sabato 20 ottobre 2007

sorrida, prego!

Umorismo
Quando mi sento un po’ giù -un giù riparabile anche se già gravoso- ricorro ad alcune letture che hanno il potere di farmi ridere.
Ho diverse possibilità. Posso scegliere Comma 22, o il Candido o, per i casi più seri, Laurence Sterne. Del Tristram Shandy mi bastano le prime venti pagine. Penso che riuscirebbe a farmi ridere anche sul patibolo. Ho anche altri libri- frecce al mio arco, ma non voglio trasformare questo post in una lunga prescrizione terapeutica.
Del resto, secondo me, niente è più soggettivo che il ridere. Mentre piangiamo più o meno tutti per le stesse scene di un film, ridiamo spesso in passaggi diversi e una scena che fa solo sorridere uno spettatore scatena invece l’ilarità di un altro.
Si piange insieme ma spesso si ride soli.
Il riso e il sorriso hanno costituito oggetto di attenzione di filosofi, psicologi, antropologi, e scrittori. Tra questi Bergson, Pirandello, Kierkegaard e Freud.
Per Freud (Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio) l’umorismo è un meccanismo con il quale esprimiamo dei contenuti del nostro inconscio, -attinenti alla sessualità e all’aggressività- altrimenti repressi. Con il motto di spirito risolviamo rapidamente, risparmiando energia psichica, una situazione emotivamente spiacevole.
L’aggressività, ad esempio, eludendo la censura del Super-io, si esprime senza costituire trauma per il nostro interlocutore. Questo accade grazie al motto di spirito, alla battuta umoristica, ma anche attraverso l’ironia. Ed era proprio qui che volevo arrivare. All’ironia. Ne parlerò facendomi aiutare dal Manuale di retorica di Bice Mortara Garavelli, studiato nei lontani anni ottanta.

Ironia/retorica
L’ironia ειρονεια è una metafora, cioè uno spostamento, un trasferimento di vocabolo e/o di senso. Intorno alla definizione di ironia hanno lavorato studiosi di discipline diverse, attratti ognuno da uno dei suoi aspetti. Prevale comunque la concezione di ironia come “antifrasi” o “inversione semantica”, cioè il ‘dire l’opposto’ di ciò che si crede e che realmente è. L’autoironia poi è un specie di citazione di se stessi, il riportare la parola propria o il proprio pensiero sottolineandone l’errore, l’inammissibilità,l’inopportunità o l’inadeguatezza.
L’ironia è distanziamento: menzione di un enunciato cui si invita a non prestar fede.
L’ironia è anche uno “sgonfiamento dell’enfasi, del prendersi sul serio; vuole indurci a ridimensionare il mondo e noi stessi, ma non è né superficialità né futilità”.
Prototipo dell’ironista è Socrate, che demolisce le vuote ostentazioni, aiuta mentre mette in difficoltà, è sfuggente, imprevedibile e saggio mentre si finge ignorante.
L’ironia ha una forma aggressiva, l’antifrasi, che si ha quando un’espressione viene usata per dire l’opposto di ciò che essa significa (Bravo! Bene! per rimproverare o disapprovare.) O quando, al tizio che mi sbatte in faccia la porta di un negozio sorrido dicendo –Grazie, lei è un vero gentleman.- Se invece gli rivolgo un “Studiato ad Oxford, vero? “siamo al sarcasmo, che è più aggressivo ed aspro. Era una antifrasi il termine “Eumenidi” –benevole- con cui si indicavano le Parche, e serviva per tenersele buone, aveva cioè valore apotropaico.

