mercoledì 28 novembre 2007

avere vent'anni nel 1963

Ho letto, tutto d’un fiato “Chesil Beach” di Ian McEwan edito da Einaudi. Non vi racconterò la trama. Vi anticiperò solo che la vicenda si svolge in Inghilterra nel 1962, un anno come un altro, che come un altro non è stato, perché si situa ad di qua di uno spartiacque epocale, quello tra la morale chiusa e opprimente del conservatorismo e quella della rivoluzione sessuale. Tra prima e dopo il primo LP dei Beatles. Benché le cesure siano sempre un po’ arbitrarie, è innegabile che dal 1963 si assistette ad un’esplosione di vitalità e ad una vera e propria liberazione. Un “Libera tutti!” in grande stile.
La storia che ci racconta McEwan si svolge come si svolge proprio perché i protagonisti si trovano a viverla stando al di qua di quello spartiacque. Prigionieri di quella morale soffocante, vittime di quella oppressione. Il libro mi ha colpito molto perché, oltre ad essere scritto magistralmente, come tutti i libri di Ian McEwan, rende chiaro fino alla esemplarità il meccanismo per cui una vita, o due vite insieme, possono essere segnate da un solo giorno, da un solo atto.
Io ho vissuto la mia giovinezza a cavallo di quello spartiacque, sentendo il richiamo del “Libera tutti!” ma ancora tenuta stretta dagli imperativi categorici della mia epoca.
Nel 1963, quando i Beatles cantavano Love me do, io avevo vent’anni e per i miei pensieri, le mie idee, i miei desideri e i miei giudizi mi collocavo al di là dei conformismi del mio ambiente e mordevo il freno di un’educazione severa e forse ipocrita. Alla quale avevo obbedito, sforzandomi di aderirvi con un'opera di autoconvincimento negli anni immediatamente precedenti.
Nel 1963 l’avevo ormai catalogata come sbagliata, e mi preparavo a buttarla via.
Ma gli occhiuti guardiani della morale sessuofobica vigilavano. Io incappai in uno di loro, nella persona di una mia coetanea che mi alienò, per pruderie e forse invidia e gelosia, l’affetto e la stima di un vasto ambiente intorno a me. Non è questo il punto che mi preme raccontare-a quei tempi di storie così ne accadevano continuamente-ma il fatto che, per una frase spavalda e ingenua insieme, per un piccolo, innocente atto di ribellione, l’intera mia vita piegò in una direzione, si plasmarono rapporti, si irrigidirono preconcetti, si pietrificarono giudizi. In fondo la mia storia è una storia pirandelliana. Sapete, quando Pirandello apre uno squarcio nella vita di qualcuno e ci fa vedere come questa possa essere tutta inghiottita da quello squarcio? E la storia di Chesil Beach è, in questo senso, pirandelliana. Anche qui i due protagonisti vedono la loro vita piegare in una direzione piuttosto che in un’altra a causa di una sola, solissima notte. Resteranno prigionieri di quella notte che porterà via loro la possibilità di una vita ricca di amore e di gioia. Ciò nonostante non è un libro triste. Siamo troppo presi dal succedersi dei minuscoli avvenimenti che indirizzeranno la vita dei protagonisti per rattristarci per loro. E troppo incatenati alla scrittura perfetta dell'autore.
Solo dopo, scuotendo il capo, ci verrà di dire: Peccato!
Va letto. Anche o forse soprattutto da chi è venuto al mondo molto dopo quel 1962.


Idea! Mi raccontereste i vostri vent’anni?
Qui vi sintetizzo i miei.
I miei vent’anni sono stati molto lirici e poco epici.
Dopo una piccola indagine ho scoperto che il 1963 era l’anno in cui la Cinquetti cantava “Non ho l’età”. Io la trovavo melensa. Mi elettrizzai invece per Love me do dei Beatles, come se li aspettassi.
E’ anche l’anno della Pacem in terris, ma io l’ho letta dopo.
È l’anno della uccisione di Kennedy, ma non chiedetemi dove ero quando lo appresi perché non lo so.
Ricordo invece il Vajont. Un’immagine in bianco e nero che strappava il cuore. Senza colpe. La fatalità della natura. Così credetti. Molto dopo ho scoperto che di fatale non c’era proprio niente.
Per circa un anno ho vissuto in un mio mondo privato. Il mio ventesimo anno è stato il culmine di un processo di focalizzazione sui miei sentimenti.
Poi entrata all’Università sono tornata a volgere il mio sguardo al mondo fuori di me e non l’ho più distolto.
Ma quell’anno lo ricordo come un tuffo nel profondo di me stessa.
Da cui emersi senza aver capito niente. Né dopo migliorai.
Non mi sentivo immortale, come dicono che si sentano i giovani. Avevo una punta di amaro già allora. Sono stata una ventenne atipica. O tipica del secondo tipo.

