venerdì 21 settembre 2007

liaisons dangereuses



Avendo disturbi del sonno (insonnia è poco tecnico e nemmeno molto preciso) porto uno speciale affetto alla luna, che impassibile, ma presente, tiene il suo occhio di perla su di me.
Per il resto la notte mi scoccia. Non vedo l’ora che tutto si rianimi, che la vita riprenda ad andare ed io con lei.
Ho invece conosciuta una vera adoratrice della notte. Ammesso che fosse solamente questo. La conobbi a Parigi, negli anni ottanta. Era una signora che non aveva una vita sociale, bensì, come diceva lei, una vita mondana. Era molto ricca, molto elegante, molto sofisticata, molto simpatica.
Circa la sua ricchezza: il marito collezionava auto d’epoca, vecchie Bentley, Jaguar, Bugatti, Lancia, compresa una Isotta Fraschini. Alternandole, per mantenerle sempre funzionanti, un autista accompagnava la signora nei suoi giri in città. Circa la sua eleganza: solo seta e cashmere, completi birmani, o audacissimi Paul Gautier, un solo gioiello alla volta ma favoloso. “O porto un anello, mi spiegò, o una collana o gli orecchini o un bracciale. Così ne bastano meno-aggiunse modestamente.
La incontrai in un circolo di bridge, che avevo scelto perché sulla porta c'era scritto: prima di entrare preparatevi a sorridere. Prendemmo a giocare in coppia. Il club era tenuto da un famoso campione di Francia, Jaques Delorme, soprannominato “le roi des coeurs” . Un ex bello, che io maltrattai, tanto per non perdere l’abitudine di azzuffarmi con qualche francese. -Decidez vous, enfin! gli dissi dopo avere atteso non meno di dieci minuti che studiasse la sua mano. -È così che è diventato re, per sfinimento degli avversari?- Marie-Louise, così la chiamerò, si scandalizzò, ma piacevolmente: era un’alta borghese atipica.
Il re mi perdonò. Non per meriti miei, solo perché italiana.- Ah les italiens! Vous avez l’istinct du bridgeur.- Fece una tale pubblicità all’italienne che mi si contendevano come partner. Ma io cercavo in ogni modo di tornare alla mia eccentrica madame, l’amante della notte. Scherzavamo molto sulla sua ricchezza e sulla sua collocazione sociale. -Le risulta che certe persone lavorino per mantenersi? le chiedevo. Lei sorrideva ed era così gentile e signorile da fingere che la mia domanda non fosse una scanzonata provocazione. -Sì, sì, lo so- rispondeva seriamente.
Una sera mi invitò a cena a casa sua. XVI arrondissement naturalmente, palazzetto di proprietà, altrettanto ovviamente. Mi introdusse in un piccolo salottino, dove la tavola era già preparata. -Va bene per lei, mia cara, se ci serviamo da sole? Quando torno a casa non mi piace avere intorno la servitù. -Purché non diventi un’ abitudine- le risposi. Lei rise divertita, come sempre alle mie battute.
Cena leggera, ma squisita, che lei accompagnò con una conversazione varia e in un certo senso organizzata. Capii che non poteva essere casuale. Quella donna teneva le conversazioni su un equilibrio perfetto perché ne conosceva l’arte. Glielo chiesi. -Le è stato insegnato a mantenere sempre viva una conversazione?- Naturalmente- rispose. Ma con me era facile, disse gentilmente, non ci voleva nessun impegno. Mi trovava interessante, probabilmente perché esulavo dalle sue normali frequentazioni. Le piaceva di me la mia “disinvoltura un po’ anarchica”, così disse. Anche il fatto che la prendessi un po’ in giro, secondo me, il fatto che la trattassi come una grande officiante e negassi realtà al suo intero mondo.
Dal canto mio, mi affascinava. Conduceva una vita assurda, ma lo faceva con una tale naturalezza, e una tale grazia, che soggiogavano. Mi disse che non dormiva mai. Mai di notte, comunque.
Di giorno si concedeva quattro ore di sonno. Preferiva così,vivere di notte e dormire di giorno. Il giorno era volgare. E banale.
