giovedì 23 agosto 2007

Tu mi dai il male

Ho letto, finalmente, “Tu mi dai il male” di Susi Brescia. Seguendo il consiglio appassionato di Donnigio. E lo ringrazio per avermene parlato.
Il libro racconta la storia atroce di Marie Trintignant e Bertrand Cantat.
Lei, attrice, figlia di Jean-Louis Trintignant, lui, cantante e leader dei Noir Desir, gruppo rock francese. Belli, famosi e innamorati.
Ma Marie Trintignant è morta a 40 anni nell’estate del 2003, dopo essere stata percossa dal compagno. Bertrand è stato riconosciuto colpevole di omicidio e condannato ad otto anni di prigione dal Tribunale di Vilnius, in Lituania, dove la tragedia ha avuto luogo.
Nel libro Susi Brescia ricostruisce l’intera vicenda collocandola all’interno di un piccolo romanzo. I due si amano, un amore come un rapimento, ma Marie ha una complicata storia di altri uomini e mariti e figli mai lasciatasi alle spalle e ancora presenti nella sua vita quotidiana. Quanto a Bertrand, lui taglia con la moglie ogni ponte poiché Marie vuole così. Ma escludere anche i figli dalla sua vita lo amareggia. In una notte in cui probabilmente entrambi hanno bevuto, una reciproca gelosia e rabbia sembra far deflagrare la razionalità elettrica dei due artisti. Lei si scaglia su di lui, si accapigliano e Marie è colpita da Bertrand con quattro manrovesci potenti. Marie entra in coma. Morrà, dopo una notte in cui le diverse persone accorse sul luogo del dramma, non capiscono il suo stato e non la soccorrono. Bertrand è distrutto da rimorso, colpa, dolore. Condannato, fa la sua galera mentre sulla sua vita e sulla morte di Marie si monta tutto un carrozzone, in cui c’è chi specula, chi recita, chi si accapiglia, chi si accanisce. Anche questo aspetto è orribile.
La storia sembra lineare. C’è un uomo che ha ucciso una donna picchiandola.
Susi Brescia insinua in noi il dubbio che questa storia sia diversa da altre storie di uomini che picchiano e uccidono le loro donne. Ricostruisce per noi la storia di quell’amore e soprattutto il clima di quella sera tremenda, al termine di una giornata in cui entrambi erano stati sottoposti a pressioni fortissime. Alla fine del libro molte domande mi agitano. Che cosa conta in questa storia? Che Bertrand sia un artista, poeta e musicista? Che amasse Marie? Che non volesse ucciderla? Che Bertrand senza Marie si senta perduto? Che da subito si dichiari colpevole, ben oltre la colpevolezza che i tribunali gli attribuiranno? Di una colpa di cui lui solo conosce il peso? Colpevole sì, ma non di aver voluto uccidere. Questo dice Bertrand. Io gli credo. Quattro manrovesci violenti, dice Bertrand e lei è caduta. Ed era stata Marie a scagliarsi su di lui, la loro era una vera lotta. Io gli credo. Ma qualcosa di duro resta in me. Perché ci sono comunque quattro manrovesci in più. Eppure io sono dispiaciuta anche per Bertrand, non credo che uscirà mai veramente da quella notte tremenda.

In occasione di un’altra storia analoga che ora non ricordo, (sono davvero troppe) mio marito osservava che la cosa terribile della nostra specie, solo della nostra specie, è che il maschio della specie può uccidere con la sua nuda forza, senza arma alcuna, la femmina della specie. Il maschio della specie può uccidere con la sua sola forza la femmina della specie. La semplicità lineare di questa considerazione (la linearità è una delle caratteristiche più preziose del pensiero di mio marito) non è arrivata alla coscienza dell’uomo. Non arriva fino in fondo alla coscienza dell’uomo. Quello che penso alla fine del libro (e lo capisco ora) è che anche nella coscienza di un artista, nella sensibilità di un artista, quella consapevolezza non è giunta. Perché una consapevolezza profonda significa “tabù” e il tabù non ammette eccezioni. Questo è quello che hanno pagato, Marie con la sua vita e Bertrand con quello che gli resta della sua.