Ironia/pratica
L’ironia è un’arte, un’arte in cui occorrono due artisti, uno per pronunciare l’enunciato ironico, l’altro per afferrarlo.
Presuppone infatti sempre la capacità, nel destinatario, di afferrare lo scarto tra il livello superficiale e il livello profondo di un enunciato, di operare, cioè, una manipolazione semantica per decifrare correttamente il messaggio.
Se l’interlocutore B non riconosce l’ironia dell’interlocutore A e risponde al livello superficiale del discorso si crea un fenomeno di “slittamento comunicativo” –io la chiamo ironia al quadrato- e l’ironista tra i due si concederà un piccolo sorriso interno alle spalle dell’interlocutore “sordo” all’ironia.
L’ironia può essere leggera, tagliente, fredda, sottile, pesante, bonaria, arguta, faceta, beffarda, amara, crudele, ma per me è sempre divina. Sia che me ne stia servendo io, sia che ne sia l’oggetto.
Fine anni sessanta. Andava molto di moda una esuberante bijoutterie, lanciata dalla maison Chanel, fatta di lunghe catenine dorate di mille fogge diverse. Ne avevo al collo una chilata circa su un treno verso Milano ed un simpaticissimo signore di Bologna mi disse “Ma poteva ben mettersi un monile!” con un irresistibile accento emiliano. Se con cortesia mi avesse fatto osservare che, a suo avviso, per carità, senza offendere, tutte quelle collanine erano troppe, mi avrebbe sicuramente indispettita e me le sarei tenute. Ma quel signore era un ironista. Così non solo risi -e al ricordo ancora rido- ma chiusi definitivamente il mio rapporto con la bijoutterie Chanel.
Io adoro l’ironia, anche quando ne sono oggetto. E credo all’autoironia, castigatore di tutte le nostre velleità. L’ironia e il dubbio sono compagni, entrambi rifiutano il dogma, la verità data una volta per tutte.
Io credo all’ironia come si crede ad una divinità minore, o a quei piccoli santi di paese, che non compaiono più sul calendario ma sono oggetto di culti tenaci nei più minuscoli comuni italiani.
Io non solo credo che l’autoironia sia cosa buona e giusta, ma la considero potentemente terapeutica. Mi ci faccio delle belle docce, rovesciandomela in testa ed insaponandomici ben bene, ogni giorno. L’ironia può essere crudele, si dice. È vero, ma è sempre preferibile ad una dichiarazione di guerra.
Freud stesso la raccomanda come mezzo per “aggirare espressioni dirette più facilmente aggressive”. L’ironia non mente, rimanda. “Sto dicendoti A invece di B. Vogliamo arrestarci qui, senza che io debba dirti proprio B?”
L’ironia interroga anche: senti, vogliamo scherzarci su questa faccenda?
È un’opportunità di ridere insieme invece di accapigliarsi.