24 commenti:

  1. Già comprato ma non ancora letto... Lo farò presto, un abbraccio, Giulia

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  2. Anch'io sono stata una vent'enne atipica, e se sono tutte come te... Ben vengano. Costanza
    Vieni sempre a trovarci quando puoi, ci fai molto piacere

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  3. Ho sbagliato link prima...Ho messo quello di Giulia...

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  4. I miei vent'anni non li ricordo con piacere. Troppa confusione nella mia mente: un'unica certezza, quella di non volermi uniformare ai più. Ma questa certezza, che mi accompagna ancora oggi,mi portò ad isolarmi in un mondo mio, ad essere sempre e comunque contro corrente, ad assumere atteggiamenti estremi che mi hanno indotto anche a sbagliare, e molto.Ma non ho rimpianti di sorta. Il senso di inadeguatezza è mio compagno di vita ancora oggi, ma la maturità mi ha insegnato a farmene una bandiera, per poterlo accettare.
    Il senso di immortalità invece mi apparteneva e talmente tanto dall'indurmi ad intraprendere strade molto rischiose per la mia salute.
    Oggi sono la somma di quella di allora e di quella del "divenire".
    Non mi lamento: tutto sommato, mi sto bene così, mi piaccio :-)
    Baci baci...

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  5. Cara Anna, scusami, avevo perso il tuo commento.
    Il senso di inadeguatezza ci perseguita in molti. Mi spiace che lo abbia dovuto sperimentare anche tu.
    Piacersi è il massimo. Anche io mi piaccio "così" ma qualche volta vorrei piacere anche al mondo ;-))

    ciao marina

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  6. ecco, qui , cara marina mi soffermo di più
    ecco un esempio di cosa avviene su blog. questo è un post che si presterebbe ad essere commentato per anni. magari andando a ritroso a vedere cosa avevano scritto 5 anni prima.
    solo che la struttura cronologica dei blog, il loro essere improntati al dio cronos, il tempo divoratore lo mette presto in ombra.
    ecco l'idea del "gruppo di lettura": salvare un post di un libro e metterlo in lettura
    e ricordare ad un gruppo che "è aperta la discussione" su tal libro.
    e ritrovare quasto quaderno annotato (il post e relativi commenti)
    da cui una proposta: se sei d'accordo vorrei proporre questo tuo post così com'è (è di fatto un post di avvio, come gli altri) al gruppo di lettura
    si unirebbe agli altri.
    io ricorderei che c'è nella mailing list, segnalerei il link ai lenti i pigri lettori entusiasti della prima ora
    dimmi se ti va
    ciao
    amalteo

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  7. Cara Marina,
    dal regno animale cui appartengo e dal regno vegetale in cui sono ancora sprofondata giungono inequivocabili segnali che bussa la primavera e che c’è una voglia matta di sesso, là fuori.
    La stessa voglia matta che percorre il bel libro di McEwan, con quel sapore di delicato ma convincente erotismo che, ahimé, culmina in un atto mancato.
    Anche a me piace molto la scrittura di McEwan, gradevolissimo compagno del tempo libero grazie alla sua pregevole capacità di raccontare eventi, senza costringerti a pesanti sforzi di concentrazione.
    Una recensione di Masolino D’Amico e le tue note mi hanno fatto ritornare a Chesyl Beach.
    Scrive D’Amico che l’autore, nella sua notevole bravura, propone fatti discretamente improbabili (giustifica la sua critica spiegando che milioni di inglesi precariamente preparati al sesso si sono sposati senza drammi sia in quell’anno che nei vari secoli precedenti).
    Scrivi tu, Marina, di una storia al di là dello spartiacque rappresentato dalla rivoluzione sessuale.
    Ovviamente, come sempre, un romanzo letterario è “mosso” dalle personali visioni di chi lo legge. Dal mio punto di vista, quindi, l’eventuale punto poco credibile sta in quelle 6 righe dell’ultima pagina “Non sapeva … che … Florence non si era mai sentita tanto innamorata e sgomenta, e che il suono della sua voce l’avrebbe raggiunta come una salvezza, che si sarebbe senz’altro voltata”.
    Mi pareva, nel leggere questo finale, di cogliere quasi un tentativo di recupero gettato là per farsi perdonare (parlo dell’autore, non del protagonista) la costruzione di una Florence eccessivamente sessuofobica, poco aderente ad una semplice paura della prima notte di nozze.
    Già, la sessuofobia. Lascio là dove sono gli anni del puritanesimo spinto e della repressione e perbenismo old-style.
    Penso al “Libera tutti” citato da Marina e al clima dei miei vent’anni, collocati più verso la fine degli anni settanta, ma sicuramente ancora ben influenzati dalla liberazione delle catene morali.
    Rievoco di quell’epoca i Porci con le ali della Ravera, la mitica e censuratissima scena del burro dell’Utimo tango di Parigi, gli happening del partito radicale con i suoi “Marijuana e sesso liberi” e l’odore dolciastro che opprimeva, insieme all’afa, le caldi notti milanesi.
    I miei vent’anni, orribili, mi hanno visto più schiava degli slogan allora in uso, piuttosto che convinta partecipe e conoscitrice della loro origine.
    Ma lascio là anche quegli anni.
    Ritorno al romanzo e penso a Florence che mai nasconde la sua avversione per l’oggetto sessuale.
    E penso a inquietanti altri indizi dei nostri giovani attuali. Le indagini sociologiche che evidenziano un alto numero di “matrimoni bianchi”. I disturbi alimentari patologici e la ricerca estenuante di un modello corporeo minimale. L’indifferenza per la passione.
    E penso anche a nuove tendenze del maschio. Sono in numero sempre più crescente i casi di anoressia maschili. Troneggiano sugli autobus le pubblicità dell’epilazione definitiva con in primo piano ex petti villosi diventati lisci e diafani come lastre di marmo. Sfilano in passerella del Pitti Uomo le prime gonne del sesso “forte”.
    Guardando ad un futuro non lontano e non fantascientifico, mi imbatto in quella che considero una nuova forma di sessuofobia: l’annunciata possibile riproduzione asessuata e la conseguente, definitiva, espulsione del maschio.
    Certo, sono solo indizi estremizzati.
    Tuttavia in questo mio letargo che volge al termine, con un occhio aperto guardo il mio spelacchiato TartaRugoso nella nuova veste di un prezioso bene in via di estinzione. Una rarità da amare ancora di più.
    Ciao. TartaRugosa.
    tartarugosa.splinder.com