Nel suo post di qualche tempo fa’ (e al quale devo la scoperta dei Noir Desir e del talento di Bertrand) Donnigio si chiede se “la pietà e il perdono e la compassione non appartengano al genere umano.” Parlava di pietà, perdono e compassione per Bertrand perché quelle per Marie le considera, giustamente, dovute. Non nel senso di banalmente scontate, ma nel senso di vere e semplicemente umane. Di questo sono sicura. Prima di scrivere questo post io mi sono seriamente interrogata sui miei sentimenti verso Bertrand. Non mi dispiace se Bertrand riprenderà il cammino della sua vita, tornerà a suonare e cantare. Non sento il bisogno di saperlo in galera. Sono contenta se la vita di Bertrand tornerà ad essere una vita.
Ma se penso a Marie qualche cosa vibra diversamente dentro di me. Marie io non la conoscevo, non sapevo neanche che Trintignant avesse una figlia attrice. Ma provo dentro di me un senso fortissimo di ribellione e di rabbia. E di dolore per lei.
Sì, è vero sono dispiaciuta anche per il dolore di Bertrand, a cui credo, ma in un modo diverso.
Lui resta per me solo un uomo che ha commesso una cosa orribile, ha pagato ed ora ha il diritto di ricostruire la sua vita. Io non gli contesto questo diritto. Dirò di più, io sono contenta se la vita tornerà ad essere buona con lui. Ma fra me e lui resta un velo, la pellicola sottile della razionalità. Invece se penso a Marie ecco, sono proprio presa da un brivido, sono le mie viscere che mi fanno male e non ho altro modo per dirlo.
Ti farò una confessione, Donnigio, che dato il mezzo è quasi una pubblica confessione: sono incapace di vendetta, lo sono davvero, ma non so esattamente che cosa significhi perdonare. Se significa che dentro di noi la rabbia e il rancore si sono sciolti per sempre, allora no, Bertrand non l’ho perdonato. Perché se penso a Marie la rabbia mi risorge uguale dentro. Se invece perdonare significa non solo non cercare, ma neanche desiderare il male della persona colpevole, pur conservando dentro di sé, fortissimo, il senso dell’offesa ricevuta, allora forse posso dire di aver perdonato Bertrand.
Ecco Donnigio, questo è il groviglio in cui mi hai messa.

14 commenti:

  1. Beh, NO Marina, Donnigio NON ti ha messa in nessun "groviglio".

    Tu hai scelto di leggere un libro.

    Perchè e su quali basi
    chi consiglia un libro ad una persona "grande"
    dovebbe essere considerato responsabile ?

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  2. @Paola•  no, scusa paola ma questa volta proprio non hai capito! Dovrei dire che mi sono spiegata male, ma sinceramente penso proprio di non aver scritto in nessun modo che ritengo Donnigio responsabile del mio groviglio e sono certa che neanche lui lo penserà.
    E' addirittura banale che chi consiglia un libro non è responsabile di un bel niente, mi sembra un'idea a dir poco bislacca.
    Quello che volevo dire è semplicemente che il suo riferimento al "pentimento" ha determinato in me la necessità di chiarirmene il significato. In forma aperta al suo eventuale parere.
    Il groviglio è quello. Di avermi suggerito il libro Donnigio l'ho ringraziato in apertura di post. Forse ti è sfuggito.

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  3. Marina ho atteso alcune ore per rileggere ben due volte il tuo Post.


    La frase:
    "Ecco Donnigio, questo è il groviglio in cui mi hai messa."
    è passibile della mia interpretazione...affrettata.
    Ora comprendo ciò che volevi dire.
    Sarebbe bastato, allora, scrivere
    "Ecco Donnigio, questo è il groviglio in cui mi trovo ora.”


    Certo invece che quel
    “mi hai messa"
    fa molta, molta più scena….