Ironia/roma
E qui veniamo alla parola che secondo me fa binomio con ironia: roma.
L’ironia sta a questa città come i gianduiotti stanno a Torino e i baci a Perugia. È molto meno dolce, ma non è necessario limitarne l’assunzione.
In questa città dove vivere non è una ‘sinecura’ milioni di possibili conflitti e scontri sono stemperati ogni giorno da una battuta ironica. Tragedie vengono evitate con una sola frase, morti ammazzati risparmiati in forza di una parola e un livello accettabile di civile inciviltà si conserva solo grazie all’indole ironica della popolazione. Indole che subito contagia i nuovi arrivati, che immettono allegramente la loro peculiare versione di ironia nel grande fiume ironico che percorre la capitale e che di rivolo in rivolo la bagna tutta. Senza ironia non ce l’avremmo fatta per secoli e secoli a guardare la faccia del potere senza lasciarci andare a carneficine violente, a cruente insurrezioni, a rivolte sanguinose, o almeno ad una defenestrazione.
E senza autoironia non avremmo potuto accettare la nostra ignavia, la nostra indolenza, la nostra paraculaggine, il nostro cinismo, la nostra viltà. Senza l’ironia non potremmo accettare né noi stessi né gli altri. Invece li accettiamo, ha quasi del miracoloso quanti ne riusciamo ancora ad accettare, anche in questi tempi orribili.
E inoltre ci accettiamo, come accettiamo l’immagine che circola di noi nel resto del paese. Non conosco nessun’altra città italiana che avrebbe sopportato senza un sussulto, senza furori o querimonie, tutti gli improperi che ci vengono rivolti da decenni. Ma noi niente. Una battuta ironica e via. Fa parte del gioco, un gioco che giochiamo da qualche millennio. Non è stato merito nostro, non del tutto almeno. La storia ha voluto così. Ha gravato su di noi, dandoci compiti che, onestamente, avremmo potuto assolvere anche peggio di così. Ci teniamo il Papa da milletrecent’anni o giù di lì. Senza ironia non ce l’avremmo fatta. Io ne ho visti un paio sfilare in portantina. Dico, in portantina. Senza ironia non avrei potuto. Senza ironia non potremmo sopportare il convergere qui di tutti gli scontenti e gli incazzati del paese, senza ironia non potremmo tollerare il passa e spassa di tutte le auto diplomatiche di tutti i paesi del mondo in duplice copia (accreditati presso lo Stato italiano e presso la Santa Sede). Senza ironia come tollerare gli intollerabili mille parlamentari piovuti qui con la loro fame di potere da tutte le parti di Italia, con i loro corteggi, le loro clientele, i loro arrivismi e le loro albagie? Senza ironia come tollerare le strade pubbliche trasformate in private dall’arroganza dei berlusconi, le mille camionette da aggirare davanti alle case e agli uffici dei potenti, e tutte le cerimonie pubbliche, in tutti i luoghi simbolo di un’intera nazione e tutti i cortei, politici, religiosi, casinisti che siano e tutte le udienze papali e tutti gli incontri al vertice e tutte le maratone, per questo e per quello, in difesa di questo e di quello, e i turisti? I turisti. I turisti imperversano per fortuna in mille altre città italiane. (Beccatevene un po’ anche voi). Ma da noi si aggiungono! Pensate che ce la faremmo a non abbatterne un centinaio l’anno se la dea ironia non ci assistesse? Noi guardiamo la varia umanità che attraversa ai semafori e li contiamo: cinquanta, cento, senza lasciarci passare, dietro alla loro guida con l’ombrellino giallo. Giapponesi sorridenti, americani in infradito, francesi con la puzza sotto il naso, tedeschi d’assalto, e sorridiamo. E le comitive di abruzzesi, lombardi, molisani, e di ogni altra regione italiana pronti a travolgerci, a passare su di noi per non separarsi di una incollatura l’uno dall’altro. Noi ci scostiamo, ci scambiamo sguardi di intesa tra di noi, bofonchiamo un po’ e lanciamo lì la battuta ironica. Salvi! Siete salvi! Senza ironia, forse, non l’avreste scampata.
Non so immaginare un’altra cittadinanza ugualmente capace di assumersi tutti questi oneri senza vedersi riconosciuto alcun onore, venendo invece sputtanata ad ogni angolo d’Italia. È solo l’ironia che ci permette di farlo. E noi la spargiamo su tutto, su ogni e qualunque cosa e persona. L’ironia non ha confini, non conosce tabù (Freud docet), investe i viventi tutti e la vita stessa e la morte con lei. Proprio come dice Kierkegaard: l’ironia è “l’occhio sicuro che sa cogliere lo storto, l’assurdo, il vano dell’esistenza”.
Questo è il nostro piccolo talento che tenta di compensare tutti i nostri vizi, i nostri difetti, le nostre meschinità. Ne siamo orgogliosi, è vero, ma anche lì, non crediate, senza esagerare, con riserva. Quando un romano dice con strafottenza “so’ de Roma”, solo un altro romano sa che dentro di sé sta chiedendosi ironico: “e allora?boh..”.

