mercoledì 14 novembre 2007

un cappuccino, grazie

Nel mio giro nel quartiere per fare la spesa (uffa, ‘sta spesa!), mi sono fermata a prendere un caffé in un grande, splendido bar, in cui non ero mai entrata. Tutto nuovo, acciaio sabbiato e legno nero. La mattina è un caffè, con una imbarazzante abbondanza di paste, dolci, torte ecc. Diventa poi piccolo ristorante verso le due e alle undici stavano già sciorinando grandi vassoi di involtini di melanzane, trionfi di gamberi in insalata e pomodorini ripieni di insalata, e altre meraviglie mi prometteva la titolare. Il pomeriggio servono tè e cioccolate calde, anche lì con una ricca scelta di tartine dolci e salate. E, momento clou della vita del locale, la notte, spazio a grandi vasche di ghiaccio e una dovizia di pesci crudi, attende l’amante del sashimi.
Mi sono complimentata con la proprietaria del bel locale e ho promesso di tornare in orari diversi. Ma uscita di lì, una tale malinconia mi è saltata addosso, che ho giurato a me stessa di non rimetterci più piede. Il fatto è che quello splendido locale è la latteria della mia infanzia. Era gestito da una minuscola donnina di ferro, che imperava su marito, figli e nuore. Andavo a prendere il latte con la bottiglia di vetro e lei me la riempiva con un grosso “sgommarello”. Devo ancora appurare quale sia in italiano l’equivalente dello splendido vocabolo “sgommarello”. Immagino possa andare mestolo fondo, ma non ce lo chiamerò mai.
Anna, la lattaia, era tutta vestita di bianco e tutto il negozio era di un bellissimo, lustrissimo bianco latte. Oltre al latte, vendeva il burro in panetti e le uova. E naturalmente la panna.
C’era un così intenso odore di latte che si rischiava una sbornia. Io sono un’ appassionata bevitrice di caffèllatte. Non avrei alcun problema a vivere diversi giorni nutrendomi solo di belle tazze calde o fredde secondo la stagione. E il mio rimpianto per il latte, il vero latte, della mia infanzia, non sarà mai consolato dalla famosa asetticità di quello di oggi. Mi sentirei pronta a rischiare malesseri vari per tornare ad assaporare il latte della mia giovinezza. E la soffice, intensa e pastosa crema che produceva alla bollitura. Niente nel latte di oggi ricorda il vero latte: non l’aspetto, non il colore, l’odore, il sapore. Né il senso di conforto affettivo che portava con sé.
Ma assieme a queste proprietà organolettiche del latte, io rimpiango le latterie.
La latteria di cui vi parlo aveva un retro fantastico, che mi attirava irresistibilmente. Dove adesso piccoli tavolini snelli e una intera parete di vini scelti si offrono allo sguardo, c’erano grandi vasche bianche, coperte da garze sorrette da bastoni. Colme di latte. Anna sgommarellando riempiva contenitori cilindrici, come piccole botti, che portava nella zona anteriore della latteria. Da quelli serviva i clienti, riempiendo le loro bottiglie. Quelle, bellissime, della Centrale del Latte, chiuse dall’allumino-ne conservo ancora una-vennero molto dopo. Pensate voi dove si spingono i miei ricordi!
Lo so bene che questi rimpianti, oltre a non avere senso, denunciano un galoppante invecchiamento. Ma io non credo all’equazione moderno uguale migliore. Penso che ci lasciamo alle spalle tutta una serie di piccole cose preziose. Che il cammino in avanti comporti anche perdite. Non sarà il caso del latte, per carità, sicuramente il sistema odierno sarà più igienico, ma non è certo un caso che ogni tanto, spaventati, dobbiamo intraprendere una manovra di “recupero” di qualche tradizione, tecnica o abilità abbandonata. O di qualche prodotto della natura.
Lo so che siete giovani e gagliardi, ma, secondo me, qualche sapore lo rimpiangete anche voi. Avanti, ditemi.

10 commenti:

  1. Cavoli,
    ho appena scritto gg fa un Post
    Tony
    sui "sapori" da ritrovare...

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  2. ue',maro'... finalmente qualcuno piu' vecchio di me che si ricorda qualcosa di cui nella mia mente non vi e' traccia...

    Ricordo a Tripoli i carrettini che vendevano il ghiaccio da mettere in ghiacciaia (i frigoriferi non c'erano ancora nelle case), ricordo che quando sono andata ad abitare nei pressi di dove ancora abito (anni '55-'60 - via Lorenzo il Magnifico, vicino piazza Bologna, ora considerato centro) ci venivano i pastori a pascolare le loro pecore (la stazione Tiburtina era ancora in aperta campagna). Da loro acquistavamo i formaggi, mentre per la carne passava il macellaio per le strade una o due volte la settimana. Non posso dire pero' che mi ricordo i sapori di quella carne o di quei formaggi, ero troppo piccola. Insieme a mia sorella e le amichette del quartiere si giocava per strada e non veniva considerato per niente sconveniente ne' poco sicuro... dove adesso ci sono tutti quegli autobus nel piazzale della stazione Tiburtina c'erano dei giardinetti. Un grosso cespuglio era una tana perfetta per nascondersi (c'era un passaggio attraverso il quale ci si trovava proprio al centro di quella pianta, non so il nome ma aveva dei fiorellini bianchi).