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  4. Sì sarebbe bastato scrivere "ecco il groviglio in cui mi trovo ora", ma a parte che si perde un piccolo effetto e diventa molto più giornalistico, c'è anche una ragione più sottile nella mia scelta, che provo a spiegarti.
    "in cui mi trovo" non è esatto. Dal groviglio io sono uscita. Vi sono stata messa, dalla domanda di Donnigio sul perdono, e mi ci sono avvoltolata ben bene per chiarirmi il senso vero (per me) del perdono, ma ora mi è chiaro. Non sono più nel groviglio, non avrei potuto scrivere "in cui mi trovo". Quello che mi resta da sapere è quale senso è quello corrententemente accettato.
    Soprattutto quale è quello che accetta Donnigio e se il mio soddisfa la sua domanda.
    Spero di essermi spiegata meglio

    Comunque dà un gran gusto avere una lettrice così attenta
    grazie
    ciaomarina

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  5. Vabbè, dai, il groviglio c'era, c'è stato e ci sarà. Se Gianni è riuscito ad innescare tutto questo, l'invito a leggere il libro ed il libro stesso hanno raggiunto il loro obiettivo.
    Io posso dire che , fino ad oggi, sono sempre riuscita a perdonare, proprio nel senso di dimenticare rabbia e rancore. Ma non è un merito,non faccio nessuno sforzo, mi viene naturale :)

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  6. Ripassando dal tuo Blog, il giorno dopo, mi stupisco di non trovare alcun commento circa l'opportunità di inserire nelle scuole l'obbligo dello studio della psicologia e delle competenze emotive...

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  7. @ Anna: probabilmente hai un dono che io non ho. Mi ci vogliono tempi molto lunghi per sentir scemare rabbia e rancore. In compenso non gambizzerei mai nessuno. Ah,ah,ah,ah....

    @ Paola: un post in questo senso potresti farlo tu.
    Forza, al lavoro..

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  8. Cara Marina, ho letto il tuo post stanotte e poi son crollato. E' un piacere consigliare un libro ad una lettrice attenta ed appassionata come te. Attraverso la discussione, il libro continua a vivere di vita propria, insieme ai suoi protagonisti. Questa è la vera magia della lettura, la condivisione delle emozioni.
    Hai illustrato il tuo punto di vista e le emozioni che t'ha suscitato la vicenda Cantat-Trintignant in maniera esaustiva. C'è davvero poco da aggiungere, perchè sono dell'idea che determinate reazioni, stati d'animo, nascano dal di dentro e non si possano razionalizzare, commentare, giudicare. Davanti a questi eventi, vien fuori la parte più intima del nostro essere, quello che siamo e il modo in cui ci poniamo nei confronti della vita stessa.
    Io ho sempre perdonato. Mi basta a volte anche un sorriso da parte di chi mi ha offeso e il mio cuore smette all'istante di sanguinare.
    Questo mio rimuovere ogni forma di rancore, impedisce al mio organismo di accumulare veleni. In questo senso ho avuto degli insegnanti illustri,tra tutti Gandhi e il Dalai Lama.
    Questo mio modo di essere però non mi impedisce di essere estremamente obiettivo. Bertrand non avrebbe dovuto picchiare, neanche per scherzo, Marie. Quella notte avrebbe dovuto farsi prendere a schiaffi dalla sua compagna, poi sarebbe dovuto uscire, gridare, ubriacarsi, prendersi a pugni...ma non avrebbe mai dovuto toccarla. Da questo punto di vista, purtroppo devo riconoscere che mi ha deluso. Ma resta il fatto che è stato un incidente a causare la morte di Marie, e che Bertrand non aveva nessuna intenzione di perdere la donna amata. Insomma, un incidente che ha distrutto la vita di entrambi.
    Quello che non tollero è il veleno che scorre nelle vene del genere umano, quel veleno accumulato che l'uomo tira fuori appena può, che scaglia contro chiunque, senza criterio, senza pietà.
    Un uomo ha sbagliato, ha ammesso le sue colpe e paga in silenzio. Ma dall'esterno si grida al linciaggio, si desidera per lui tutto il male possibile. Ma a chi serve tutto questo? La sua morte porterebbe in vita Marie? E tutto quell'odio generato in Francia e nel mondo chi credi che l'abbia assorbito? I bambini... perchè è peggio dello smog, è un veleno che uccide in maniera più subdola.
    Ma perchè nessuno mai prova per un attimo a mettersi nei panni di qualcun'altro? Io lo faccio spesso ed è molto utile. L'ho fatto con Bertrand e ti giuro, mi son sentito d'impazzire. Un errore, un momento di follia e tutta la mia vita è crollata. Ero in cima alla montagna, la rockstar più amata, il paladino delle giuste cause, giravo il mondo e sentivo tutti intonare le mie parole, amavo una donna affascinante, avevo tantissimi amici...e dal giorno alla notte sono sprofondato negli inferi. E come se non bastasse, da impotente, ho dovuto assistere al mio linciaggio senza potermi difendere.
    Cella di isolamento in terra straniera. E Marie, morta e con lei una parte importante di me, per sempre.
    Io credo che oltre non si possa andare.

