda che non lo riguardava, mia madre, cattolica non praticante, ammesso che significhi qualche cosa e non sia solo una squisita ipocrisia, spediva noi a Messa, con la cameriera da bambine e poi da sole.
Tutto quel dramma familiare intorno a gesti e parole era per me interessante e movimentava i soggiorni in casa dei miei nonni. Infatti la sera nonna Agnese recitava il rosario e tentava di includermi nella sua pratica. Ma nonno minaccioso vegliava sulla libertà del mio spirito: “Se vorrà recitare il rosario lo farà a diciotto anni!” tuonava.

Il ricordo della mia Pasqua finisce qui. Immagino ci sarà stato il pranzo con gli zii ed i cugini, ma nella mia mente si è inciso solo quel frammento, io inginocchiata accanto a nonna davanti alla finestra aperta e l’onda del suono delle campane che viaggiava sul sole. Inserirò tra le mie Pasque "diverse" questa appena trascorsa.Il pranzo di Pasqua l'ho fatto in piedi, mentre sollecitavo il mio nipotino Tommaso, un po' influenzato, che sbocconcellava di malavoglia il suo. Lui ed io soli, còre a còre.
Se le campane ad un certo momento si siano sciolte, non lo so. Per me hanno suonato tutta la mattina.

11 commenti:

  1. @ amalteo: mi scuso con te ma ho avuto qualche inconveniente con i filmati di You-tube. Migliorerò e ritorneranno :-((
    ciao marina

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  2. ciao marina
    qui la scrittura si fa visiva. vedevo il nonno e la nonna e il cane che si mette in spazzolatura.
    non ho un romanzo familiare così inciso. però il "tic tac" della sveglia della cucina buia di mia nonna è un fotogramma cinematografico preciso nella mia memoria .
    con i narcisi gialli abbiamo avuto una sincronicità
    molto bella la tua celebrazione della pasqua
    a presto

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  3. In pratica non ho conosciuto nessuno dei miei nonni e mi mancano questi racconti dell'infanzia.
    Ho letto il tuo con un pizzico di invidia (benevola)...

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  4. E' un periodo che ricordo... mi vengono in mente improvvisi... Un giorno forse ne parlerò nel blog, per ora arrivano così ed è come se tornassi indietro nel tempo. Poi vanno via.
    Carissima, se vuoi vedere i film, non c'è bisogno di andare al cinema, io molti li guardo in casa nel lettore DVD o in videocassetta... Un abbraccio, Giulia

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  5. ma che bel racconto... hai fatto riaffiorare tanti miei vecchi ricordi!
    :D

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  6. "Nonni di ieri e nonni di oggi" e' il post che sto preparando. Come al solito tu mi hai un po' anticipato con questo bel racconto.
    Auguri a Tommasino!

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  7. Ciao Marina, concordo con Amalteo, sembrava di poterli vedere realmente i tuoi nonni. Mi sono perso nel lento tempo di questo tuo ricordo di una Pasqua lontana per svegliarmi d'improvviso con quell'improvviso ritorno al presente e il tuo passare da nipote a nonna. Bellissimo post, come sempre del resto ;-)
    Un abbraccio da un giovane uomo,
    polle

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  8. Bello il racconto, bellissimo Tommasino.

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  9. Stamattina sono passata di qui, ma, avendo mia nipote a casa e vedendo la lunghezza del post, sono scivolata via.Lo leggo ora e mi tornano alla mente le mie antiche Pasque. Stesso tipo di nonna, ma nonno fascista e cattolico non praticante che non si opponeva a quel tipo di violenze catto -oppressive. Li amavo,comunque.
    E la Pasqua mi piace.
    Tommasino è un sole, bacialo anche per me.

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  10. @ tutti ed ognuno: in quanto nonna sono lieta che la "nonnità" sia così apprezzata. Mi spiace per chi non ha ricordi dei propri nonni. A me ne manca uno all'appello, il mio nonno paterno. Avrei tanto voluto conoscerlo perché mi dicevano che gli somigliavo.
    marina

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