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  8. ciao tartarugosa, prima di tutto un chiarimento. Devo creare uno spazio per la discussione sul libro? è la prima volta che ospito un gruppo di lettura e non so bene le modalità.

    Nel merito invece: su Florence ho avuto anche io dei dubbi. E in effetti c'è una non piccola contraddizione tra l'idea che ci si fa di lei lungo tutto il libro e quelle ultime righe. Io l'ho letta come una scoperta che Florence fa nel corso della sua vita, a ritroso. Certo è un'idea un po' arbitraria.
    Mi chiedo però quante donne sono parse, a se stesse, sessuofobiche in quegli anni. Io ne con sicurezza conosciuta una, una ragazza che ha sprecato la sua giovinezza, prima di riconoscere che il sesso faceva parte dei suoi bisogni e dei suoi desideri. Nel frattempo ha anche rovinato la vita ad altri intorno a lei. Il peso era fortissimo e se non si aveva almeno una scintilla di ribellione si poteva finire schiacciati.
    Il quadro che tu fai dei giovani di oggi mi trova in parte d'accordo.Il desiderio sembra spegnersi nella banalità, nel consumo. La riproduzione asessuata non mi spaventa. Mia figlia, 36 anni, sostiene che gli uomini verranno usati come oggetti sessuali ;-)
    Tra gli altri sintomi, accanto a quelli indicati da te, metterei la grande diffusione della impotenza maschile tra i giovani.Soprattutto di origine psicologica. Ho letto dati spaventosi.
    Forse un po' di pruderie andrebbe rivalutata?
    E' il frutto proibito che stimola l'appetito?
    ciao marina
    PS la mia tartaruga si è svegliata, troppo presto temo, sta tornando il freddo.
    auguri al tuo tartarugoso

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  9. cara marina
    passavo di qui per il consueto giro quotidiano sui libri in lettura.
    in attesa di dire la mia su chesil beach vorrei intervenire sulla tua domanda sul gruppo di lettura.
    non c'è alcuna regola.
    l'unica cosa che può "salvare" un libro è tenere SEMPRE LO STESSO POST con i commenti.
    puoi invitare altri tuoi amici a questa lettura ed agli altri libri che abbiamo messo sotto attenzione condivisa, puoi creare dei tag (segnalini per argomento) come ho fatto sul mio tracce e sentieri, tanto per avere sempre sottomano i link ai libri in lettura; puoi procacciare altri lettori, come ho fatto io con te (ti ho scovato in un commento e ti ho chiesto di iscriverti alla mia mailing list) o girandogli la mail che io periodicamante invio
    non ci sono molte altre soluzioni per la inesorabile struttura cronologica dei blog (è il dio cronos divoratore che vigila su queste tecnologie).
    se in quel tuo sala lettura che vedo qui a fianco tu potessi mettere autore e titolo con link, ci sarebbe un segnale fisso sulla home page.
    un solo link per ogni autore/titolo e diffonderlo: questa è forse l'unica regoletta
    ciao

