sabato 27 ottobre 2007

dimensione quartiere

Una grande città, in cui scomparire per tutti, è una specie di assicurazione sulla vita. Protettiva quanto più è indifferente, avvolgente e materna, quanto più è anonima e distante. In una grande città puoi tendere la mano ad un amico e l’amico, se è tale, la raccoglierà, ma puoi tenere entrambe le mani in tasca e andartene in giro liberissimamente sola o con i tuoi fantasmi, se ne hai.
Io sento spesso il richiamo di un piccolo paese, di campagna possibilmente, dove la voce arrivi di finestra in finestra e le strade siano così poche che in un giorno le si possa ripercorrere, più volte, tutte. Un paese dove la natura entri dentro con i suoi odori e i suoi suoni. Quello che poi mi trattiene dall’accostarmi davvero a questo sogno, dal prenderlo in considerazione come vera ipotesi di lavoro, è il bisogno di conservare la mia vita stretta a me, di essere nessuno per tutti o ognuno per chiunque.
Oggi potrei uscire di casa e scendere dal mio colle e subito, nel giro di cinque minuti, nessuno più mi conoscerebbe, nessuno più saprebbe chi sono, che cosa sono. Corpo indistinto nella città. Potrei sedermi all’angolo di una strada e tendere la mano. Nessuno ci farebbe troppo caso. Come potrei entrare nel costoso calzolaio di via Veneto e spararmi così tutta la pensione in un unico paio di scarpe molto americane o molto puttanesche. La commessa lo troverebbe perfettamente normale. Dare scandalo in una città è molto difficile, anche se tutti continuamente dichiarano di scandalizzarsi. In realtà nessuno dà scandalo e nessuno si scandalizza davvero. In ogni caso l’operazione viene rinviata ad altro momento. Quando uscirò in pausa pranzo, quando avrò finito di fare compere, mentre aspetterò l’autobus mi scandalizzerò, ora non posso. Non che il dare scandalo mi faccia un po’ di caldo o un po’ di freddo. Era tanto per fare un esempio. Quello che accade o non accade in una grande città è subito assorbito e la tua vita, che non conta un copeco (influenza di Guerra e pace in tv), resta interamente tua, con il suo piccolo valore. Io ho bisogno di abbracci quanto chiunque altro. Va beh, un po’ di più, lo ammetto, ma ho anche bisogno di tanto spazio intorno a me. Tanto spazio. Emotivo e psicologico. E fisico anche. Non statemi addosso. Ecco, è venuto fuori così, proprio sputato fuori dai denti, il mio bisogno attuale. Il senso di una comunità stretta intorno a me in questo preciso momento mi soffoca. Ai miei affetti vorrei dire: potreste amarmi da lontano per favore? Vorrei sentire un po’ la vostra mancanza. Potreste stare un po’ zitti? Togliermi il saluto? Tenermi il broncio? Radiarmi? Ostracizzarmi? Dimenticarmi? Abolirmi? Inabissatemi nell’oblio, fatemi il piacere. Cancellatemi, temporaneamente, dal vostro orizzonte affettivo. Consideratemi parìa del vostro cuore e residuo organico speciale dei vostri pensieri. Insomma lasciatemi derivare liberamente. Liberamente. Che parola fluida, scorrevole, leggera, un vento che ti scosta i capelli dalla fronte. Liberamente. Ma liberamente dovrebbe essere libera-mente. La mente dovrebbe essere libera. Ecco, il quesito ruota intorno a questa mente che ha bisogno di essere libera dal pensiero altrui per poter semplicemente aspirare a diventare, in sé, libera. Senza nessuna garanzia di riuscita. Se l’operazione fosse una divisione, sistemato dividendo e divisore, ottenuto il quoziente, potrebbe esserci un resto. Cavolo, che fare del resto? Ma se fosse una sottrazione- sì la sottrazione si presta molto di più-se fosse una sottrazione, il risultato, in ogni caso, sarebbe lo zero. Nelle sottrazioni non ci sono resti, grazie a dio. Ma, che cosa sottrarre alla nostra mente? Di che cosa liberarla davvero? Dei ricordi? Lavoro complicato, lungo, di esattezza chirurgica, perché l’errore potrebbe privarci di una piccola particella vitale. No, i ricordi no. Dei sogni? Ma quando mai! Quanto più sogna tanto più è libera una mente. E questo vale per le fantasie, per i voli, per le impennate. No, cambiamo strada. Liberarla delle paure? Tentazione. Brivido di interesse. Eppure, senza le paure, chi l’avviserebbe dei rischi? Chi le impedirebbe di deragliare? La paura, lo si sa, serve a questo, è un segnale di pericolo che va ascoltato. Sì, capita che qualcuno suoni l’allarme per errore, ma insomma, meglio un allarme in più che un allarme in meno. (vedi Jervis). Dunque non dai sogni, non dai ricordi, non dalle paure. Allora forse questa mente va liberata dai problemi, dalle domande, dagli interrogativi. Impossibile. Questa mente si diverte proprio con le domande e gli interrogativi, questa mente trova i problemi pane fresco per i suoi denti. No, cambiare ancora strada. Liberiamola allora dei progetti. Sì, i progetti possono mettere in crisi. Nebulosità, paura dell’insuccesso. Sì, i progetti sono carognette toste. Eppure, eppure..Per una volta che nella vita ne ho uno, francamente sacrificarlo così, non mi va. E poi dicono che senza progetti, senza nessun progetto, la mente più che libera si fa sgonfia, floscia, smidollata, diventa uno straccetto umido di insignificanza. No, il mio solitario progetto me lo tengo. Tanto pesa poco. Allora l’alleggerisco delle emozioni, quelle sì che sono tante, quelle sì che sono troppe! Cooosa? Ma stiamo pazziando?!? Senza emozioni?!? Ma le emozioni sono il mio carburante naturale, la mia benzina, il mio gasolio, il mio carbone e la mia energia atomica. Non sono sempre stata pronta ad incasinarmi la vita per un’emozione? Le emozioni mi “nutellano” l’anima, me la “marronglassano”, me la “peperoncinano”, me la “zenzerano”, me la “agrodolcificano”. Le emozioni, vi avverto, intendo tenermele tutte. Come sono, sono! Ma insomma, ‘sta mente, di che la libero? Dei rimpianti? Dei rimorsi? Delle colpe? degli errori? Non ci siamo, tutto ciò è materia del ricordo e abbiamo già assodato che i ricordi sono troppo stretti, intricati, avviluppati per poter veramente separare il grano dall’oglio. Il grano dall’oglio? Dico, ma come parlo? Diciamo allora, per poter separare i diamanti dagli zirconi. Ecco, già va meglio, dà di me un’immagine meno agro pastorale e molto più chic. Allo chic ci tengo. Anche la mia mente ci tiene, giacché si considera molto, molto ‘in.’ Tentiamo un’altra strada, nel progetto liberazione della mente, proviamo con le passioni. Liberiamo la mente dalle passioni. What? Whaaaat? Le passioni, lievito divino della mia vita? Che, quando dissi al professore che non avrei saputo come definire il mio temperamento si fece una risata: ma passionale, signora, lei ne è il prototipo! Beh, va da sé che un prototipo non può, per nessuna ragione , sprototipizzarsi. Le passioni me le tengo, ne va della mia identità, ne va della mia stessa sopravvivenza. Preferisco perdere tutti i capelli piuttosto che le passioni. E dio sa se mi seccherebbe.
Niente da fare, questo lavoro di ripulitura della mente sembra un lavoro impossibile. Di quelli proprio impossibili, alla Freud. Questa mia mente, per essere davvero se stessa, deve tenersi, sembra, tutti i suoi componenti. Una libera-mente è una mente che resta se stessa. Questo mi sembra assodato. Mi sento un bel po’ imbecille, in effetti. Penso che chiunque me lo avrebbe potuto dire in quattro e quattro otto, senza fare tutti questi ragionamenti sciocchi.
Sì, ma volete mettere quanto mi sono divertita a farli?
bye, bye, me ne torno nel caldo del mio quartiere e dei miei affetti. Come non detto.

