domenica 5 agosto 2007

emozioni

Mia figlia butta là una frase ironica sull’amore e le sue pene. Concorre così al mio post di oggi. Tranquilli, non intendo parlarvi della mia visione dell’amore. Non mi appresto a scrivere un poemetto. Voglio solo illustrarvi un paio di mie convinzioni al riguardo.
Il mio primo assioma è semplice: È meglio amare che essere amati.
Supponiamo che un uomo straordinariamente affascinante, intelligente, sensibile e magari anche generoso, ma sì, voglio strafare, anche ricco e potente, mi ami appassionatamente, esclusivamente ecc. ecc. Diciamo che io riconosco che è affascinante, intelligente, sensibile ecc. e ciò non di meno non provo niente per lui. Niente. Questo amore che io ricevo aumenta la mia felicità? Forse, se sono vanitosa, lusinga la mia vanità, se sono interessata ed opportunista, posso vederlo come il mezzo per ottenere altre gratificazioni, regali, appoggi, facilitazioni ecc. Ma mi sentirò più felice? Più viva, più presente alla vita e a me stessa? Più emozionata? Certo no. Immaginiamo invece un uomo normalissimo, un uomo come tanti, forse piacevole, forse buono o forse no, un non-principe azzurro. Ma immaginiamo anche che quest’ uomo senza niente di speciale, sia invece speciale per me. Immaginiamo cioè che l’alchimia dell’amore sia all’opera con le sue leggi misteriose. Diciamo che quest ‘uomo non mi ama, non mi vuole, mi respinge, mi ignora. Certo non sono felice, certo ne soffro, forse piango, forse mi macero nel desiderio e nella mancanza ma... Il ma è dirimente: io sono più viva, più presente alla vita e a me stessa, sono piena di un’ emozione che si chiama sofferenza, ma è un’ emozione che testimonia che sono viva. Ecco, è solo in questo senso che sostengo che amare è meglio che essere amata. Soffrire le famose pene d’amore è uno scherzo. Vivere àtoni senza un sentimento che ci faccia vibrare, questo è davvero venefico. Questo assioma, ovviamente, vale solo in situazioni di disparità. Amare riamati, non ha niente a che vedere con questo discorso. Sono capaci tutti di scegliere il piccolo gioiello che è un amore ricambiato. Il mio assioma vale quando si deve scegliere, vale nel caso di un ‘aut/ aut’. Non vale per un ‘et et’. Bene, in caso di aut/aut senza esitare direi: datemi la grazia di amare e non importa se non sarò riamata.

C’è un’altra cosa che so dell’amore, il mio secondo assioma: l’amore è un sentimento che riguarda solo chi lo prova, solo chi ama. È indipendente, separato, dall’oggetto del nostro amore. L’oggetto d’amore non può nulla, nulla sul nostro sentimento. Non può accrescerlo né farlo decantare, non può deviarlo né ucciderlo. Supponiamo di amare qualcuno. Questo qualcuno è qui accanto a noi, ci sfiora. Il nostro sentimento ne è naturalmente infiammato, ma non per questo amiamo di più. Può sembrarci, ma non è così. Semplicemente, in questo momento, il sentimento d’amore si applica, si dispiega, trova le sue naturali conclusioni nel desiderio e nella passione. Immaginiamo che l’oggetto del nostro amore sia lontano, in un’ altra città o in un altro paese o solo in un’ altra stanza in fondo ad un corridoio. Lo amiamo meno? Io non lo credo. I nostri sensi sono forse, e dico forse, meno accesi, forse procrastinano semplicemente una gioia che giungerà poi. Insomma è l’esplicazione dell’amore che diverge dal suo oggetto, non l’amore stesso. La stessa cosa accade se l’oggetto del nostro amore non corrisponde al nostro sentimento. Soffriamo, ci danniamo, siamo preda di frustrazione, dolore, solitudine, nostalgia, desiderio. Ma tutti questi sono sentimenti che accompagnano il sentimento d’amore, non sono il sentimento d’amore. Non lo identificano. O almeno non dovrebbero. L’ altro, l’amato, non ha nessun potere sul nostro sentimento. Può influire su quelli che lo accompagnano, ma non sul sentimento stesso.