Confusione, tinte accese, rumori, nessuna possibilità di meditare. Era molto intelligente, acuta, perspicace. Non ho mai capito, veramente, perché ci piacessimo tanto. Eravamo così diverse. Arrivai a pensare che anche queste persone, così nullafacenti, servano alla società. Sì, ma a che cosa? Non lo so. Ma come rinunciarvi? Avemmo un’ amabile conversazione polemica sul rispettivo valore del giorno e della notte.
"La notte è un pozzo e ogni pozzo nasconde un tesoro-disse -Se lo immagina un tesoro sciorinato su un tavolo al sole?"
“Assolutamente sì e poi ancora sì- le obiettai. -Lo apparecchio io, il tavolo-le dissi. -Tovaglia bianca, un vaso di papaveri, no, non tulipani, papaveri madame, come li chiamate? ecco, appunto, coquelicots. C’erano anche spighe, ma ne sono rimaste poche tracce, sulla tovaglia, il vento le ha portate via quasi tutte e poi il tesoro, madame: un grosso cocomero spaccato. Non tagliato, madame, la prego, spaccato. Il tesoro.”
"Oh, un cocomero, e poi spaccato, niente da scoprire, no, no! Immagini invece delle ragnatele sottili, sulle pareti del pozzo e la luce della luna le sfiora. Questo è il tesoro"
"Che mi ha dato da bere? Questo è un dialogo fra sordi e una conversazione da ubriachi- le dissi io.
Lei: "La notte parlo con la mia ombra. "
E io: "Di notte lei non ha ombra. E’ il sole che crea le ombre.-"
“Ma di giorno la mia ombra si nasconde, per uscire la notte. Così non ha bisogno di gridare per farsi sentire. Tutte quelle voci, tutti quei corpi. Mon Dieu!"
Ma io non la mollavo: "Quei corpi sono i miei simili. Io li voglio incontrare. Quelle voci, io voglio ascoltarle. E se di notte tacciono, è perché sono stanche.”
“Lei vuole ricordarmi che non lavoro?”
“ Ma no, lo fa talmente bene! Voglio solo dire che la stanchezza delle voci mi commuove. Non mi piacerebbe disturbarle.”
E lei: “La notte mi siedo accanto alla finestra e guardo verso il parco. La strada è come un’ ala, bagnata o no, per me la strada è un’ala lucente e mi porta.”
“Lei è una poetessa, madame”.
“Ma se è lei che scrive!”
“Appunto. Lei è una poetessa, io scrivo. La differenza è lì.” Negò, modestamente.
Scriveva di notte, leggeva e prendeva appunti, disse. E ascoltava musica. Solo leggere, scrivere e ascoltare musica. Non faceva altro nella vita. Ah, sì, poi c’era la sua vita mondana.
Mise della musica. Lirica, in mio onore, la Callas. Il suo impianto era nascosto nella parete. Me lo mostrò. Io avrei giurato che fosse solo una parete color crema, nuda.
Era troppo riservata per dire anche un solo fatto della sua vita, ma parlò per un paio di ore dei suoi sentimenti, della vita segreta del suo pensiero.
“Ha pubblicato qualcosa, di quello che scrive? Pensa di farlo?” Le chiesi.
“Oh no, assolutamente. Porto un nome che non lo consente.”
Dovetti chiederglielo, ma senza polemica: “Come concilia questa vita interiore con la sua vita mondana, madame?”
“La mia vita mondana è un regalo che faccio a mio marito. E mi diverte. Sono vanitosa, mi piace essere ammirata.”
Era molto piccola, bruna, pelle chiarissima, volto perfettamente rotondo.
Aveva fascino e un corpo morbido, piccole curve armoniose.
“Secondo me, anche se piccolina, in lungo lei sta benissimo, le dissi.
Rise. “Lo porto bene- ammise.”
“Anche i decolletèes, porta bene, n’est pas?”
Sì, mi confermò, mi piace portare poco tessuto”. Testuale. Non ho mai più sentito definire così un modo di vestirsi: portare poco tessuto.
Sul tardi arrivò il marito. Baciò la mano ad entrambe. Lei gli disse quanto mi avesse colpito il suo modo di parlare della notte e quanto a lei, il mio di parlare del giorno. “La signora ha il calore- sintetizzò lui- vous, ma chère, vous le mistère.
Certo che un marito che ti dice che hai il mistero e ti dà del lei, è conturbante.
Ma, benché affascinata, ora che erano due, mi davano anche un certo prurito, spazzolavano contro pelo una parte del mio carattere. Lui soprattutto, troppo bello e troppo galante.
“Siamo dentro un romanzo? -domandai. -D’Annunzio? Proust?”
Risero entrambi. “Se proprio- fece lui- Choderlos de Laclos, Le amicizie pericolose. Lo conosce?”.