20 commenti:

  1. Molto carino questo post sull'ironia, brrrr...carino! Ma come mi viene in mente di usare questa parola orrenda! Perdonamela, si e' scritta da sola.
    Torno a commentare: molto simpatico questo post sull'ironia... simpatico! No, no, non va bene neanche simpatico. Riprovo.
    Molto leggero, lieve, sorridente, pervaso di bonomia, di tenera complicità, di sguardo acuto e morbido. Sguardo di donna. Di occhi ridenti. Di fanciulla, di intelligenza. Di parole.

    http://baluginando.blogspot.com/

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  2. Che bel post... Mi ha fatto davvero ripensare a come a volte rischiamo di perdere queste grandi capacità. Tu dici: "L’ironia è un’arte, un’arte in cui occorrono due artisti, uno per pronunciare l’enunciato ironico, l’altro per afferrarlo." Io con una mia amica a scuola adottiamo un metodo. quando incontriamo una nsotra colle,, io le faccio sempre una battuta ironics (mai cattiva), alcune persone la capiscono , ripsondono con un'altra e proseguono ridendo la loro strada, le altre rispondono in modo serio... Le prime possono essere segnate tra le persone con cui avere rapporti anche di tipo umano, le altre le lasciamo perdere... E' incredibile come siano diverse le persone che sappiano cogliere umorismo e ironia. La gente che ride si può ormai contare sulle dita di una mano, quando sei fortunata.

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  3. Il primo commento e' il mio, ma non avrei voluto lasciarlo anonimo e sono anche abbastanza a disagio che questo sia successo. Per favore, puoi dirmi il percorso giusto per lasciarlo come Baluginando...?
    Come Google/Blogger? E cosa inserire al nome utente, l'intero http? E inserire la password? Mi aiuti? Mille grazie.

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  4. Anonimo ha detto...
    Molto carino questo post sull'ironia, brrrr...carino! Ma come mi viene in mente di usare questa parola orrenda! Perdonamela, si e' scritta da sola.
    Torno a commentare: molto simpatico questo post sull'ironia... simpatico! No, no, non va bene neanche simpatico. Riprovo.
    Molto leggero, lieve, sorridente, pervaso di bonomia, di tenera complicità, di sguardo acuto e morbido. Sguardo di donna. Di occhi ridenti. Di fanciulla, di intelligenza. Di parole.

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  5. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  6. E' vero, Giulia, la gente ironica e con un filo di allegria è sempre più rara di fronte ai noiosi e ai sussiegosi.
    Pensa che un giorno, immediatamente prima della pausa pranzo in una riunione di lavoro estenuante e interminabile, ho proposto allegramente una pausa anche dagli argomenti di lavoro, aggiungendo (ovviamente celiando, e non c'e' bisogno neanche di dirlo!) che di solito nella pausa pranzo sarebbe opportuno parlare di sesso e di argomenti hard!
    Ooooooooooooooooooooo, hanno rotolato le bocche dei presenti, e neanche una, dico neanche una, si e' piegata un attimo all'insu' cogliendo la celia, anzi, qualcuno sottovoce ha bofonchiato che non gli sembrava il caso!
    Si può essere più sciocchi di così?

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  7. @baluginando (ce l'hai fatta, complimenti!) Pausa pranzo senza parlare di seso?! Ma dove lavori? ;-))
    Grazie per avermi qualificata "fanciulla" e, detto fra noi, è proprio così che mi sento. Scandalo.

    @ Giulia Effettivamente è più difficile comunicare con chi non capisce l'ironia, taglia fuori molte possibilità.
    Ottimo sistema quello tuo e della tua amica.

    ciaomarina

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  8. La capacità di cogliere l'ironia e soprattutto di fare autoironia è una gran cosa. Detesto le persone che si prendono sempre maledettamente sul serio. Talvolta mi capita di non cogliere l'ironia e mi sento cosi' stupida!
    Quanto ai turisti, un bel po' ce li ciucciamo anche noi a Firenze.
    Cari saluti,

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  9. Mumble, mumble... avverto un filino di supponenza, un respiro di altezzosita', un accenno di presunzione, un baluginio di ostentazione...
    Se non vuoi dialogare con me, non hai che da dirlo...

