venerdì 30 novembre 2007

ancora corpo

Prendo spunto da un libro che non ho ancora terminato di leggere ma che mi ha sollecitata ad affrontare il discorso “rappresentazione e auto-rappresentazione femminile”.
Il libro è: “Ancora dalla parte delle bambine” di Loredana Lipperini e indaga-sulla falsariga di quello storico di Elena Gianini Belotti “Dalla parte delle bambine” del 1973- i modelli culturali delle nuove bambine.
Per ora posso solo dirne che è pieno di dati e di riferimenti interessanti, ma avremo sicuramente modo di parlarne ancora.

Io ne approfitto per fare le mie osservazioni. Nascono dal basso, dalle cose che io osservo quotidianamente. Parlando con mia figlia, sentendo le storie delle sue amiche e colleghe, quelle delle figlie delle mie amiche e dei loro figli, ascoltando i discorsi delle donne, delle ragazze e delle ragazzine, nei negozi, negli autobus, fuori della scuola sotto casa, leggendo la posta sui giornali, guardando la televisione, passando sui blog personali femminili, guardando le pubblicità, i libri che escono, i servizi sulle riviste, le merci nei negozi ecc. Insomma come tutti noi, vivendo nella società, senza pretese di studiosa. Ma con un occhio allenato a guardare la realtà femminile.
In queste mie osservazioni delle volte mi sento davvero scoraggiata e tento di sottrarmi ad uno spettacolo che mi pesa sul cuore. E mi dico: lascia stare, non guardare, non ci pensare, ormai hai 64 anni, la tua vita l’hai fatta, tua figlia è “salva”, tuo nipote è maschio, fregatene. Lo so, è meschino, ma mi dico proprio così. Delle volte. Altre volte mi sento oppressa e insieme insofferente e ho voglia di fare qualche cosa di eclatante, di insultare qualcuno per strada, di scrivere lettere ai giornali, di fondare gruppi, di battermi ancora per le donne. Le donne le amo. Così come sono. Nella loro imperfezione. Anche quando mi fanno imbufalire. Le amo sempre, non ci posso fare niente.

Eppure io non volevo essere donna. Io volevo essere un maschio. Già da piccolissima. Per due ragioni: innanzitutto ho pensato da subito che essere femmina era una sfiga colossale e che essere maschio comportava tutt’altra considerazione, libertà e opportunità e secondo perché volevo attenzione da mio padre e coltivavo la tenace speranza che per un maschio ne avrebbe avuta di più.
Mi sono quindi applicata per fare di me un maschio, fin da piccola. Li ho osservati bene e ho deciso che quello che facevano loro lo avrei fatto anche io. Essenzialmente che cosa facevano? A botte. Le davano e le prendevano. Le detti e le presi. Facevano i famosi giochi “da maschio”, giochi fisici, tutti puntati sul corpo in movimento e in manifestazioni di forza. Li feci anche io. Con grande dispetto di mia madre. Non piangevano ( non potevano poveretti!). Non piansi. (Per molti anni, poi divenni una fontana). Mostravano coraggio. (Se poi lo avessero davvero era ed è tutt’altro discorso). Mostravo coraggio. Non si curavano del loro aspetto. Non me ne curai. Insomma, ce la misi tutta. Naturalmente fallii, non si sfugge alla propria natura. Ma fu una buona, un’ottima palestra.
Mi servì per scoprire che, dopotutto, NON volevo essere un maschio, che nonostante tutto essere femmina era MOLTO MEGLIO e che mi PIACEVANO molto di più le donne. (Piacevano non va inteso in senso sessuale).

