lunedì 24 settembre 2007

arrivare ad Herat

Salta un battito il mio cuore quando la parola Herat viene pronunciata.
E la nuvola del sogno si posa su di me. L’arrivo ad Herat si ripete nel mio ricordo, continuo da sempre ad arrivare ad Herat e l’emozione palpita nella mia gola.
Attenti, perché Herat non si vede, potreste superarla, dicevano tutte le guide.
E’ vero: Herat giace, non si erge, giace nella pianura desertica e nel passato.
Io sto ad occhi spalancati, fremente. Ci siamo lasciatia alle spalle la frontiera afgana e corriamo da un’ora, sulla strada dissestata, nell’ocra e nella polvere.
Siamo attenti e silenziosi. Poi l’ocra si fa verde ai lati della strada, verde brillante e intenso. Il grano si piega e ondeggia. Dopo tutta quell’aridità, quella secchezza disperata, il verde del grano è come una carezza, come un bacio sulle palpebre.
Siamo vicini, vicini. Su una curva una vecchissima pompa di benzina di quelle a mano e accanto una stradina di terra rossa che piega verso destra. La imbocchiamo come chiamati, è qui, deve essere qui.
La stradina si allarga, diventa un viale e il viale ad un certo punto è fiancheggiato da pini altissimi. Sono maestosi, si allineano in due file per lato, nascono direttamente dalla terra rossa e soffice, sulla quale le ruote della macchina affondano un po’, incipriandosi.
Poi appare la prima casa. Mura di terra e paglia, lavorate a disegni geometrici, colorate di turchese e rosa spento. La terra è ancora terra rossa, non c’è asfalto ad Herat. Le case basse, si susseguono. Nell’aria si sente l’odore dei pini e gli uccelli che curiosano sulla strada si sollevano in volo davanti a noi. Due mucche bevono nel djub.
Poi cominciano ad apparire le prime persone: uomini nei larghi pantaloni verdi, lilla, marroni, bianchi, pedalano lungo la strada. Il viale corre per diversi chilometri, tra i pini e le case basse. Man mano che avanziamo, nel silenzio tranquillo si intensifica la presenza di uomini e bambini su asinelli che trotterellano. Ancora non abbiamo incontrato neanche una donna. Gli uomini si girano a guardarci mentre avanziamo a passo d’uomo, ci salutano con un gesto della mano, ci sorridono. Accolti da quei sorrisi, da quel silenzio, dal primo illanguidirsi della luce del sole, penetriamo nella città. È tutta così Herat, viali di terra rossa scanditi dai pini solenni, niente luce elettrica nelle strade e niente asfalto, non il più piccolo tratto asfaltato, e sulle porte delle case lumi di petrolio appesi. Nell’aria l’odore di resina e di ginestra e quello di legna fresca. Cataste ordinate stanno accanto alla case. La gente si muove a cavallo, sugli asini o in bicicletta. Le case sono di fango e paglia, piccole o grandi, modeste o lussuose, decorate con arabeschi complicati o versetti del Corano o con semplicissimi fregi, tutte fango e paglia. Al secondo piano hanno verande aperte, che aggettano sulla strada, sono senza vetri o imposte e uomini e donne guardano in giù, sulla strada, bevendo il tè e conversando.
Grandi drappi di stoffe colorate avvolgono i pali di legno che sostengono le verande, e si agitano fluttuanti nell’aria. Si sta facendo sera, ma è una sera come un’alba: una luce dolce, morbida, colpisce la leggera polvere rossa che si solleva da terra. Ogni tanto i viali sono interrotti da picccole piazze che hanno al centro un giardino di un verde brillante e uomini e donne siedono sulle sedie di casa e parlano.
Il solo mezzo di trasporto pubblico che si scorga sono le carrozzelle, condottte da cavalli infiocchettati e decorate con decine di campanellini tintinnanti. Sulle carrozzelle viaggiano le donne, dietro le grate dei loro burqa gialli, viola, verdi, rossi e si girano a guardarci bisbigliando tra di loro. Ad un tratto un cavaliere passa al galoppo, sollevando la terra rossa. Cavalca a pelo. L’uzbeco dal berretto multicolore continua a passare al galoppo accanto a me, e io continuo a seguirlo con lo sguardo. Da trent’anni lui galoppa e nel superarmi si piega un po’ sul collo del cavallo e volge indietro il capo a guardarmi. Da trent’anni io lo seguo con lo sguardo.
E sto ferma di fronte alla Moschea del Venerdì. Immensa, solenne, posa direttamente sulla terra rossa e rifulge di verde e turchese. In cima al minareto volto ad occidente, brilla un fuoco. È scesa la sera e poiché la vita è buona, nel cielo azzurro fondo di Herat, la luna si è alzata. La vela appena il fumo che si alza dai camini a legna.
Da trent’anni continuo ad arrivare ad Herat e mi fermo davanti alla Moschea e la guardo con gli occhi sgranati di un bambino e l’emozione è tale che mi porto una mano al seno a contenere il cuore.



