venerdì 5 ottobre 2007

hi!

Indulgendo ad una stanchezza improvvisa ho passato un paio di ore semplicemente sdraiata a vagabondare con il pensiero. Per una persona come me questo è un atto assolutamente inabituale, talmente raro da sfiorare l’unicità. Io sono permanentemente impegnata a fare qualche cosa. Quando il qualche cosa da fare mi manca, me lo procuro. Nell’azione si realizza per me insieme un piacere ed una necessità. Ma evidentemente non c’era cellula di mia appartenenza che non chiedesse riposo. Il pensare che si è accompagnato al distendermi non costituiva, infatti, nulla di impegnativo, come spesso il pensare può essere. Giurerei che non più di un neurone fosse pigramente all’opera per produrre le immagini fugaci, le slabbrature di discorsi, i fantasmi di idee che passavano, senza fretta e senza ordine nella piccola saletta privata della mia mente.
Sono state due ore di assoluto, limpido, ristoratore far nulla. Non ho dovuto riscuotermene a fatica. La pausa si è esaurita da sola. Mi sono semplicemente alzata, riposata e attenta, tranquilla e pronta. Persino, serena. La serenità è un grande mistero. Troppo raramente noi persone umane ne godiamo per poterla davvero afferrare e definire.
Sulla serenità ho letto un bel libro, ma non ho voglia di parlare di libri, ora.
La serenità di queste ore è fatta innanzi tutto di una serie di assenze. È assente l’ansia, la vecchia carogna. È assente la fretta, il senso del dovere e quello conseguente di colpa. Sono tutti momentaneamente scomparsi. È assente anche la curiosità, incredibile! e persino qualunque desiderio.
Chiacchiererei volentieri di questo con Leopardi, o, meno ambiziosamente, con Massimo Donà, il filosofo autore del libretto di cui non dirò niente. Tranne che ognuno degli autori che vi sono citati, anche se in contraddizione tra loro, mi è parso nel giusto, ognuno mi ha convinta, con tutti mi sono trovata d’accordo. Può significare che sono sciocca, certo, ma può anche testimoniare della evanescente e irrigorosa natura della serenità. Le due ipotesi mi sono in questo momento così nirvanico indifferenti. Sento di dover specificare che non sono sotto l’effetto di alcuna droga, leggera, pesante, legale o illegale che sia. Anche se non escludo che il mio organismo possa, di suo, aver deciso di sintetizzarne una per darmi una calmata. Se lo ha fatto gliene sono grata. Mi sento anche conciliatrice, ben disposta, indulgente, verso la vita e il mondo tutto, sia nei vicini e presenti che nei lontani e sconosciuti. E, udite, udite, mi sento persino fiduciosa. Non so verso cosa, o chi. Così, in generale. I pensieri fluttuanti delle mie due ore di presenza leggera (mi sembra che renda bene il mio stato di quel momento) hanno lasciato piccoli residui, qualche immagine. Una strada di campagna, tra castagni selvatici, con i bei frutti utili solo a se stessi, che rotolano davanti ai miei piedi. Io stessa, di spalle, appena sedicenne che cammino canticchiando. Dei panni stesi sul terrazzo di mia nonna e lei, un po’ bassina, che si tende per fermarli. Ha le mollette di legno in bocca.
È passata persino la voce di mio padre, così difficile normalmente da trattenere che io compio esercizi quotidiani per non perderla. Sembra che i ricordi uditivi siano i primi ad abbandonarci e conservare le voci dei morti, in assenza di supporti elettronici, sia una battaglia perduta. Fin qui, con un impegno ininterrotto, io la mia l’ho vinta.
Lo sento ancora nitidamente dirmi :Marina, con un punto esclamativo talmente piccolo e talmente particolare che non esistono segni grafici per rappresentarlo. Perché dentro c’è anche un sorriso un po’ ironico, nel quale mio padre era inarrivabile maestro, e una piccola ammonizione. Tutto lì, in quelle tre sillabe: Marina. E io ancora sento perfettamente questo suono così speciale e così composito. Dopo sedici anni. Sono così fiera di me! Ogni volta, ogni giorno, celebro il mio piccolo successo e mi dico: li ho fregati tutti, uccellacci del malaugurio, smentiti tutti, la voce di mio padre ancora non l’ho persa!
Oggi se n’è venuta così, sorniona, proprio come era lui, e ha pronunciato una frase qualunque, banale: che fai, Marì? Non gli ho neanche risposto. Del resto non che ci fosse bisogno di grandi dichiarazioni con mio padre. Lui capiva. Parlava poco. Capiva tutto. E poi ho visto mucchi di schede lettorali, già scrutate, che a malapena si tenevano aperte, su un banco nella stessa aula dove avevo frequentato la prima elementare. Mi sono rimasti anche i versi di una canzone che non ascolto da trent’anni credo “mai più resistenza, voglio provare a farne senza, sarò passivo, finché il mio corpo è ancora vivo.... Gianfranco Manfredi, che ormai non scrive né canta più canzoni. Scrive romanzi, sceneggiature, e quel fumetto Magico Vento, che mi dico sempre che devo comprare e poi me ne dimentico.Delle due ore distesa a nulla fare non ho altri reperti, solo il benessere che mi hanno lasciato. E un senso di gratitudine. E adesso questo che forse è un post, forse e forse no, ma la cosa mi lascia indifferente. Bye...

4 commenti:

  1. E' davvero bello trovare questi attimi di serenità e di calma. Io in questo momento li sto passando leggendo te ce questa serenità me la stai passando.. Giulia

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  2. Tu mi fai sempre riflettere, hai un modo delicato e discreto di invitare alla riflessione.
    Sei molto brava e mi dai la sensazione di una persona infaticabile. I tuoi occhi sono sempre attenti sul mondo
    ciaomarina

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  3. E invece è proprio un bel post. Molto bella l'evocazione della voce di tuo padre.
    Anch'io sono una vittima del senso del dovere e del conseguente senso di colpa. Ahimè mi ci vorrebbero anche a me due ore di "serenità".

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  4. @ ArtemisiaSembra che il senso del dovere ce lo facciano succhiare con il latte e quello di colpa ci afferra se solo proviamo a sottrarci..
    pazienza....
    i momenti sereni capitano senza appuntmento, spero proprio che te ne si presenti presto uno...

    @Anna: bentornata, vado subito vedere i tuoi ricordi della vacanza, ne devi avere molti dopo tutto questo tempo ;-)

    e comunque: giù le mani da Donnigio: mentre non c'eri ho iniziato le pratiche di adozione...

    vi abbraccio
    ciaomarina

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