Una volta riconvertita al mio sesso ho fatto tutte le regolamentari battaglie che la condizione femminile, a mio avviso, imponeva. Non ho disertato, in un conflitto il cui esito sentivo vitale per le donne.
Adesso mi guardo intorno e cerco di vederne i risultati. Sono sconfortanti. E certo, in quanto femminista, non posso non interrogarmi su me stessa e le mie compagne di allora. Ma andiamo per ordine. Che cosa vedo?
-Le donne sono ancora considerate ed ancora si considerano essenzialmente corpo.
Puntano tutto sul corpo. Lo mettono in gioco continuamente. Sono disposte a fargli di tutto. E a farsi fare di tutto. Lo manipolano secondo un gusto ed un immaginario esclusivamente maschile.
Su questo punto dunque abbiamo fallito. Dicevamo che il nostro corpo era bello, di per sé, che non aveva bisogno di piegarsi alle fantasie maschili. Tagliammo le nostre gonne, buttammo i reggiseni e mettemmo al vento i nostri seni. Lo svelammo, non per usarlo come tentazione, strumento di ascesa sociale e merce sessuale, ma per rivendicarne la bellezza, la nostra proprietà e l’uso libero.
Oggi le donne si gonfiano le labbra, trasformandole in un foro gonfio (a che cosa allude secondo voi?). Scoprono l’ombelico e la divisione delle natiche, velano/ svelano i capezzoli, in un gioco di copri/scopri che avevamo rifiutato, si iniettano di tutto, si tagliano perfino le ossa. Muoiono per essere più magre o più piene. Spogliano i loro corpi e li esibiscono sempre più volgarmente.
Non sto parlando di mancanza di pudore, di moralità, spero non ci sia bisogno di dirlo! Sto parlando di una aderenza totale al desiderio maschile, al modello di donna preda e oggetto di pratiche sessuali che l’uomo ha in mente. Non è tornato il reggiseno, ma le guepière delle nostre antenate, le giarrettiere, i bustini che strizzano il seno, e, come sempre, in un gioco al rialzo. E allora i tanga o niente del tutto sotto le minigonne. E camminano arrampicate su tacchi di 10, 12 centimetri, leggermente inclinate in avanti, rigide, fanno piccoli passi nelle gonne che le stringono. In compenso sono tutte uno spacco, o fori distribuiti qua e là. Naturalmente dicono di vestirsi così “perché così mi va”, ma il punto è questo: perché ti va? Perché ti piaci così? E’ una gara, una rincorsa a chi sollecita di più e meglio e prima l’appetito sessuale dei maschi. Corpi in offerta libera. Questa è la risposta. E poi l’altra risposta: perché così mi inducono a piacermi fin da piccola.
Questo è sotto i nostri occhi quotidianamente.
Alla scuola elementare sotto casa vedo arrivare bambine in minigonne leopardate, con le pancine scoperte e indossano minuscoli reggiseni che traspaiono sotto le magliette già a sette/otto anni. Hanno fretta. Mettono loro fretta. Serve carne fresca.
Al mare le bambine, benché senza seno, indossano allusivi costumini due pezzi. Per loro esiste già tutta una moda ammiccante, allusiva, di richiamo. Le ragazzine che incontro sugli autobus, undicenni, dodicenni, sembrano “piccole puttane crescono”, lo dico con il cuore addolorato.
Il corpo è ancora lo strumento, il mezzo, la carta vincente che aprirà le porte del successo. E l’uso libero è diventato abuso. Il sospetto di anni fa’ non è più un sospetto: la liberazione sessuale è stata usata dal maschio per avere liberamente e senza la vecchia contropartita (Tu mi dai accesso al tuo corpo io ti sposo) tutto il sesso che vuole. E non ha neppure più bisogno della vecchia contropartita. L’uso libero del nostro corpo doveva servire alla nostra gioia e alla nostra libertà, non ad aumentare le possibilità di far sesso dei maschi. Anche qui abbiamo fallito.
Il corpo femminile è ancora (dovrei dire di nuovo, perché ci sono stati anni di speranza, anni in cui le cose stavano cambiando) mezzo. Mezzo verso che cosa? Come sempre: catturare un maschio da tenersi accanto. Se poi il maschio valga la pena, o quanto valga la pena, le donne sembrano non chiederselo. Sembrano. Sono certa che-poi-se lo chiedono. Abbiamo ancora paura della solitudine e bisogno di affetto. Ma il problema non è qui. Cosa c’è di più umano della paura della solitudine e del desiderio di affetto? Il problema è che cosa siamo disposte a fare per rispondere (per tentare di rispondere) a questi bisogni. Quanto siamo disposte a svilirci per rispondere a questi bisogni.
Per sapere quanto siamo disposte a svilirci basta guardare.
Così, ho deciso di invitarvi a guardare. Lo farò più volte, ci tornerò e ci tornerò.
Non per emettere giudizi sulle donne di oggi, ma per indicare alle madri di bambine e bambini, le trappole che l’intero sistema della nostra società tende alla persona donna. Trappole mortali.

12 commenti:

  1. Pensavo di comprarlo: l'ho visto in libreria e mi incuriosiva assai. E il tuo post ha acuito il mio interesse.
    http://lucianoidefix.typepad.com

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  2. Marina,
    ho una proposta "indecente" da farti :-) : se non hai ancora visto la mostra sulla pop art alle Scuderie del Quirinale, ti andrebbe di andarci insieme prima o poi?
    Il post lo leggo dopo, ora vado a pranzo.

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  3. Sono andato subito a controllare. Quello che ho letto io è la prima edizione Feltrinelli, collana I Nuovi Testi del 1973. L'ho letto credo nel '75, quando a scuola ogni tanto il 'collettivo femminista' delle compagne del liceo scientifico Guido Castelnuovo, uno dei più politicizzati di Roma, apriva alla presenza maschile. Avevo 15 anni, venivo da una famiglia laica, borghese e di sinistra, ma non capivo tutto, non capivo, da maschietto che rispettava l'altro sesso, quella che a volte sembrava rabbia verso tutti gli uomini. Anche per questo lessi quel libro di cui si parlava a scuola. Devo dire che l'ho considerato uno dei libri che ho letto, non dico proprio a formarmi, ma sicuramente a stimolare la mia curiosità e la mia sensibilità. Mi sa che lo scorrerò nuovamente, dopo 30 anni di vita, di esperienze, di letture sociologiche e psicologiche, sarà interessante ricordare ciò che provai allora in confronto a ciò che il mondo è oggi. Te lo ricordi il mensile Noi Donne dell'UDI? Beh, pensa che sono stato uno dei pochissimi uomini a lavorarci. Un saluto ;-)duccio
    http://ducciop.blog.kataweb.it/