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  10. “avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita”, Paul Nizan (1905-1940), Aden d’Arabia, prefazione di J.P.Sartre, Nondadori, 1961

    Io nel 1968 avevo vent’anni
    Ho l’età della Costituzione repubblicana, da qui devo avere ereditato culturalmente l’idea della centralità delle regole per mantenere l’equilibrio psicologico e sociale e raggiungevo i miei venti anni nel cosiddetto sessantotto. Ero uno degli studenti di trento.
    Ho conosciuto quella cultura. L’ho conosciuta attraverso le biografie delle persone. E’ per questo che mi tengo accuratamente alla larga dalla commemorazione dei reduci e – ancora peggio – da quella della stilista del comunismo che si chiama Rossana rossanda.
    “Scopare” era un imperativo categorico. Ricordo in biblioteca uno che poi scriverà qualche libretto del tutto dimenticabile: guarda una ragazza e le chiede a bruciapelo. “ma tu scopi ?”.
    Confesso che non ho personalmente vissuto quella religione della scopata. Un apparato genitale soddisfacente ma qualche insicurezza di troppo. Ho così evitato l’aids e ho poi felicemente scoperto che il tempio dell’eros è nell’amore coniugale. E che l’eros lo si coltiva nella relazione, nella conoscenza dei corpi, in quella dimestichezza domestica in cui si esaltano le abitudini, i tempi dei chakra di ciascuno. Nella relazione coniugale che è la più profonda delle relazioni , ma anche la più libera. Profonda perché fondata sulla conoscenza reciproca e sulla organizzazione della vita quotidiana. E più libera, perché può finire rapidamente nell’odio reciproco e nel gioco del detestarsi
    Però quelli del 68 e seguenti erano i tempi della “rivoluzione sessuale”. Un mio amico anarchico (questo si è impiccato alla fine degli anni’70) girava con il libro di wilhem reich la rivoluzione sessuale sotto braccio (con fare molto enfatico). Lo usava come un segnale di disponibilità.
    Ian Mc Ewan (che amo molto, anche perché siamo cresciuti insieme, essendo anche lui del 1948) racconta la situazione psicologica della relazione matrimonial- sessuale del 1962.
    L’opposto del “ma tu scopi?”
    “erano giovani, freschi di studi e tutti e due ancora vergini in quella loro prima notte di nozze, nonché figli di un tempo in cui affrontare a voce problemi sessuali risultava semplicemente impossibile” (p.5)
    Tu, marina hai colto un elemento centrale di quel romanzo: “il meccanismo per cui una vita, o due vite insieme, possono essere segnate da un solo giorno, da un solo atto.”
    Da una parte il non dirsi, dall’altra il togliersi le mutande inseguendo il (indubbiamente meraviglioso) codice dell’istinto sessuale che non incontrava più la regola morale tramandata dalla tradizione.
    Mi fermo qui.
    Perché vorrei tornare un’altra volta sui motivi per cui non si parlano, non si dicono quello che (forse) poteva essere detto.
    Non posso trascurare un passaggio del tuo commento a tartarugosa : “Mia figlia, 36 anni, sostiene che gli uomini verranno usati come oggetti sessuali ;-)” interpreto il segno emoticon come uno schiacciamento dell’occhio, cioè che è uno scherzo linguistico. Altrimenti tuo nipote tommasino avrà un ciclo vitale piuttosto arduo , con poco spazio per coltivare l’erotica (di cui discettava anche l’antipatico adriano)
    Grazie per l’attenzione
    Il lettore amalteo

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  11. amalteo perdonami, ma rimando le mie riflessioni sul tuo intervento a sabato, per mancanza di tempo.
    ciao marina

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  12. Mi riallaccio alle osservazioni, che condivido in toto, di TartaRugosa sulla sessualità odierna, quando scrive di "inquietanti altri indizi dei nostri giovani attuali. Le indagini sociologiche che evidenziano un alto numero di “matrimoni bianchi”..ecc..

    Vorrei solo notare come alcune pubblicità, già da una decina d'anni almeno, avevano colto questa tendenza dei giovani (maschi?) ad astenersi, questo progressivo disinteresse (?) verso l'eros: pensate al FATE L'AMORE CON IL SAPORE (della Muller), che a me, personalmnete, ha sempre mandato in bestia
    (con il sapore, un corno! fatelo con me, ve ne prego :)

    Mi fermo qui per non imbarazzare la "tenutaria" del Blog. Eppoi il libro non l'ho letto.
    E forse sono anche Off Topic.

    Ciao, f.

