lunedì 23 luglio 2007

incontri/uno

Tutti noi abbiamo avuto la ventura di incontrare nella nostra vita per brevi momenti persone celebri, magari in campi diversi. Incontri fugaci che non hanno significato niente per la celebrità di turno e niente probabilmente neanche per noi. Alcuni però un piccolo significato lo hanno avuto. Magari hanno solo illustrato un piccolo tic del personaggio famoso o svelata una nostra piccola caratteristica. Questi mi piace raccontare.

Uno molto sgradevole. Mara Venier nella saletta Alitalia in attesa come tutti noi di un volo Roma Parigi in forte ritardo. Bella, in colbacco e stivali neri, sbraitava, muovendosi senza cessa da una poltrona all’altra e parlando in due telefonini. C’era anche Stefano Rodotà, allora Garante per la Privacy, che mentre lei si lamentava per l’imbevibile caffè, beveva tranquillamente il suo e sfogliava i giornali, e il confronto con la signorilità innata di Rodotà rese la poveretta ancora più insopportabile. La Venier trattò da cani la gentilissima hostess che si arrampicava sugli specchi per trovare giustificazioni alla compagnia per cui lavorava e ancora peggio un tipo, mascherato da omosessuale, che con ogni evidenza le faceva da assistente e che le saltellava intorno. Fu volgare, crudele e stupida. La Venier pacioccona, tutta indulgenza e cordialità, che compariva sul nostro schermo la domenica pomeriggio era un falso. Bella scoperta direte voi. Tutto lo schermo è falso la domenica pomeriggio. Sì, ma quella breve apparizione me lo certificò. E comunque io temo che la società portata in televisione sia purtroppo vera. E vegeta.

Ancora un aeroporto: Parigi Roissy. In attesa del volo per Roma questa volta. Sprofondato in una delle poltrone Marcello Mastroianni, solo. Sulla poltrona accanto il suo impermeabile e una borsa da viaggio. Siede senza nulla fare. Aspetta.
Il corpo magro ma il volto gonfio, visibilmente stanco, in un abito stazzonato, il nostro bel Marcello è una tristissima rimembranza di se stesso. Non per l’età, ma per i più che evidenti segni della malattia che di lì a poco lo porterà via.
Mio marito ed io cerchiamo di non guardarlo e leggiamo i nostri giornali. Entra nella sala una coppia di italiani di mezza età. Carichi di borse e buste del free shop, impellicciata lei. Esuberanti ed entusiasti. Nel riconoscerlo esplodono di contentezza, sembrano aver rincontrato dopo mezzo secolo un fratello creduto morto. Gli vanno addosso, vogliono stringergli la mano. E’ tutto un complimentarsi, come lo apprezzano, quanto lo amano, come è bravo ecc... Lui sorride stancamente, li ringrazia, si vede che tenta di sottrarsi senza essere scortese. Si siedono infine poco distanti, ma poi lei salta su. Una foto! Possiamo farci una foto con lei? Mio marito ed io ci guardiamo. Lui ha una luce omicida negli occhi. Ufficialmente la intemerata sono io, ma mio marito è imprevedibile. Non mi sorprenderei se prendesse la signora per le braccia e la rimettesse a sedere di forza. Si trattiene, manifestando però con la mimica e con la gestualità tutta la sua insofferenza. Rassegnato, Mastroianni fa una prima foto con la signora e poi una seconda con il marito. I due ci guardano, è evidente che amerebbero una terza e bella foto di entrambi con il grande attore. Ma noi teniamo ostinatamente la testa bassa. Così desistono. Quando alzo di nuovo la testa e guardo verso Mastroianni anche lui mi sta guardando. Scambiamo un breve dialogo muto ma eloquentissimo. Mi dispiace -gli dico scuotendo piano la testa-per quei due cafoni- Lui sospira appena, al mio sguardo di solidarietà e fa un piccolissimo sorriso stanco, lanciandomi una sguardo metà ironico, metà rassegnato. –Che ci vuoi fare?- mi dice-Sono fatti così-.
Il Mastroianni un po’ indolente e un po’ scettico, senza un grammo di divismo, che le cronache ci hanno descritto, non era un falso.
In una intervista filmica Mastroianni ha scherzosamente indicato il paradosso dell’attore come consistente nel fatto che si lotta per arrivare alla notorietà per iniziare subito a pregare di non essere riconosciuti.

