martedì 25 settembre 2007

giorno, mese, anno, secolo

Riflettendo sul mio tempo, questi due secoli a cavallo dei quali sono vissuta e ancora per un po’ vivrò, ho scoperto che il mio tempo mi sta bene.
Forse per mancanza di immaginazione, non mi vedo vivere in nessun’ altra epoca. Certo qualche cosa dei secoli passati mi piacerebbe avere sperimentato, qualche avventura avrei voluto viverla, qualche figura avrei voluto incontrarla.
Ma si distendono in secoli diversi e, a meno di sognarmi immortale, e certamente non è così, trovo che dovendo scegliere un unico tempo, il mio mi sta più che bene.
In questa convinzione, una parte grandissima ce l’ha il fatto che sono una donna ed è stato il mio secolo che ha sottratto la donna alla sua invisibilità sociale e alla sua schiavitù privata. Almeno in parte, sento di dover aggiungere, e almeno in alcuni luoghi.
Chiarito questo, restano, come dicevo, alcuni brividi nell’evocare periodi storici anche molto lontani. Ad esempio mi sarei vista volentieri a combattere con Simon Bolivar per la liberazione del continente americano. Avrei cantato: Simon Bolivar, Simon, razon del pueblo profunda.... Lo so che sono gli Inti Illimani, ma forse questo verso lo avrei scritto io, fantasia per fantasia, chi può escluderlo?
A proposito di Simon Bolivar: intorno ai ventidue anni, credo, sono stata in Venezuela e a Caracas, sua città natale, ho toccato con mano il culto straordinario che che vi si porta al Libertadòr.
Gli è dedicata una delle più belle piazze della capitale venezuelana, e al centro del giardino c’è una splendida statua equestre di Bolivar. Il cavallo s’impenna e il Bolivar, testa scoperta, guarda lontano con uno sguardo imperioso. Fin qui siamo nel classico, direi, di un monumento dedicato ad un eroe nazionale.
Ma quello che c’è di straordinario è che gli uomini che attraversano quella piazza, debbono (o almeno lo dovevano intorno al 1965) indossare la giacca, in segno di rispetto.
Nella mattinata soffocante per il caldo, io notai questo strano traffico di uomini che s' infilavano la giacca, o si toglievano la giacca, al margine della piazza e ne chiesi spiegazioni al caraqueño che ci accompagnava. Fu lui a illustrarmi la regola rigorosa che nessun uomo si sarebbe sognato di infrangere.



Anche al Gianicolo c’è un bel monumento equestre, quello di Garibaldi, meno magniloquente, perché il cavallo è fermo, ma l’Eroe dei Due mondi porta il suo bel poncho e, naturalmente, anche lui guarda lontano. Ciò nonostante nessun romano, né negli anni sessanta né tanto meno oggi, si sognerebbe di mettersi la giacca per passargli davanti.
Un altro bel monumento equestre dedicato a Simon Bolivar si trova a Parigi, sul Lungosenna di fronte alla spianata des Invalides ed io, che vi portavo il mio cane Orso ogni mattina, avevo il mio daffare per evitare che lo screanzato lo battezzasse irrispettosamente.
Va beh, passons...
Oltre che combattere con Bolivar mi sarei occupata volentieri della biblioteca di casa Leopardi a Recanati. Per Giacomo poi, avrei fatto qualunque altra cosa.Se mi avesse consentito di vederlo scrivere, magari di leggere le sue cose o di copiargliele, e di ascoltarlo parlare dei suoi zibaldoneschi pensieri, gli avrei stirato le camicie, lavato le canottiere e, gobba o non gobba, lo avrei amato.
Anche per questa esperienza sono nata troppo tardi.



Mi sarebbe anche piaciuto essere la governante di Emily Dickinson, areare la sua stanza, coglierle i fiori in giardino, fare per lei tutte le piccole commissioni che, reclusa in casa per decenni, non poteva sbrigare personalmente.
Ma anche qui, too late...