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  13. Ciao lettore Amalteo, eccomi qui puntualmente a commentare il tuo intervento.
    Vent’anni nel ‘68. Sintetizzare quegli anni come solo quelli del “ma tu scopi?” mi sembra a dir poco limitativo. C’era la guerra del Vietnam, ricordi? Io non “ho fatto” il 68; mi sono laureata nel ’67 e ho seguito quelle vicende come appassionata spettatrice. Ma ne ho un ricordo diverso.
    Quei giovani, anche se più giovani di me di soli 5 anni, mi apparivano come i grandi vendicatori delle catene che erano state imposte alla mia gioventù.
    E sinceramente l’aver sostituito l’apprendistato sessuale presso le puttane, con la scopata goliardica mi sembra un passo avanti, non fosse altro perché l’apprendistato lo facevano così anche le ragazze.
    Personalmente credo alla profondità della relazione coniugale ma molto meno alla sua libertà. Considerarla la più libera (lo sostiene anche Yeoshua) “perché può finire rapidamente nell’odio reciproco e nel gioco del detestarsi” mi sembra nello stesso tempo un po’ retorico e un po’ triste. L’odio può essere un legame potentissimo.
    Mi sembra di vederlo il tuo amico anarchico che girava ostentatamente con La rivoluzione sessuale di Reich sotto il braccio, così come si girava con la copia del Manifesto. Il mio sguardo è però più indulgente del tuo. In questo i giovani di quegli anni erano ugauali a quelli di sempre: avevano bisogno di distinguersi dai “grandi” e di “riconoscersi” tra di loro.
    Sul parlare o no di sesso, sono invece più severa di te verso quei giovani: penso che si toglievano disinvoltamente le mutande, ma di sesso non sapevano parlare. Furono le donne negli anni ‘70 ad imparare tra di loro e poi ad insegnare un possibile modo di parlare della propria sessualità.
    Sull’interpretazione dell’emoticon non sbagli: scetticismo e ironia. Penso che Tommasino non avrà problemi.
    grazie per la chiacchierata, speriamo in qualche altro intervento
    ciao marina

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  14. Ciao a tutti,
    volevo condividere con voi il mio sentire. Faccio fatica a CIRCOSCRIVERE la complessità del tema trattato da ian mcewan in questo romanzo solo entro un “caso-tipo” del periodo della pre-rivoluzione sessuale.
    Mah, pensavo che se qualcuno avesse scritto un libro sulla mia prima notte di nozze non avrebbe potuto fare altro che inquadrarlo nel periodo precedente il 1963, se vivevo in Inghilterra, o il 1968, dato che vivo in italia., con una differenza però, che io e il mio chele siamo qui a raccontarcela e a sorriderci sopra. Eppure era il 1996 ed entrambi avevamo 36 anni. Ma meno male che noi due non facciamo testo.Vi risparmio la descrizione dei miei 20 anni.
    Allora in che consisteva l’ostacolo? Si chiede mciwan: “Nelle rispettive personalità unite al passato, a ignoranza e paura, timidezza, pruderie, mancanza di fiducia in se stessi, esperienza e disinvoltura, più qualche strascico di divieto religioso, l’educazione britannica e l’appartenenza di classe, la Storia insomma”.. e qui se ne potrebbero aggiungere di motivazioni… . Peccato che poi però nel romanzo si scivoli via dicendo “cosette di poco conto”.
    “Era ancora sua madre a occupare i pensieri di florence. Dopo tutto quel tempo trascorso in compagnia delle amiche affettuose dell’ostello, tornando a casa non aveva potuto non notare la lontananza fisica di sua madre. Mai una volta che l’avesse baciata ed abbracciata, neanche da piccola. Si può dire che Violet non sfiorasse nemmeno la figlia. … “.
    “… Suo padre suscitava in lei emozioni discordanti. C’erano volte in cui lo trovava fisicamente ripugnante e a stento riusciva a reggerne la vista – la pelata lucida, le manine bianche, … . In passato la portava con sé ed era capitato spesso, quando Florence aveva dodici, tredici anni, che azzardasse una traversata fino a carteret. Non parlavano mai di quelle uscite. Lui aveva smesso di invitarla, e lei era contenta così. Qualche volta però, in un empito di affetto e di senso di colpa, gli arrivava alle spalle, se lo abbracciava stretto, gli baciava la zucca e gli si strofinava addosso , godendosi il suo odore di pulito. E dopo tutto ciò, si detestava per averlo fatto. … Come sempre, florence tendeva a nascondere i sentimenti ai famigliari… in seguito avrebbe ringraziato il cielo di non essersi lasciata scappare parole amare o velenose che l’avrebbero tenuta sveglia e angustiata per tuta la notte. Non faceva che ricordare a se stessa quanto amava la sua famiglia, intrappolandosi sempre più efficacemente nel silenzio. Sapeva benissimo che la gente litiga, anche in modo burrascoso magari, e poi si riconcilia. Ma non aveva idea di come iniziare… “.
    “Ogni volta che Edward le chiedeva, Come stai?, oppure, A che cosa pensi?, la risposta di florence usciva insicura. Possibile che le ci fosse voluto tanto tempo per rendersi conto di non possedere una facoltà mentale semplicissima, che tutti avevano, un meccanismo talmente comune da non essere mai nominato, un immediato rapporto sensuale verso uomini e cose, nonché i propri bisogni e desideri? Per tutti quegli anni florence curiosamente si era isolata in se stessa da se stessa, senza volere né osare guardarsi indietro.”.
    “In passato, Florence aveva conosciuto soltanto il brodo rassicurante di emozioni tiepide, la calda trapunta invernale di cortesia e fiducia reciproca. E ora, finalmente, con il suo amore per Edward, ecco L’INIZIO DI UN DESIDERIO, inconfondibile e ignoto, ma senz’altro suo, e su tutto, come sospeso al di sopra e alle spalle di lei, appena invisibile, il sollievo di scoprirsi esattamente come tutti gli atri.”.
    Dal canto suo Edward crebbe all’interno dei confini di una madre cerebrolesa, Marjorie, che bisognava proteggere, nel silenzio, “abitandone in modo acritico le assurdità fintantoché nessuno si azzardava a definirle”. … E crebbe con quella sua costante preoccupazione per una “caduta di stile”.
    MA DAVANTI AL CORPO SERVE UNO SGUARDO CHE NON E’ QUELLO DELLE LEGGI O DELLE REGOLE, DAVANTI AL CORPO OCCORE IL SILENZIO DELL’ASCOLTO, OCCORRE LA LENTEZZA E LA PAZIENZA DI UNA “RICERCA” A MANI NUDE. A Florence le occorreva soltanto essere certa che lui l’amasse, sentirsi rassicurare sul fatto che non esisteva nessuna fretta, avendo un’intera vita davanti. Amore e pazienza. E IO NON CREDO CHE SOLO I “TEMPI DIVERSI” LI AVREBBERO AIUTATI A SUPERARE OGNI COSA. Nessuna rivoluzione sessuale sembra aver dissolto ancora i segreti più intimi dell’incontro tra due corpi, in grado di provocare la più grande meraviglia o il più terribile annientamento.
    Poi, sicuramente, i “tempi diversi” possono contribuire ad aiutare.
    Ciao
    A rileggerci
    prisma

