giovedì 26 luglio 2007

gesti

I gesti che mi piacciono.
Quelli che mi danno una gioia insieme fisica e mentale. Quelli che regalano la compiutezza, sia pure breve. I gesti che mi riescono bene. I gesti che faccio in scioltezza. Gesti. Solo gesti. Niente di miracoloso. Niente di speciale.


Spalancare le persiane la mattina.
Ti sporgi un po’, imprimi un piccolo slancio, allarghi le braccia mentre spingi i due battenti e il busto e il viso si protendono nell’aria fresca del mattino. Se la persiana fa un piccolo rimbalzo contro il muro, tu la riaccompagni con una seconda spintarella ed è fatta. Di fronte a te il mattino. Un giorno tutto nuovo.

Chiudersi la porta di casa alle spalle.
Apri il portoncino, varchi la soglia, ti giri. Per ora nessun rumore. Poi tiri a te la porta. Senza forzare, senza sbattere, ma con lo slancio preciso che la fa chiudere perfettamente. Dai le due mandate di sicurezza, la chiave gira in scioltezza.Ti volti e infili le scale. Stai andando fuori. Quando insegnavo uscivo sempre molto presto la mattina e fuori del portone incontravo lo spazzino. Si chiamava così, con più precisione e non meno rispetto di oggi. Spazzava all’alba la piccola strada privata in cui vivevo. Si fermava appoggiato alla ramazza quando uscivo e afferrava al volo la sigaretta che gli passavo. La metteva nel taschino della tuta. Io stringevo al petto i libri, a tracolla avevo la vecchia Tolfa, mi dirigevo verso il grande viale trafficato. Entravo nel mondo.

Camminare decisa.
Le scarpe sono basse, morbide, elastiche. Tu senti il terreno, come una base salda, che ti sostiene. Allunghi la gamba, un passo lungo ma senza sforzare, esatto, della misura piena delle tue gambe, e l’equilibrio fra la gamba che si solleva e quella che appoggia è fluido e perfetto. Senti la spinta elastica che risale lungo la schiena e ti raddrizza le spalle. Cammini e la strada è tutt’uno col tuo passo. Non c’è sforzo, non c’è fretta, c’è solo la spinta e l’appoggio. Semplice.

Nuotare.
Non ti butti, ma ti lasci andare nell’acqua. Ruoti un po’ su te stessa per ambientarti, prima affondi un po’ di petto, abbandonata, poi ti volti e ti inarchi un po’ sulla schiena, affondando la testa. Ti risollevi, scuoti la testa e ti slanci decisa. La testa a pelo dell’acqua, le braccia che ruotano senza sforzo, le gambe che battono regolari, il respiro attutito dall’acqua che ti passa sopra la testa. Nuoti piano, le bracciate sono lente, ma misurate ed eguali.Voltando periodicamente la testa aria ed acqua fresche ti entrano ed escono dalla gola. Se tieni gli occhi chiusi, non serrati, solo chiusi, attraverso le palpebre puoi intravedere l’azzurrina liquidità in cui avanzi. In cui avanzi.

Fa parte dei paradossi della vita, quelli per cui la vita la benemaledico, che tutti i piccoli gesti che mi danno un piacere fisico abbiano a che fare con lo spostamento, con il muoversi, con l’andare. Avevo un padre che andava. Sempre. Un padre che non stava. Sempre colto tra un movimento e un altro. Rientrava e si preparava ad uscire. Usciva e io mi preparavo ad aspettare. Poi non è più tornato.
E io mi sono fermata.

4 commenti:

  1. Cara Marina :-)

    leggere questo post oggi mi ha immediatamente portato alla mente una delle mie letture preferite, un grande maestro tibetano: Chogyam Trungpa. Vorrei infrangere la santa laicità di questo blog citando per intero un suo paragrafo, speravo di avere ancora la traduzione italiana (Shambala, la sacra via del guerriero, ed, Ubaldini/Astrolabio) cito invece l'originale (Shambala, The Sacred Path of the Warrior) preferendo incuriosirvi piuttosto che proporvi una mia approssimativa traduzione:

    "Discovering real goodness comes from appreciating very simple experiences. We are not talking about how good it feels to make a million dollars or finally graduate from college or buy a new house, but we are speaking here of the basic goodness of being alive--which does not depend on our accomplishments or fulfilling our desires. We experience glimpses of goodness all the time, but we often fail to acknowledge them. When we see a bright color, we are witnessing our own inherent goodness. When we hear a beautiful sound, we are hearing our own basic goodness. When we step out of the shower, we feel fresh and clean, and when we walk out of a stuffy room, we appreciate the sudden whiff of fresh air. These events make take a fraction of a second, but they are real experiences of goodness. They happen to us all the time, but usually we ignore them as mundane or purely coincidental. According to the Shambala principles, however, it is worthwhile to recognize and take advantage of those moments, because they are revealing basic nonaggression and freshness in our lives--basic goodness."

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  2. Escludo che una tua traduzione possa essere approssimativa!
    cmq, il brano sembra veramente in sintonia con me! O io in sintonia con lui. Grazie per avermelo proposto.
    Chogyam Trungpa mi è ignoto. Perché non me ne hai mai parlato?

    PS: ricordami di restituirti l'aggeggetto per il wireless: "il verde" lo rifiuta.

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  3. Di Trungpa ti ho sicuramente parlato, ma siccome come é noto straparlo ti sarà passato inosservato ;-)

    Di lui potrei parlare molto a lungo, per il momento dirò solamente che la rilettura a 26 anni, per la prima volta in lingua originale di un suo libro in un monastero buddista dove mi ero recato circa un mese dopo la morte di mia madre, é stata una di quelle letture che posso affermare che hanno cambiato la mia vita.

    Ora molti libri mi hanno toccato, ma non so quanti libri posso dire che abbiano effettivamente imposto una svolta alla mia esistenza. :-)

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  4. P.S.

    Scrivo ascoltando l'ottimo Nino De Rose da me scaricato grazie alla segnalazione del suo sito fatta da te :-)

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