    Baluginandopermaloso

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  10. @ baluginando: me possino cecamme! niente di tutto ciò! Forse perché ho scritto "ce l'hai fatta?" Io sono una imbranata, figurati. O perché ti ho chiesto dove lavori? volevo rafforzare il tuo giudizio sui tuoi colleghi. Supponenza, altezzosità, presunzione, ostentazione? io dialogo MOLTO volentieri con te, ma intanto spiegami dove sta tutta 'sta roba!
    @ årtemisia: non ci credo neanche un po' a questa storia che tu non capisci l'ironia. Nun ce provà...
    Ah, ogni volta che posso ai turisti che incontro dico: dovete ASSOLUTAMENTE andare a Firenze! è un gioiello! E te ne mando un po'. Contenta? ;-)

    ciaomarina

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  11. Dai, Marina... ho scritto un "filino", un "respiro", un "accenno", un "baluginio"... non un abisso, un mare, un tornado, una voragine!

    Baluginandopuntiglioso

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  12. Non scrivo dal 27 Settembre? Ma come? Allora il mio blog si vede a meta'!

    Baluginandoperplesso

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  13. Marina, ti rispondo anche qua sul tuo blog. Il tuo commento a una mia bagatelle e' per me un complimento assoluto. Se vorrai continuare a leggermi, ne saro' onorato.

    Baluginandogratificato

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  14. Allora, se mi collego a baluginando, mi viene fuori il post del 27 settembre. Poi scelgo i vari post elencati a sinistra(o destra? boh) e trovo gli altri. Succede solo a me? Vedi che sono imbranata? adesso ci riprovo
    ciaomarina

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  15. Mah... a me sembra tutto a posto e leggo tutto nel giusto ordine temporale. I post sono elencati a destra, per Archivio e per Argomenti. Giusto?

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  16. tranquillo baluginando, il tuo blog è a posto, sono i miei neuroni fuori sede!
    entravo SEMPRE dalla stessa pagina!
    non fare commenti, TI PREGO

    ciaomarina

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  17. sn in paurosi ritardo ma nn me frega niente...magari qualcuno dopo di me, che farà cm me(cioe' capiterà x "caso" su qst post) e leggerà il mio commento...cmq qst commento è x dire che qst blog o cm si chiama è davvero bello...e credo che mi servirà tantissimo x sviluppare il tema della mia tesina (che sarà o sulla risata o sull'ironia o in generale sull'umorismo...-cm potete vedere sn una molto decisa-...)...cmq dicevo che mi aiuterà di sicuro...quindi mi permetto di leggerlo, scaricarlo,stamparlo,commentarlo e criticarlo...e anche citarlo nella mia tesina...speriamo....grazie a chi ha scritto qst blog...e al "caso" che me lo ha fatto scoprire...
    ciao VALE3

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  18. ciao, VALE3, contenta di poterti essere utile per la tua tesina.
    Ricordati di rispettare le condizioni della Licenza Creative Commons sotto cui è pubblicato il mio blog. Buon lavoro marina

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  19. Cara Marina, son passato in questa tua vecchia ironia venendo da Zauberei e la sua potente romanità. Che brava che sei, ho letto con piacere tutto quanto. Ma prendo spunto dalla frase finale. E quando un non romano ti chiede "ma di Roma Roma?", come se noi romani potessimo accettare l'idea che di città come questa ne esista più d'una! C'è Roma, ci basta e non ci avanza, ci riempie in ogni sua manifestazione. Oggi per strada un taxi andava piano piano, e un fattorino dietro "aoh ekke te devo da 'na spinta!", mentre un banco di giapponesi passava l'incrocio ed io addentavo la mia pizza bianca di quella dell'alimentari bella leggera salatina e con la spennellata di olio di oliva ripiena di mortazza, il mio pasto frugale. Ecco questa è Roma e la sua ironia che tutto ci fa sopportare.
    ;-) duccio

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  20. E' vero Duccio! Lo chiedono! Di Roma, Roma? dicono.
    Complimenti per la frugalità del tuo pasto e auguri in questo periodo di transizione politico-lavorativa ;-)
    ciao marina

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Non c'è niente di più anonimo di un Anonimo