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  15. Salve prisma e benvenuta. Certo hai ragione, "nessuna rivoluzione sessuale sembra aver dissolto ancora i segreti più intimi dell'incontro tra due corpi", lo dici molto bene. Ma la differenza che possono fare i tempi, secondo me, non è piccola. Se intorno a te c'è una società sessuofobica e puritana, repressiva e ipocrita, tutto il tuo slancio ne è soffocato e appesantito e avvelenata la fonte stessa del desiderio.
    Basta pensare al concetto stesso di "prima notte di nozze". Osceno secondo me.
    Il semplice fatto che nessuno sappia quale è la tua "prima" notte, perché la vivi in un momento x ignoto a tutti, nel riparo dell'incontro segreto, ti libera del peso di tutti quegli sguardi che quasi senti su di te. Perché tutti sanno che in quella notte precisa, in quel posto prenotato, avverrà la vostra esperienza. No, il peso di quegli anni è stato terribile. Lo so anche io che gli Inglesi si sono sempre riprodotti pur in presenza di quella morale opprimente, ma hanno avuto una felice vita sessuale? quante Florence si sono credute frigide? quanti Edward si sono sentiti respinti, come esseri disgustosi? quanta infelicità ha serpeggiato tra le coppie?
    Io spero che la banalizzazione estrema dell'esperienza sessuale cui assistiamo oggi sia solo
    l'ultimo limite dell'onda di piena e che rientri piano piano in un incontro in cui il mistero resista, con le sue paure e le sue palpitazioni, ma senza la volgarità estrema dell'appuntamento fatale.
    ciao marina