    Stream of consciousness?

    Mariateresa

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  3. @Mariateresa: le pecore passavano di notte sulla via Labicana, mi svegliavano i campanacci. Prima della ghiacciaia d'estate si teneva un filo d'acqua aperta e sotto il panetto di burro. Da Ancona il venerdì arrivava un uomo con il pesce fresco. E per le accomodature dei vestiti una volta al mese passava una sartina e lavorava a stringere e allungare in casa. All'angolo con la Merulana c'era la rammendatrice di calze di nylon. Detto queto ho detto tutto!
    ciaomarina

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  4. @ Paola Allora vado a vedere quali sapori rimpiangi tu
    ciaomarina

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  5. Marina,
    io ho 34 anni, eppure nei miei ricordi e desideri si nasconde un uomo di "altri tempi".
    Pensa che io giro la città, alla ricerca di quei bei bar che non hanno mai cambiato l'arredamento dal giorno dell'inaugurazione. E a volte li trovo, mi ci infilo dentro e prendo la prima cosa che mi salta in mente (di solito una sambuca). Raggiungo l'estasi profonda quando a servirmi è l'anziano proprietario, assolutamente a digiuno delle nuove tendenze, usi e bisusi, che mi serve con un sorriso pieno dei suoi 50 anni di attività...e ricordi.
    Ce ne sono tanti a Roma, a differenza di Bologna, che si sta "rinnovando", nel tentativo assurdo di cancellare il passato "rosso"!!!
    Insomma, sono un nostalgico di quello che appartiene al mio passato, ma anche e soprattutto di quello che ho visto solo attraverso i ricordi di chi mi ha preceduto, il cinema e le fotografie...
    Ecco, ad esempio...vorrei rivedere Piazza Vittorio, com'era ai tempi di Ladri di biciclette... ;-)
    Adoro questi tuoi post!!!!

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  6. I sapori ed i ricordi andati: mi inviti a nozze, anche se mi ostino a fare la "giovanotta".
    Sono nata e abito da sempre in una strada del centro storico, lungo una scoscesa scalinata di selci, rimasta intatta negli anni.Ricordo le contadine che passavano magnificando le loro merci ,che erano le più svariate. In agosto portavano le fragoline di bosco, quelle vere, non quella roba plasticosa che ora trovi sempre e dappertutto.Le mettevano in cesti di vimini,ricoperti di foglie di fico,e gridavano "eccooooo leeee fraaaaaaagoleeeeeeeeeeeeeee". Mamma mia che profumo e che sapore intenso! Mia madre le lavava per bene nel vino bianco e poi ce le metteva nelle coppette di vetro con uno schizzo di limone. Noi le mangiavamo avidi e finivano sempre troppo presto.Leccavamo poi l'interno della coppetta con la lingua a spatola, e continuavamo a leccare, anche quando erano pulitissime, nella speranza vana di trovare ancora un residuo di felicità. Altre contadine passavano gridando " eeeeccccooooooo lo riniiiiiiicciuuuuuuuuu" che non era una cosa da mangiare, ma una sorta di rena finissima mista a non so quale erba che veniva usata per lavare i piatti e faceva luccicare le pentole di alluminio e di rame.
    Vabbè, chiudo, altrimenti mi metto a piangere: mi sembra un secolo fa!

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  7. Lo sapevo che avevate i vostri sapori da acquolina in bocca. Ma quello che ho trovato straordinario è "lo riniciu", Che darei per averne un po' per il mio rame!
    rena ed erba, ci pensi, più naturale di così. Io odio gli odori di finti fiori e frutti dei nostri detersivi.
    D'altra parte sono comodi, ma tutte 'ste orchidee e muschi e pini e viole mi fanno....

    ciao marina

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  8. Non credo si tratti d'età ma di qualità e sapori. Io ho quarant'anni e potrei quindi essere una fan del trandy ma rimpiango i piccoli negozi, le bottegucce. Nel mio cuore è sempre vivo il ricordo della vinaia sotto casa mia che in un perenne e miscelato odore di vino prendeva le bottiglie che le porgevamo e muovendo una leva faceva scorre a scoscio un vino semplice ma certamente genuino. E poi c'era la piccola ed anziana fioraia e gli avari fratelli del forno che però con il profumo del pane e dei dolci riempivano la nostra via di sorrisi grati. Forse mi manca l'umanità ed i riti quotidiani che mi legavao anche ai negozianti meno simpatici.
    Che me ne faccio infatti di questi locali infiocchettati se ogni volta che vi entro sento freddo?

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  9. Non sono proprio sapori di cibi ma piuttosto profumi di luoghi ora cambiati nel tempo e che mi riportano alla mia felice infanzia. Luoghi che ora non sono più.

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  10. Ma quali "giovani e gagliardi"?!
    Beh, il latte che descrivi tu io non l'ho mai assaggiato. Pero' mi hai fatto ricordare che quando ero piccola qualche volta la domenica sera i miei non avevano voglia di cucinare (forse magari c'era dietro anche qualche problemetto economico ma a noi non ce lo dicevano) e mio padre scendeva giu' al bar a comprare le brioche rimaste e cenavamo a caffelatte e brioche. Ora che apprezzo sempre meno il latte non mi farebbe punta voglia ma all'epoca ero contenta della novita'.

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