Il film in quegli anni ancora non era uscito e del libro ricordavo poco, solo che era raffinato e che conteneva storie di triangoli amorosi e amori libertini.
Mi passò rapidamente per la testa che quei due fossero una coppia di seduttori, che si divertissero a giocare con me. Due bellissimi gatti con un me, topo. Pur trovando la mia idea semplicemente ridicola, guardai l’ora. "Devo andare" feci, appena un po’ brusca. Protestarono, lui si offrì di farmi accompagnare dal suo autista.
“Preferisco un taxi, davvero.” Lo chiamò per me. Mentre aspettavamo, lei mi disse che aveva chiuso con il circolo del bridge. Non sarebbe più venuta. “Lei era la sola persona interessante”. Non capii che cosa volesse dire, ma non feci domande.
Baciamano di addio da parte di lui, breve abbraccio profumato da parte di lei.
Ed ero fuori. Davvero non tornò più al bridge. Mi sono sempre chiesta se non girasse ambienti diversi per incontrare donne da dividere con il marito, o da offrirgli, così come gli faceva regalo della sua vita mondana.
A quei tempi Internet non c’era, ma chiesi a Denise, un’amica francese, se il cognome che Marie-Louise portava fosse davvero così importante. Trasecolò. "Storico, ti dico! Ma dove l’hai conosciuta?!" Sembra che Madame frequentasse l’altissima società parigina e internazionale e che certo non avesse bisogno di recarsi ad un circolo di bridge per passare le serate. Decidemmo così, ridendo, che il giorno sì, Marie-Louise dormiva, ma le notti non le passava sempre e solo alla finestra, a guardare verso il parco.
Quanto a me, continuo a preferire il giorno.

7 commenti:

  1. I tuoi racconti sono sempre particolari ed i tuoi incontri molto affascinanti compreso l'ultimo di cui parli in questo post. La Madame tuttavia con questa storia del volgare mi sta un po' antipatica e mi ha fatto venire in mente le imitazioni di Fiorello su Carla Bruni. Come si può dire che il giorno è volgare? Nella natura nulla è volgare, possono esserlo i pensieri delle persone i loro comportamenti, mai la natura.

    Devo però aggiungere che per quanto leccato il sussurro di un francese che mi dice che sono misteriosa almeno una volta nella vita vorrei provarlo.

    Vado ad oscurarami un po', sta storia della solarità in effeti ha rotto.

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  2. Cara Marina,
    adoro perdermi nei tuoi post! Sono sempre così vividi che mi sembra non solo di viverne le atmosfere ma addirittura di poter sentire gli odori dei fiori di cui parli o il profumo delle persone che hai avuto in sorte di incontrare. Concedimi un'unica critica: quel sole a picco, per un altro amante della notte come lo era la tua madame, è uno spillo che trapassa gli occhi, non potresti toglierlo? Ovviamente sto scherzando;-)
    Un saluto,
    Paul

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  3. piccolo inchino di ringraziamento ai miei estimatori

    Sono entusiasta del vostro apprezzamento, sento che mi sto già assuefacendo, se doveste smettere di complimentarmi finirei "a rota"

    grazie
    ciaomarina

    PS per Polle: sono sorpresa, avrei giurato che eri un uomo da sole a picco. Devo rileggere meglio il tuo blog

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  4. perché la callas in tuo onore? non ho capito...
    bibi

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  5. @bibi:musica lirica, italia.chiaro?
    lo specificherò meglio
    ciaomarina

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  6. ok, capito, sono un po' lento.
    bibi

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