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  4. Sono d'acorrod con te... Oggi sembra che gli anni in cui abbiamo lottato siano serviti a poco, ma poi mi guardo intorno e vedo tanet ragazze diverse, ragazze che viaggiano, che guidano, che hanno un rapporto più paritario, che vanno a scuola e spesso sono più brave dei ragazzi, che fanno qualsiasi lavoro... Certo poi c'è tutto il resto, quello che dici tu sul corpo... Questo vuol solo dire che bisogna continuare... C'è ancora molta strada da fare, ma qualcosa l'abbiamo fatto. Un abraccio, Giulia

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  5. Vieni anche a trovarci sul blog
    http://lisolasconosciuta.splinder.it/

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  6. Non avete fallito. Cè solo in atto una sorta di restaurazione che ha anche nella Chiesa un suo elemento di forza ( non per la parte che descrivi tu nel tuo post ma per il ruolo subalterno all'uomo che la donna secondo loro dovrebbe tornare ad avere come moglie, madre e basta).

    Non avete fallito, casomai avete vinto troppo: il decidere come gestirvi ha portato a degli eccessi: Ci sono modelli sbagliati (vedi veline) nella società e queste ragazzine vogiono emularli e raggiungerli

    D'altronde vedono soldi, successo e lavoro facile in contrapposizione ad un mondo, quello di tutti i giorni, dove tutto questo non esiste.

    Concordo sul come anche da piccoli ci sono situazioni imbarazzanti come quelle da te descritte (bambine in spiaggia con il due pezzi)

    Ma non avete fallito. Le donne oggi possono fare cose che un tempo erano impensabili e non solo a livello sessuale. Lavorano, possono fare carriera anche se ancora con molte difficoltà, e possono dire la loro su un blog come fai tu e molto bene anche! :-)))

    E, aggiungo non avete fallito se tu hai una figlia in gamba perchè hai potuto e saputo darle principi sani e giusti e se lei può essere libera di scegliere come vivere la sua esistenza

    E non avete fallito se da quei tempi e da quelle esperienze sono uscite donne come te.

    Ciao
    Daniele

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  7. Accipicchia... Anche il tuo post è quasi già di per sé un libro...

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  8. @ Daniele e Giulia:Fa piacere sentire le vostre voci di incoraggiamento e fiducia. Io mi faccio un bel po' di domande. Una risposta preliminare che mi do è che quello che il femminismo ha portato a casa è, nel migliore dei casi, sempre a rischio e che le conquiste, vere, sono superficiali e le sconfitte, invece, serpeggiano nel profondo. Ma mi concedo sia il beneficio del dubbio che dell'osservazione ulteriore.
    Sono proprio questi esempi che mi accorano, Daniele. Come fanno le ragazzine a sottrarsi? e naturalmente la chiesa andrebbe bombardata prima di pasti! anche sugli altri temi che citi, tornerò, ogni tanto, per non rompere troppo...
    grazie per la stima

    @ Duccio: hai un passato glorioso, addirittura Noi donne! fa piacere pensare che il libro è entrato nella coscienza di un ragazzo, ma, data l'educazione che avevi ricevuto, tu non ne avevi bisogno, lo avrebbe dovuto leggere qualche altro tuo coetaneo. a presto marina

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  9. a quella indecente di Anna: ci penserò su.
    Ma com'è che stai sempre a Roma? sono impicciona
    ciao marina

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  10. Sto sempre a Roma per lavoro e perchè la amo. Sai bene che L'Aquila è a un tiro di schioppo, c'è un autobus ogni ora: ormai siamo diventati un quartiere della capitale.La mostra,però, l'ho vista proprio oggi, sorry, non ho resistito! Ce ne saranno altre,comunque, se vorrai :-)

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  11. Ahimè Marina come sento vero quello che scrivi in questo tuo lungo sfogo! Però poi mi dico che non è del tutto vero perchè, come scrivono Daniele e Giulia, ce ne sono di ragazze toste che sfuggono i richiami della mercificazione di tutto e del corpo in primo luogo. Ragazze in gamba che sanno il fatto loro.
    Anch'io da piccola ero un maschiaccio e volevo essere più coraggiosa e spavalda dei maschi. Per piacere a mio padre e per non sembrare una bambina frignona. Questo mi ha recato qualche problema in adolescenza però ora me lo ritrovo come un valore aggiunto. Tra parentesi anche adesso rifuggo da tutte le vanità femminili e detesto la moda femminile che prescrive sempre cose scomode se non nocive (vedi Per esser belle bisogna soffrire?.
    Grazie di questo bel post!

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