    Marina, perdonare non è facile, soprattutto davanti alla morte. Ma credi che il non farlo possa portare qualche beneficio? Il mio perdono non esclude affatto il mio dolore per la morte di una donna spendida come Marie Trintignant (che peraltro adoravo, amante come sono di tutto ciò che è "francese", soprattutto il cinema.

    Concludo facendo quest'ultima osservazione, perchè ogni caso va preso singolarmente e generalizzare è il male della nostra società.
    Un uomo picchia quotidianamente la sua donna. Lei non lo denuncia, perchè ha paura di restare sola, paura di perdere i suoi figli, di perdere tutto. Non lo denuncia perchè in modo inspiegabile, lo ama. Quest'uomo un giorno la picchia così forte che l'uccide. Era ubriaco, fuori di testa, disperato...
    Che si fa? Lo si perdona? Si...sempre per il fatto che l'odio si alimenta con l'odio. Ma lo si lascia in carcere, facendo in modo che non possa più nuocere a nessuno....
    Io perdono, ma detesto la violenza in ogni sua forma. Considera che il mio essere vegetariano nasce dall'esigenza di abbattere ogni forma di violenza, come quella che si consuma quotidianamente nei macelli, negli allevamenti intensivi, nelle gabbie...legali!

    Credo che potremmo andare avanti delle ore a parlare di tutto questo, ma mi fermo qui. Perchè, come dicevo all'inizio, determinate situazioni vanno vissute in maniera molto personale. L'amore e l'odio sono stati d'animo che fortunatamente non si possono generare con un click...ne si possono gestire con un software! ;-)

    Ed ora, veniamo all'ultimo libro che mi ha catturato e che parla un po' di me; TUTTALPIU' MUOIO di Albinati e Timi (Fandango Ed.)
    Ovviamente, se non l'hai ancora letto, ti consiglio il libro che amo di più, in assoluto; UN ALTRO GIRO DI GIOSTRA di Terzani (l'ho letto tre volte).

    A presto Marina, un abbraccio ;-)

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  9. Caro Donnigio, grazie per questa che è una vera e propria lettera.
    Intanto come prima cosa: lo sapevo che esisteva sintonia di lettura tra di noi! Tuttal più muoio, non solo l'ho letto, ma mi è piaciuto tantissimo!
    Visto che dici che parla un po' di te lo rileggerò, alla ricerca di quella idea che di te mi sono fatta.
    Quello di Terzani non l'ho letto e ti confesso perché. Terzani l'ho seguito dai tempi dell'espresso a "tovaglia" e l'ho sempre molto amato. Quando intorno alla sua vita e poi alla sua morte è cominciato a nascere una specie di movimento di adoratori, con un tono vagamente new age, mi sono irrigidita. Ho avuto l'impressione che ne volessero fare un santone. Io sono molto diffidente nei confronti dei santoni. Penso che ognuno debba portare le proprie guide spirituali dentro di sé.
    Ma lo leggerò perché di te mi fido.
    E poi così potremo chiacchierare anche di questo.

    E veniamo a Marie e Bertrand. Hai ragione: non c'è niente da aggiungere. Il tuo modo di perdonare ed il mio sono diversi. Può darsi che quello vero sia il tuo. Io per ragioni personali mi sono chiesta spesso se il perdono e la dimenticanza siano la stessa cosa. Quando mi si chiede di perdonare, che cosa mi si chiede davvero? Di dimenticare quello che è successo? Di tornare a fidarmi?
    O è sufficiente non provare malanimo, nessuna voglia di far scontare, né di veder soffrire? Forse non lo saprò mai.