La guerra strappò Herat al secolo diciannovesimo in cui allora viveva e la fece approdare nel nostro tempo. Un secolo vale l’altro, lo so, non esistono le età dell’oro, il dolore, l’ingiustizia, la violenza, rotolano attraverso i secoli e attraverso le regioni del mondo. Herat non era l’Eden. L’Eden non esiste, lo so.
Ma mi concederete che esistono momenti speciali, piccoli miracolosi momenti, in cui elementi diversi si accostano e si compongono, e stanno là in equilibrio perfetto, in una nicchia protetta del tempo.
Chi ha vissuto uno di questi momenti non li dimenticherà mai e li chiamerà con il solo nome appropriato: felicità.

11 commenti:

  1. Marina, non so che dire... soprattutto quando metti nero su bianco i tuoi ricordi sei insuperabile.

    Questo post è stupendo... grazie per averlo scritto e per averlo condiviso con noi.

    Mariateresa

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  2. Concordo con Mariateresa! Grazie per i tuoi ricordi... hanno il potere di trasportarmi via dalla monotoia di giornate tutte uguali!

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  3. Marina...
    un po' di tempo fa mi hai detto di non farti troppi complimenti per il tuo modo di raccontare la vita, la tua...perchè
    "se no ti si impicciano le mani e non riesci più a scrivere!"
    Ma come si fa a non farteli, stai diventando la mia scrittrice preferita!!! ;-)
    Io posso solo segnalarti il mio ultimo video, quello del concerto a Rimini....
    diciamo che mi esprimo meglio ser immagini e suoni...o almeno spero!!! ;-)
    Ciaoooo

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  4. Vado di corsa a vedermelo.
    Stamattina ho fatto un lavoro di riordino foto e di ricordi me ne sono tornati tanti!
    Ho materiale per accattarmi altri complimenti, meno male!

    ciaomarina

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  5. Ehi Marina, donna straordinaria!
    Mi auguro tu abbia già pubblicato qualche libro (vorrei sapere dove trovarlo, poi) e se non l'hai fatto, non capisco che stai aspettando a tempestare di richieste le case editrici: sei una scrittrice provetta. Affermata, direi. Adoro la tua grande voglia di comunicare. Ci dicono che siamo logorroici: io rispondo solo che amiamo la vita.

    Il tuo pacchetto è pronto da almeno tre settimane sul mio tavolo, con tuo indirizzo e custodie CD, ma non ho mai avuto un secondo neanche per masterizzare. Sta per arrivareeee.
    baci

    Luigi

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  6. Certo che te li concediamo questi momenti speciali, sperando che qualcuno ce li conceda anche a noi...
    Un caro saluto,

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  7. @Luigi: vedo che la mia risposta al tuo commento non è mai stata pubblicata. Mi scuso, sarà stata l'emozione che mi ha fregata.
    Sul pacchetto non posso che dirti stragrazie, aspetterò pazientemente.
    Per il resto, il mio dilemma è: troverò mai il coraggio di sottoporre ad un editore i miei scritti?
    Certi giorni mi sento leone, altri verme.
    E' così, più o meno, che la mia vita intanto è passata. Ma mia figlia mi assicura che mi farà pubblicare postuma!
    Sì, va beh, ma i diritti d'autore?
    ;-))

    ciaomarina e grazie ancora

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  8. @ Artemisia: ti auguro tanti momenti speciali, ognuno a modo suo.
    ciaomarina

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  9. ...mi spiace davvero spezzare questa catena di consensi...l'unica cosa che vorrei sottolineare, è che la citta' di Herat non è affatto come descritto. Mi rincresce farle notare che le strade asfaltate ci sono, anche in gran numero...che in centro tutti si muovono in moto, bus o auto private..e che i mezzi pubbici sono dei furgoncini rossi molto tipici...i carri pittoreschi trainati dai cavalli sono rimasti forse un paio in tutta la città...Ma lei quando ha visitato Herat??

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  10. mi scusi, avrei dovuto mettere la data: il mio arrivo ad Herat è stato DAVVERO così, non ho aggiunto niente né ho tolto niente, ma stiamo parlando di 32 anni fa'!
    ho foto e diapositive un po' scolorite ma ancora perfettamente in grado di testimoniare che non soffro di allucinazioni.
    cordialmente marina

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