Insomma, sogni e fantasie a parte, questo XX barra XXI secolo mi stanno bene.
Mi sta bene anche la mia data di nascita, il primo di ottobre.
Mi sta bene il primo del mese. Sono una persona ordinata, cominciare con ordine mi tranquillizza. Niente scampoli, resti, riporto di..
Primo del mese e vai.
Mi sta bene l’ottobre. Bel mese. Nella mia città poi è semplicemente splendido. Le ottobrate romane sono state descritte da scrittori di mezzo mondo e di tutti i tempi.
E poi l’autunno mi piace.
I suoi colori, i suoi sapori.
E il riprendere le attività dopo l’estate sonnolenta.
E’ un mese vitale come sono io. Va bene, mi sono un po’ allargata.
Ma è anche un mese appena pungente di malinconia, e un po’ pensoso. Come sono io. E qui ci siamo.
L’autunno è una stagione molto utile, molto comoda per chi scrive.
Fornisce tante di quelle metafore! Ma a me sembra che i poeti non l’abbiano trattata proprio bene. Sì, ci sono alcuni bei versi sull’autunno, ma meno di quanti ne meriterebbe, secondo me.

Naturalmente c’è

Les sanglots longs
des violons d’automne
blessent mon coeur
d’une langueur
monotone....
di Verlaine

e

Autunno, già lo sentimmo venire
nel vento di agosto
nelle piogge di settembre
torrenziali e piangenti...
di Cardarelli


Ma almeno un piccolo capolavoro l’autunno lo ha meritato. È una poesia della mia amata Emily Dickinson e questa la trascrivo tutta.




The morns are meeker than they were.
The nuts are getting brown.
The berry’s cheek is plumper.
The rose is out of town.

The maple wears a gayer scarf,
The field a scarlet gown.
Lest I should be old-fashioned,
I’ll put a trinket on.


Sono più miti le mattine
e le noci abbrunano.
Le bacche hanno guance più rotonde.
La rosa è fuori città.

L’acero indossa una sciarpa più gaia,
i campi una gonna scarlatta.
Per non essere fuori moda
anch'io metterò un bijoux.

(traduzione di Mariateresa Barbieri)

Tornando al mio tempo, avrei qualcosa da ridire sul decennio. No, non per il motivo un po’ banale che mi piacerebbe essere più giovane. Cosa che comunque non è così vera come si potrebbe credere. Questo lancinante rimpianto per una nascita più tardiva, mi coglie solo quando incontro per le strade romane queste giovani donne in giacca e shorts, veri mini-tailleur!
Che già ai famosi “miei tempi” avevo sognati e immaginati, ma che erano ben al di là di essere ipotizzati dai nostri couturiers e che, se io avessi voluto audacemente introdurli, come pure mi passò per la testa, mi avrebbero fatta qualificare donna di malissimo affare. Una svergognata, diciamolo pure. Ecco, questo davvero mi fa rabbia. Vorrei fermarle, una per una, e dir loro: "Guarda carina, che questo disinvolto modellino l’ho pensato io negli anni sessanta e solo a causa della sorte malvagia e ria non ho potuto indossarlo e, senza offesa, credi: lo avrei indossato moolto meglio di te!"
Invece taccio, mastico amaro e naturalmente tiro innanz...

8 commenti:

  1. Io avrei voluto transitare rapidamente nel 1700, giusto il tempo di indossare uno di quegli abiti alla Liaisons dangereuses. Ad un ballo a corte, naturalmente. E col neo dipinto sopra il labbro.

    Al limite avrei fatto una capatina anche nella Georgia del 1861, ma tenendomi alla larga dai fatti di sangue della guerra di secessione: è per via delle crinoline e dei cappellini alla Via col vento. Avrei volentieri indossato uno straccetto dell'epoca, anche fatto con la stoffa delle tende, non sarei stata a cavillare. E poi via, di corsa nel 1950 per una comparsata veloce vestita come Grace Kelly: guanti di raso lunghi fino alle spalle, stola e borsetta!

    Ah, che degrado oggigiorno!
    Come si è impoverita la moda femminile, sempre meno stoffa, sempre meno, sempre meno... Si lesina sulla stoffa, si lesina!

    Bibi

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  2. Cara Marina,

    ho trovato quest'altra traduzione della poesia della Dickinson che, devo dire, mi piace molto di più (inoltre rispetta di più l'originale). Purtroppo, però, in questa breve ricerca, non sono riuscita a capire né il nome di chi ha tradotto la "tua" versione (molto più conosciuta, a giudicare da quello che ho trovato nel web)né quello della "mia" versione. Poveri traduttori, come siamo sempre poco considerati... eppure, soprattutto in poesia, non è un dettaglio.

    A te quale versione piace di più? Non è più bella quella Rosa fuori città (verso stupendo, direi, molto meno banale del "Non ci sono più rose in città" ... e quell'antiquata ... è proprio antiquato...