Per me fu una rivelazione quando lo lessi, molto e molto e molto tempo fa’. Nel Wilhelm Meister di Goethe, credo. O forse nel Werther? No era Wilhelm. In una lettera scrive all’amata, che non lo ama e non vuol saperne di lui: E SE IO VI AMO, IN CHE COSA CIÒ VI RIGUARDA?Fu una folgorazione. È cosi, è assolutamente così. L’amore non appartiene all’amato ma solo all’amante. L’amato non ha alcun potere sull’amore dell’amante. E nessun diritto. Non può svilirlo, smorzarlo, spegnerlo.
Forse si cessa d’amare perché l’altro non ci ama? Certo, può succedere. Lunghe, ripetute frustrazioni, dice Freud, allentano la nostra passione. Ma si cessa d’amare anche se l’altro ci ama. Si cessa d’amare perché si cessa, il perché ci è ignoto. O anche non si cessa mai, per una vita intera. O, ancora, ci si ama in modo asincrono. Ti amo oggi che tu non mi ami, domani mi amerai ma forse io non ti vorrò più. Quello che voglio dire è che l’amore vive indipendentemente da colei o colui che è amato, cui non appartiene realmente. L’amore appartiene a chi ama. Riguarda chi ama. L’amore, questo impulso vitale, si volge verso un altro, verso l’oggetto del nostro amore, ma appartiene a noi. Basta pensare all’amore della paziente per il suo analista. Lui lo chiama transfert e, di regola, non lo corrisponde. Lei lo chiama amore e se ne frega delle definizioni di lui. Vive il suo sentimento come lo sente. L’altro nulla può su quel sentimento. L’amato potrebbe far cessare la sofferenza dell’amante. Potrebbe accrescere la sua felicità, donare il soddifacimento del desiderio, rispondere al bisogno di tenerezza e chi più ne ha più ne metta. Ma è totalmente impotente di fronte al sentimento dell’amante.

E SE IO VI AMO IN CHE COSA CIÒ VI RIGUARDA?
È proprio cosi. Se amiamo qualcuno ciò non lo riguarda affatto. Se siamo capaci di tenerci, assieme alla nostra sofferenza, anche il nostro amore, gli sconfitti non saremo noi. Nella giostra dei sentimenti non saremo perdenti. Noi avremo qualcosa che lui/lei non ha. Noi avremo un sentimento, un’ emozione, una vitalità. Il più attento degli obiettori dirà: ma se lui/lei ama un’ altra/un altro, avrà la sua propria emozione, il suo proprio sentimento. Beh,tanto meglio per lui/lei. Noi soffriremo di gelosia, ma ciò non ci toglierà il nostro, di sentimento, la nostra, di emozione.
Personalmente per un’ emozione venderei l’anima al diavolo e in mancanza del diavolo porgerei grazie agli dei e in mancanza degli dei, mi congratulerei con me stessa.

Riepilogando.
Assioma numero uno: meglio amare che essere amati.
Assioma numero due: l’amore appartiene a chi ama.

Un’ amica cui esponevo i miei assiomi, protestò: belle consolazioni, sono fatte apposta per le sfigate!
Può darsi. Ma anche le sfigate amano. E, se amano, secondo me non sono più sfigate.


Sui sentimenti e le emozioni lessi (e rileggo qua e là ogni tanto) "Teoria dei sentimenti" di Agnes Heller, la filosofa ungherese, della scuola di Lukàcs, espulsa dal partito comunista perché esponente di una filosofia marxista dissidente.
Ricordo poi ancora quello che disse Camus "Non essere amati è una semplice sfortuna. La vera disgrazia è non amare".
Sì, lo so, l'ho già citato, ma repetita juvant.

2 commenti:

  1. Sarò banale: amare senza essere amati oppure essere amati senza amare sono due condizioni monche. Volgarizzando molto, la prima è dolorosa, mentre la seconda è molesta.
    L'amore funziona solo quando è reciproco. Potrei dire che l'amore esiste SOLO quando giunge a una condizione di reciprocità, che prima è a uno stato larvale, fetale, progettuale, virtuale. E che arriva alla sua piena maturazione unicamente quando entrambi i soggetti si amano l'un l'altro.
    Insomma, a mio avviso, l'amore PRETENDE la reciprocità.
    Un salutone da luciano /idefix
    http://lucianoidefix.typepad.com/

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  2. Ciao Luciano. Grazie per il tuo contributo.
    Naturalmente dissento e mi sembra un modo di ragionare che toglie dignità al sentimento d'amore di chi non è riamato. Una condizione dolorosa non è monca, è solo dolorosa. E pertanto umana. Pienamente. Quella molesta, è dolorosa se vista dall'altra parte. Umana ancora. E degna del nome di amore.
    L'amore pretende la reciprocità ma non sempre l'ottiene. Vuoi davvero negarne la realtà, la sostanza di "amore"? L'idea che l'amore esista solo quando raggiunge la reciprocità e che altrimenti sia in uno stato larvale significa cancellare almeno i due terzi del sentimento d'amore dalla faccia della terra(per non parlare della grande letteratura).
    Forse ti manca l'esperienza di un amore non reciproco? In una direzione o nell'altra?
    Respingo (anche un po' indignata) l'idea che un amore non corrisposto venga considerato non maturo.
    E' la relazione, il rapporto d'amore, che raggiunge la sua piena maturazione nella reciprocità. Non il sentimento in sé, che ha la sua maturità a prescindere (lo diceva anche Totò) dall'essere o no corrisposto.
    Naturalmente esistono amori immaturi, che siano o meno corrisposti.
    mi piacerebbe discuterne una volta o l'altra

    a presto
    ciao marina

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