lunedì 10 dicembre 2007

transumanza

L’esercizio del ricordo si può fare solo di notte, quando tutti gli altri fanno l’esercizio del sonno.
Allora nel silenzio gonfio può avere inizio la pesca. Ora una immagine, ora un suono, ora una faccia, ora un episodio. Stanotte ho pescato un suono. Il calpestìo dei greggi di pecore, nelle notti primaverili, sulla via Labicana. I greggi attraversavano la città di notte, lentamente, pazientemente. Da lontano si sentivano i campanacci sonori, lenti, qualche fischio di pastore che richiamava i cani, forse distratti dagli odori insoliti, al loro lavoro. Era tutto lì: calpestio, campanacci, qualche fischio. E i belati tremuli. Un coro di belati. I suoni si avvicinavano, riempivano l’aria notturna per qualche minuto e poi si allontanavano. Sparivano lontano. Dove? Dove andavano i greggi in quelle notti? Da dove venivano? Non l’ho mai saputo con precisione.
Mi svegliavano verso le quattro del mattino, e a piedi nudi, nella mia camicia di cotone bianco, correvo alla finestra. Aprivo le persiane e affondavo lo sguardo nel buio per vedere le pecore scorrere. Ma non si vedeva niente. Le pecore erano puro suono, solo suono. Misterioso, dolce, confortante. Ho tentato di ricostruirne il percorso. Venivano dal nord, dal viterbese credo. Entravano in città da Piazza del Popolo, percorrevano tutto il Corso, via dei Fori Imperiali, passavano accanto al Colosseo e poi sulla Labicana, sotto casa. E poi? un’amica mi ha detto tempo fa che arrivavano dalle parti di casa sua. Anche lei le sentiva arrivare. E si fermavano a pascolare nei pressi della stazione Tiburtina. Allora lì era campagna. Facevano il percorso inverso alla fine dell’estate, ma dove si aggirassero in quei mesi non l’ho mai saputo. Greggi e greggi sono arrivate dal Colosseo e si sono allontanate verso Porta Maggiore e poi sono tornate indietro e hanno ripreso la loro strada verso il nord. Lo hanno fatto per secoli. In quanti quadri le si vede pascolare tra le rovine dei Fori!
E ancora nella mia adolescenza sfilavano lente, pecore notturne, pecore sapienti. Entravano nella mia vita, mi appartenevano per quel breve tratto, poi mi lasciavano. Alcune volte restavo a letto, sorridevo tra il sonno e la veglia, cullata da quei belati gentili, da quello scalpiccio soffice, raccolta in quei suoni fiduciosi, rassicuranti. Mi riaddormentavo mentre ancora sfilavano. L’unico modo per vederle era immaginarle, aiutata da quei suoni. E poi sognarle, qualche volta. Per questo le pecore nonostante la loro normalità, la loro semplicita di creature comuni, sono restate per me animali un po’ favolosi, circondati di mistero. Delle pecore non si sa. Delle pecore si può dire poco. Camminano, nella notte cittadina, invisibili, sonore ma celate.
Vengono. Vanno. Non si sa da dove. Non si sa dove. Pecore. Misteriose.

L’esercizio del ricordo è stato un buon esercizio questa notte. La pesca è stata fortunata. Voglio provare ad addormentarmi in questo ricordo, circondata, protetta da questo ricordo. Che si oppone a tutto, ad ogni altro suono, ad ogni altro frastuono.

8 commenti:

  1. Giudicare, velare, malinconia, girovagare in un mondo che non ti appartiene, ma che nel contempo definisce i confini della tua realtà. Smettila di stare dietro alle pecore... scegliti un fiero leone, magari vegetariano, che non ha paure di essere tale.
    Con simpatia, Vento...

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  2. Anche oggi il tuo post è un bel regalo per iniziare la giornata. Mi sembra incredibile che zone così trafficate di Roma potessero essere percorse da greggi di pecore fino a non molto tempo fa. Un'altra Roma che posso conoscere soltanto attraverso i racconti. Anche mio padre mi raccontava molte storie della "sua" Roma ed era dispiaciuto per me che io non avessi visto e vissuto in un periodo storico in cui, secondo lui, Roma era davvero unica. Inizio a credere che almeno in parte avesse ragione.

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  3. Quindi, per addormentarti, hai usato il vecchio metodo: hai contato le pecore :-)
    Vedo che funziona, lo proverò.
    La transumanza è un rito che esiste ancora, fra i miei monti, solo che ora le pecore le portano con i tir : decisamente meno romantico.
    Un bacio.
    Anna

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  4. ciao Vento. Leoni vegetariani mai incontrati, ma sono comunque innocenti.
    ciao anna, sì, conto le pecore. Questa dei tir dovevi risparmiarmela!

    ciao Cri, guarda che mercoledì vado fuori roma, se no venivo. Per te, non per quella rompipalle di Luciana!

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  5. Il link richiestomi:

    http://agoradelrockpoeta.blogspot.com/2007/02/intervista-djiana-pavlovic.html

    Ciao Marina!

    Daniele

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  6. Bello il tuo post, la transumanza è parte fondamentale della storia dell'uomo del sud. Ancora adesso, in estate ed in inbìverno, a fianco della mia casa in montagna passa un gregge di pecore sial matino che alla sera fino a notte fonda. Vanno da sole e si preannunciano con il loro scalpiccio ed i campanacci.
    Un caro saluto dal Cantastorie errante

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  7. Ciao Marina!
    Anche per me la notte è un momento speciale perchè è proprio quando gli altri dormono che i miei pensieri, le mie emozioni si fanno sentire con più insistenza.
    La notte apre dei piccoli grandi mondi, a volte fantastici a volte reali ma l'importante è continuare a sognare (a occhi chiusi o a occhi aperti fa poi così tanta differenza?)

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  8. Ciao Banana, benvenuta sul mio blog. Così adesso so che una giovane studentessa pensosa la notte fantastica assieme a me. Sono passata da te per fare la tua conoscenza, ma ritornerò con più calma.
    ciao marina

    Ciao cantastorie, mi piacerebbe riudire quei suoni. Adesso che sei un "uomo libero" goditi la tua casa di montagna!. Ancora auguri, marina

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