    Mariateresa


    I mattini sono più miti di com'erano -
    Le noci stanno diventando marroni -
    La guancia della bacca è più paffuta -
    La Rosa è fuori città.
    L'Acero indossa una sciarpa più gaia -
    Il campo una veste scarlatta -
    Per non essere fuori moda
    Mi metterò un ciondolo.

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  3. Mumble mumble...
    Beh, io sarei voluto nascere quando sei nata tu, per vivermi da giovane gli anni 60-70, che tuttora amo alla follia. In certi aspetti di questo tempo non mi ci riconosco molto. Anche se devo ammettere che alcune cose "tecnologiche" mi piacciono, tipo PC/internet e persino il cellulare.
    In realtà nei miei desideri, oltre ai viaggi temporali, sono presenti nei pensieri dei viaggi riguardanti località diverse del mondo, dove a volte mi verrebbe da vivere, tipo qualche posto naturale di pace, non per questo isolato, ma tranquillo, con bella gente intorno.
    Comunque poi ripenso alle ottobrate romane e mi dico... ma no, che qui si sta da dio.

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  4. @bibi: ti vedo bene in ognuna di queste "mise" e che ne dici degli anni charleston? Non sfigureresti, credi..

    @mariateresa•anche questa volta hai ragione da vendere. Sono sicura però che tu puoi migliorare anche la seconda traduzione.

    @luigi:in effetti gli anni della mia giovinezza non sono stati male col 68 e tutto il resto. Ma anche gli anni della Resistenza li avrei vissuti volentieri.
    Ma hai ragione ci sono cose di questo tempo davvero preziose, quelle che dici tu. Io ringrazio di averle viste.
    e penso che tu che sei giovane vedrai delle cose ancora più straordinarie.
    Forse qualche posto naturale di pace è rimasto anche in Italia, ma se ne sta nascosto. Ogni tanto penso di trovarmene uno per l'ultimo decennio della mia vita, ma poi finisce come per te:ma no, che qui si sta da dio!

    ciaomarina

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  5. @mariateresa: la tua traduzione è la più bella.
    Mi sa che mi farò ritradurre da te alcune poesie della Dickinson!
    ti abbracccio marina

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  6. Sul diario di quando avevo nove anni tra la lista dei desideri c'e':
    - essere una principessa nel Medioevo,
    - essere una fanciulla della Resistenza.
    Be' ora ho cambiato idea e la penso come te: il mio tempo mi sta bene.
    Un caro saluto,

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  7. @ Artemisia: la principessa nel medioevo non mi ha mai tentata, ma in montagna con i partigiani, sì!
    ma va bene così anche per me

    ciaomarina

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  8. Ecco un'altra versione (più ragionata) della traduzione della poesia della Dickinson. Come potrai immaginare, una traduzione non è MAI finita, c'è sempre da limare, rivedere, rileggere, ripensare (sempre che la traduzione, specie di una poesia, sia una strada percorribile... ma sono stati scritti volumi e volumi sulla teoria della traduzione, non starò a ripetere quanto già meravigliosamente espresso da altri).

    Piuttosto... sarebbe interessante raccogliere le traduzioni (di questa e di altre poesie) di tutti coloro che volessero cimentarsi in quest'arte. Mi piacerebbe leggere cento interpretazioni diverse delle stesse rime. Facciamo?


    The morns are meeker than they were.
    The nuts are getting brown.
    The berry’s cheek is plumper.
    The rose is out of town.

    The maple wears a gayer scarf,
    The field a scarlet gown.
    Lest I should be old-fashioned,
    I’ll put a trinket on.


    I mattini sono più miti di com’erano.
    Le noci abbruniscono.
    Sono più polpose le bacche.
    La rosa è fuori città.

    L’acero indossa una sciarpa più gaia,
    I campi una veste scarlatta.
    Per non essere fuori moda,
    metterò un ciondolo anch’io.

    So che a te, Marina, non piace quel "di com'erano" perché ti sembra ridondante... ma anche la Dickinson lo è stata (avrebbe potuto semplicemente dire: "The morns are meeker".

    Poi: ti ringrazio per avermi proposto la magnifica parola: "abbruniscono".

    "Gown" in realtà non vuol dire gonna ma la traduzione rispetta la fonetica: gown=gonna.

    Ho scritto "ciondolo" e non "bijoux" solo per restare in italiano... piuttosto quell'old-fashioned mi ha dato un sacco da pensare...

    Mariateresa

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