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  16. Non deludo l’invito di Paolo, scrivo con piacere.
    Avevo vent’anni nel 1978 e quindi completamente esente dai favolosi anni precedenti dove, mi raccontano, davvero era una gara al divertimento.
    Quella spensieratezza non è stata la mia per molto motivi: condizione sociale, educazione, carattere, paure domestiche, anni di piombo.
    La condizione sociale era semplice : i soldi servivano tutti e solo per l’affitto e i risparmi prima, il mutuo poi. Era così connaturata l’idea del sacrificio, del negarsi tutto che alla fine i miei si negarono anche quello che si poteva fare, tipo biglietti gratis del cinema andati sprecati.
    Nessuna vacanza, mai, almeno con loro. Andavo da zia al mare, per fortuna.
    Loro uscivano dalla guerra senza la reazione al benessere di molti altri. Ovviamente la loro chiusura doveva anche essere la mia ma lì uscirono insieme, sempre a braccetto l’educazione e il carattere.
    L’educazione mi aveva insegnato la determinazione ma il carattere l’avevo preso dai parenti di romagnoli. Quindi ero ragazza integerrima ma incline alla compagnia, alla socializzazione.
    Qui subentrarono le paure domestiche verso un mondo che i miei seguivano da lontano e non capivano. Fuori casa solo pericoli, cattive compagnie, perdigiorno, mangiapane a tradimento.
    Anche io ero mangiapane a tradimento per cui sin da piccola imparai a rassettare, cucinare, cucire.
    Alle medie comincia dipingere e dai 15 anni comincia a vendere tele per comprare gli agognati pantaloni che non tolsi mai fino ai vent’anni quando mia cognata (futura) mi regalò una gonna e scoprirono che non ero grassa e avevo le gambe dritte. Insomma, mi vestivo come un sacco con maglioni fatti da me ai ferri. Frequentavo un gruppo cattolico dove le ragazze facevano catechismo e rimanevano incinte. Scappai dalla loro ipocrisia.
    E poi ci fu il 1976 e il primo voto ai diciottenni. Votai, per il rotto della cuffia avevo diritto.
    E iniziò la rivolta in casa dove la paura del mondo era diventata terrore.
    Ma al liceo o si stava con la politica o in discoteca.
    Scelsi la politica e lasciamo perdere le tragedie in casa. Ma per me andava bene perché c’era lo stesso rigore morale cui ero stata abituata in casa.
    Quel mondo adulto di gente semplice ma impegnata mi salvò. Trovai padri e madri, amiche, amici e un fidanzato, l’unico fino al matrimonio.
    Ma alla fine tutte le compressioni della adolescenza e della gioventù scoppiarono a contatto con il mondo del lavoro. In fondo la sezione era anche una casa, fuori c’era un mondo tutto da scoprire.
    Ancora oggi lo scopro con l’ingenuità dei vent’anni.
    Non basta essere “bravi” per non subire torti, oggi come allora. Ma “cattiva” proprio non riesco.
    Il sesso? Ho sposato il mio primo ragazzo…ho detto tutto. A me : -tu scopi- non l’ha chiesto mai nessuno, mi chiamavano la cassaforte.

    Mara

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  17. Ciao Mara, il tuo intervento mi è piaciuto molto, per la schiettezza e la semplicità. Ci vogliono idee forti per essere semplici e diretti. Quando le "compressioni " sono scoppiate ho tirato il fiato con te. Mi sembra di vederti, maglioni informi e pantaloni larghi. Scoprire che si è femminili è un gran bel momento.
    grazie per il tuo intervento
    approfitto e ti auguro Buona Pasqua
    marina

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  18. eh sì, mara scrive anche racconti e poesie. sa usare la scrittura, dosando i tempi e le parole. e poi riflette sulle esperienze forti, quelle che hanno messo in tensione le persone nel loro rapporto con la politica.
    tu marina, però, sei parziale.
    fai le differenze di genere.
    le donne le elogi sempre, i maschi, appena puoi li strapazzi.
    negalo!

    ciao
    paolo amalteo

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  19. pensa amalteo, che non mi ero neanche accorta di averti strapazzato, mi viene così spontaneo ;-)))
    ora mi rileggo

    Mi sono riletta: MA IO NON TI HO STRAPAZZATO!!
    buona pasqua anche a te, lettore amalteo
    marina

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  20. ah ah ah (mi sembra che si rida così sui blog)
    volevo vedere se avevi la coda di paglia!

    buoni giorni anche a te
    paolo amalteo

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  21. lascialo scherzare paolo, è sempre così serio!!!
    Grazie della risposta Marina.
    Poi del mio brano creo un post e metto il link alla tua iniziativa.
    Devo farlo da casa, in uff le funzionalità sono limitate.
    Magari arriva qualcun altro a raccontare, magari un uomo!!!! :-)

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  22. Cara Marina, ho letto anch'io il libro e mi è piaciuto perchè ho ritrovato molte delle paure che avevamo a quei tempi. Poi c'è stata "la liberazione sessuale", il '68, ma le paure non sono passate subito, semplicemnete si è cominciato a parlare, a discutere di questi problemi ed è stato un momento importante. Dubito però che oggi anche se più liberi la sessualità non sia più un problema, per molti lo è ma tacciono. Per lo meno così mi hanno raccontato molti ragazzi.
    Quando avevo vent'anni... è molto lungo da raccontare: è stato sicuramente un periodo molto intenso e vitale, importante per la mia formazione come donna e come persona, ma anche tanto e tanto travagliato. Giulia