Terzo incontro.
Roma, via Merulana. Forse sette, otto anni fa’. Mentre risalgo la strada cerco di sistemare meglio nella mano destra la busta del pane e il guinzaglio del mio cane Orso. Nella sinistra ho il pacco dei giornali appena acquistati. Mi muovo poco agevolmente. Il mio cane tira un po’ e la manovra non mi riesce. Il guinzaglio mi sfugge. Per riafferrarlo faccio cadere anche la busta del pane. Mi chino per riafferrare il guinzaglio del mio cane che si diverte a fare una danza del tipo “vieni a prendermi se sei capace” e intanto qualcun altro si china a raccogliere il pane. Afferro finalmente il guinzaglio completo di cane e mi risollevo, alzando contemporaneamente gli occhi sulla persona che è ferma davanti a me. Incontro così due occhi di un azzurro azzurrissimo, in una bella faccia sorridente, sormontata da una scarna capigliatura, vagamente grigio rossatra.
E resto a bocca aperta, perché gli occhi, la faccia, i capelli e il sorriso appartengono inequivocabilmente a Francesco De Gregori. Il quale sta risistemando le rosette nella loro busta. Provo un moto di gratitudine che non ha niente a che fare con il suo gesto gentile. Vorrei dirgli: lo sa lei che il suo album Rimmel suonava continuamente al sado bisto do dell’Hekmat di Teheràn nel 1976? E che cantavo Buonanotte fiorellino a mia figlia? Perché siamo fatti così? O forse, perché io sono fatta così? Ho sempre bisogno di ringraziare qualcuno per qualcosa. Invece è lui che dovrebbe ringraziare me per aver comprato il suo album. Tutto ciò lo penso nei brevi istanti in cui mi porge la busta del pane e fa una carezza ad Orso. E finalmente gli dico: grazie! Sperando dentro di me che, per qualche misteriosa capacità, riesca a capire che lo ringrazio anche, anzi soprattutto, per avermi fatto compagnia a Teheràn in quegli anni difficili. E riprendo la mia strada. Lui entra nel portone dove so che abita un altro cantautore romano, che vedo spesso nel quartiere, Mimmo Locasciulli.

Ho avuto un incontro simpatico anche con Mimmo Locasciulli. Mia sorella ed io chiedemmo ad un medico, amico di infanzia, notevolmente dimagrito, che tipo di dieta avesse seguito e lui ci indirizzò dal suo medico personale, tale Locasciulli. Non aggiunse altro, non so se per ignoranza o per scherzo. Andammo, attendemmo in sala d’aspetto, quindi entrammo nello studio. Il medico ci fece segno di sederci, noi ci sedemmo, lo guardammo e restammo a guardarlo come due imbecilli. Il Locasciulli era Mimmo Locasciulli. In camice bianco e lunga faccia pallida. Familiarizzammo subito, è molto simpatico. Le sue diete comunque sono inutili come ogni altra dieta.

Vi informo anche che sono stata fermata da Goran Ivanisevic in via Frattina a Roma e richiesta di indicargli l’ubicazione di un famoso facitore di calzature da uomo. La tentazione di rendere molto complicato il percorso e tale da giustificare il fatto che ce lo accompagnassi di persona, l’ho avuta. Ma in effetti il giovanotto, splendido e scanzonato anche fuori del campo da tennis, ha più o meno l’età di mia figlia e molestare i giovani dicono sia scorretto. Così, maternamente, gli ho indicato la strada. Ho incontrato anche André Agassi, la stessa stagione. Usciva dall’Hilton. Meno male che non mi sono dovuta fermare a dargli indicazioni. E’ brutto fuori del campo quanto micidiale in campo.


I due incontri più “grossi” li ho tenuti per ultimi.
Meritano una narrazione a parte.

3 commenti:

  1. Roma è un punto d'osservazione di privilegio per fare vipwatching, ma anche Milano non è male. Ne ho incrociati tanti ma non ho mai fermato un vip, temo di essere molesto e temo anche che l'incontro possa solo togliere stima e affetto che si hanno per quella persona. Ho fatto eccezioni solo per Francesca Reggiani e per Samuele Bersani, ma in entrambi i casi ci si è ritrovati a chiacchierare in maniera naturale, senza assalti o appostamenti. Un pò come il tuo incontro con De Gregori. Attendo con ansia degli altri due grossi incontri.

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  2. Francesca Reggiani la vedo spesso in un bar di Testaccio. Credo che abiti lì vicino. Va in giro che "nun se po' guardà". Non ci ho mai parlato.

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  3. Ricordo Monica Vitti alla Casina Valadier: io credevo che in "Anatra all'arancia" recitasse invece lei a tavola si comporta proprio così....a proposito dov'è finita ?

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