    E' bellissimo quello che dici del tuo cuore che smette di sanguinare solo per un sorriso da parte di chi ti ha offeso.
    Questo accade anche a me, nella mia vita quotidiana. Piccole offese, piccoli rancori che si sciolgono. Sì, questo naturalmente lo conosco anche io.
    Ma io ho sperimentato nella mia vita anche delle colpe vere e gravi nei miei confronti, per le quali nessuno mai mi ha chiesto scusa. Queste persone ora sono uscite dalla mia vita, io non ho mai fatto loro del male, né gliene farei, ma il senso profondo della ingiustizia e dell'offesa resta dentro di me.
    Il ricordo può essere un veleno, hai ragione.

    Tutta la parte della tua lettera sul linciaggio cui è stato sottoposto Bertrand è perfetta. Ed è vero, i bambini avranno assorbito l'odio. Questa è la cosa più brutta.

    Però a quella domanda "Credi che il non perdonare possa portare qualche beneficio?" voglio rispondere.
    No, io penso che perdonare faccia bene innanzitutto a chi perdona. Ma appunto il mio perdonare è forse meno generoso del tuo, è più un qualcosa di testa che di vero cuore. E' il riconoscimento che il male esiste e che ci riguarda tutti. Che nessuno può essere per sempre inchiodato ad una sua azione, che tutti abbiamo diritto a tirare fuori la parte migliore di noi, riscattando quella brutta e cattiva, e che augurare il male a qualcuno che riconosce il suo errore, come Bertrand ha riconosciuto il suo, è meschino, inutilmente crudele e generatore di altro male.

    Meno male che avevo iniziato dicendo che non c'era niente da aggiungere!

    parlare con te è veramente interessante. Di giovani così ce ne vorrebbero tanti, distribuiti regolarmente sul territorio nazionale come semi o come enzimi per rendere più ricco il nostro terreno sociale.

    ciaomarina


    PS Anche sul vegetarismo sei molto più bravo di me. Ci provo ogni tanto, resisto qualche mese, anche molti mesi e poi miseramente fallisco.


    Aripost scriptum: mi piace imparare dai giovani!

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  10. Io ho provato a diventare vegetariana: ci sono riuscita benissimo e con grande determinazione per ben due giorni e mezzo, la terza sera sono capitolata davanti ad un osso buco con piselli. Dante mi avrebbe piazzata all'inferno tra i lussuriosi e i golosi, travolta dalla bufera, flagellata dalla pioggia e straziata da Cerbero!
    Concordo con te ,Marina,sull'affermazione che di "Donnigi" ce ne vorrebbero di più, ma mi piace pensare che non sia una perla rara (anche se nella sostanza lo è)e non dispero, e credo molto nei giovani.
    Ah, dimenticavo: io gambizzo, ma poi perdono alla grande....ahahahahahah

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  11. l'immagine di te travolta dalla bufera, flagellata dalla pioggia e straziata da Cerbero mi ha dato nuovo vigore! Stasera fagiolini e macedonia.

    ciaomarina

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  12. Innanzitutto, grazie Anna...non puoi vedermi, ma sono "arrossito" dal complimento!!! ;-)
    Marina, riguardo a Terzani, sono sicuro che lui tutto desiderava, tranne che diventare un nuovo "santone post new age".S'è trovato, suo malgrado, incastrato...senza possibilità di difesa (dato che tutto è esploso dopo la sua morte). Complice la foto di copertina!!! Ma lui era troppo fiorentino per essere un nuovo guru. E' la persona più oggettiva e lucida che abbia mai "letto"...ed il suo è un racconto di vita che pagina dopo pagina offre innumerevoli spunti di riflessione. Io, a distanza di 3 anni dalla prima lettura, sto ancora riflettendo.... ;-)

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  13. Credo che siate i migliori lettori che un autore possa sperare di avere...sono commossa e incredula!

    susi brescia

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  14. Ciao Susi, grazie a te.
    Il tuo libro non solo l'ho letto con piacere, ma mi ha informata e in più mi ha fatto riflettere.

    A quando il prossimo?


    ciaomarina

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