8 commenti:

  1. Esposizione perfetta. Ragionamento perfetto. Lo condivido tutto,da "una grande citta'" a "divertita a farli".
    Per una curiosa casualita'(ma e' poi casualita'?), avrei potuto scriverlo io, pensando in maniera identica sui ricordi, le passioni, i progetti, le emozioni.
    Pero' avrei aggiunto una noticina, un sentimento che io che non ho e non riesco ad acquistare,il bagliore dell' indifferenza.
    Se la mente non lo possiede, questo bagliore, e' prigioniera. Quindi, non l'esasperata attenzione alle cose, non la complessita' della valutazione dell'altro, non il morboso focalizzarsi sulle sfumature, non il martellante senso di colpa per non essere come ci vorrebbero.
    Ecco, il bagliore dell'indifferenza, ma si potrebbe chiamare in tanti altri modi.
    Una palpito lontano che, baluginando(!),a tutti noi intricati, potrebbe accarezzarci il cuore. E finalmente, finalmente, finalmente, regalarci il senso di noi e la quiete che non abbiamo.

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  2. Dalle cosidette "seghe mentali". Ossia, tutta quella serie infinita di limiti, tabù, inibizioni, sensi d'inadeguatezza che non hanno senso d'esistere, dei quali quindi, potremmo fare benissimo a meno poichè, senza di loro, viaggieremmmo più leggeri non sentendoci così spesso trattenuti od ostacolati nel nostro cammino. Ecco, credo che di tutto ciò potremmo, tranquillamente, liberarci.

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  3. Mbè, io sono meno complicata: liberare la mente per me è semplicemente renderla libera, appunto, di pensare ciò che vuole, senza mai sorprenderci dei suoi pensieri, anche quelli meno "nobili".I sogni poi, come tu ben dici,sono la chiave della libertà.
    Marina, come al solito hai espresso meravigliosamente bene ciò che senti, una sola piccola nota: è bellissimo dare scandalo in un piccolo centro, è un sottile divertimento al quale spesso indulgo :)
    Buon fine settimana e, non illuderti,io non ti ostracizzerò mai e ti abbraccio pure, stretta stretta......

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  4. Che bella l'espressione "quartere degli affetti"...Mi è piaciuto tutto e ti ho letto con grande affetto... Giulia
    (Un bel blog degli affetti non sarebebe una bella idea?"... Giulia

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  5. Tutti avete toccato un punto: la quiete che non abbiamo, la chiave della libertà, viaggiare leggeri, ma Giulia, la tua espressione"quartiere degli affetti" che hai creduto di leggere scritta da me, è così bella che vorrei averla scritta io!

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  6. marina, ho sognato? eppure non me la sono inventata io? Ogni tanto la mia testa fa degli strani scherzi... Mi devo preoccupare. Però è bella davvero. Un abbraccio, Giulia

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  7. Penso che noi cittadine non sapremmo mai adattarci alla vita "affettiva" di un piccolo paese, rassicurante ma claustrofobico. Qualche volta anch'io l'ho anelata perchè ciò avrebbe significato calore ma ripensandoci la libertà è troppo preziosa.
    Non so se era questo che volevi dire. Per me è così.

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  8. @ Artemisia, sì in gran parte volevo dire questo, con l'aggiunta che anche il quartiere e i nostri vicini possono diventare un po' claustrofocici ;-)
    ciaomarina

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