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  23. ciao ai lettori e raccontatori,
    sono amalteo48, ma anche Sagittario Mercuriale. e in queste vesti vorrei segnalarvi che la qui sopra giuba47 ha scritto di chesil beach qui:
    http://sapervedere.splinder.com/post/16626105
    una bella "lettura" che ben si integra in questo post letterario-biografico
    salute

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  24. Non parlerò dei miei 20 anni perchè sarebbe molto noioso. Vorrei invece sofferrmarmi sul passo del romanzo che mi ha più colpito e che fin'ora non è stato discusso. Siamo all'ultimo incontro tra Florence ed Edward sulla spiaggia. In quel momento assistiamo all'ESPLOSIONE di Florence, che manda in frantumi gli schemi di comportamento riconosciuti e condivisi che fino ad allora l'avevano guidata dolcemente sulle rotaie di una dorata esistenza borghese.

    E' un momento traumatico e drammatico: traumatico perché improvviso, imprevedibile e violento, destinato a lasciare una traccia indelebile nella vita di Florence e in quella di Edward; drammatico perché dominato dalle emozioni più primitive - come ira, rancore, spietatezza - e dai gesti più inattesi.
    Florence, una volta abbandonato il palcoscenico della quotidianità dove recita la parte della giovane sposa irreprensibile e devota al marito, si trova ad indossare, quasi senza rendersene conto, i panni della passionaria e ribelle, decisa a dare una svolta al proprio destino liberandosi da un groviglio di paure e sentimenti inespressi ormai diventati insoppartabili. E' come se Florence si trovasse ad improvvisare su un copione letto per la prima volta, costruito attorno alle battute di Edward. In altre parole, è come se Florence si fosse calata in una dimensione nuova e seducente, quella dell'emotvità impulsiva e irruenta, ed in quella dimensione volesse mettersi alla prova per sondare anche gli aspetti più disdicevoli e meschini della propria personalità, inscenando una specie di duello in cui Edward rappresenta suo malgrado l'unico e necessario antagonista: "He stopped a good rooms's length away, and that in itself seemed to herunfriendly, and she felt antagonistic in return. Why had he come cheasing after her so soon?"

    A leggere bene, è come se QUESTA Florence recitasse davanti alla GIOVANE e DOCILE SPOSA che rimane attonita di fronte alla versione inedita di se stessa: "She surprised herself with the hardness in her voice". Ancora: "She heard herself say smoothly, "I know failure when I see it". But it was not what she meant, this cruelty was not her at all. This was merely the second violin answering the first, a rethorical parry provcked by the suddenness, the precision of his attack..."

    Se questo episodio può prefigurare un progresso della protagonista verso la presa di coscienza di sè, un passo in avanti verso l'appropriazione della propria vita da vivere in base a parametri del tutto personali e non generalizzabili, Florence tuttavia non si sente a suo agio con se stessa, sembra non aver ancora trovato la propria dimensione. Da un lato supera la frustrazione del silenzio che l'ha accompagnata in tutti questi anni sia nella vita famigliare ("...as always, Florence was adept at concealing her feelings from her family.... she simply left the room, whenever it was possible to do so undemostratively, and later was glad she had said nothing bitter or wounding to her parents or sisters; otherwise she would be awake all night with her guilt. She constantly reminded herself how much she loved her family, trapping herself more effectively into silence.") che in quella sentimentale ("They barely new each other, and never could because of the blanket of companionable near-silence that smothered their differences and blinded them as much as it bound them."). Il silenzio è la causa principale della sostanziale estraneità o limitata conoscenza del prossimo perciò l'esternazione fredda e tagliente dei propri pensieri è vissuta da Florence come una rivincita, una riappropiazione della propria vita e una liberazione.
    Dall'altro lato, verso la fine della scena, la protagonista si sente ancora richiamata ad assolvere al suo ruolo sociale: "So she should make things simple. It was her duty, her material duty".

    Un'ultima riflessione riguarda la condizione fondamentale che ha reso possibile la messa in scena di questo atto liberatorio estremo da parte di Florence: l'oscurità che avvolge il volto di Edward tanto da renderne indistinti i contorni, fino a ridurlo ad una figura bidimensionale, in lontananza. Una volta astratto dalla società e dal tempo, Edward è solo uno dei tanti possibili interlocutori di Florence, è la controparte che le permette di esternare dei sentimenti da tempo schiacciati da un senso del dovere e della morale imposto e mai del tutto assimilato.

    Che gran libro!

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