martedì 26 giugno 2007

scomparsi e sconosciuti

Pur nel dileggio familiare io seguo sempre le storie di scomparse inesplicabili che ci racconta una trasmissione televisiva.
Ho provato molte volte ma senza successo a spiegare perché ne sono affascinata.
C’è qualcosa nella scomparsa che esercita una sottile attrazione su di me.
Niente di drammatico, piuttosto un brivido di piacere.
Si può scomparire, è questo che mi colpisce favorevolmente.
“Gli scomparsi”, come io chiamo la trasmissione, raccontano una tentazione che mi sembra impossibile non appartenere a ognuno di noi in qualche momento della sua vita. Scomparire. Lasciare tutti a bocca asciutta.
Riprendersi la propria vita, sottrarla a tutti coloro che ci conoscono e consegnarla ad una rassicurante folla di sconosciuti, gente che ignora tutto di noi, che ci guarda con occhi assolutamente vergini.
Gente che non ha niente da chiederci, verso cui non abbiamo nessun debito di affetti, cure, attenzioni, pensieri. Gente che da noi non può rivendicare niente per sé.
Alcune delle scomparse che ci vengono raccontate nascondono delitti orrendi, drammi e tragedie che trovano o non trovano col tempo la loro soluzione. Ma la più parte sono piccole scomparse immotivate e direi banali.
Sono queste le mie preferite. Spesso si tratta di persone che vivevano un qualche disagio. In genere vengono sbrigativamente definiti “depressi”.
E se invece di essere loro i depressi fossero deprimenti i loro congiunti, le mogli, i mariti, i figli, i genitori, i colleghi?
Se invece di un gesto di sconforto e disperazione il loro fosse un gesto vitalissimo di ribellione? L’impeto di chi decide di prendersi cura di sé nel più radicale dei modi, scrollandosi di dosso la pletora di postulanti che si appostano all’angolo delle nostre vite e tendono le loro mani voraci?
Se ci fosse allegria e malizia nel loro scomparire?
La sola ipotesi me li rende simpatici, sono i miei eroi e tifo appassionatamente per loro. Se potessi depisterei tutti i segugi che spietatamente si mettono sulle loro tracce. E con il pensiero seguo i miei beniamini nelle strade nuove che hanno preso. Minaccio ogni tanto mio marito: un giorno ti vuoto il conto corrente e non mi trovi più. Infatti io sarei una “scomparsa” previdente, molto bella-vita e niente randagismo.
Devo riconoscere a onore di mio marito che il brivido che lo coglie non è per il conto corrente. Se potesse mi interdirebbe la visione degli “scomparsi”.
Ritiene che mi suggerisca idee pericolose e mi guarda con un po’ di allarme.

In fondo scomparire è banalmente il desiderio di rinascere, niente di nuovo rispetto al fu Mattia Pascal. Soprattutto liberarsi della personalità che ci si è incrostata addosso nel corso degli anni, quel “noi” da cui è così difficile distaccarsi restando nella cerchia di parenti e amici.
La mirabolante “Second life” di cui i giornali amano parlarci come dell’ultima frontiera della modernità è solo la versione soft di una bella scomparsa. Inventarsi una seconda vita stando al proprio computer non è poi questo atto di rottura. Richiede fantasia ma non coraggio. E poi il mercato della rete è pieno di Provider Full Service di Second Life. Ma chi apre davvero una porta ed esce a piedi verso una vita nuova, quello sì che ha del fegato. Nessuno gli darà “consulenza progettuale”, della sua nuova vita sarà il solo architetto.
Ho scoperto che sono più spesso le donne ad aprire quella porta.
O hanno più coraggio degli uomini o escono da vite più soffocanti.
O entrambe le cose.
Quanto a me, per ora mi guardo “gli scomparsi” in televisione, e se un giorno l’aria si farà davvero troppo poca o il coraggio diventerà più fermo, un passo e via...
Fate il favore: non cercatemi.
Ma soprattutto non compiangetemi. Già da adesso dichiaro ufficialmente che se scomparirò sarà per allegria.



Fa parte dello stesso desiderio di multiple nascite il mio piacere di parlare con sconosciuti.
Non tanto perché io cerchi in loro una rivelazione, un segno, un messaggio.
Naturalmente ogni voce nuova ci dà il suo piccolo contributo di pensiero, riflessione, informazione.
Ma questo non è al cuore del mio interesse. La ragione vera per cui mi piace parlare con gli sconosciuti è che sono io la sconosciuta. Per loro e insieme per me.
Sono io che posso inventarmi ogni volta diversa.
Nessuno mi potrà imputare una contraddizione, uno scarto, una stranezza qualsiasi, rispetto alla mia personalità solita. Voilà, libera.

Ero molto giovane, forse neanche vent’anni e chiacchierai per un’ora con un simpatico signore bolognese, affacciati alla terrazza di Trinità dei Monti.
Perché ricordo quella mattina? Solo perché la ragazza romana che chiacchierava con il bolognese aveva una strepitosa vita bohemienne, anche un po’perigliosa.
Come mi divertii ad inventarmela lì sui due piedi!

6 commenti:

  1. Io quel programma lì lo chiamerei "I Braccati". Sono dalla parte di chi decide di fuggire la propria esistenza per crearsene un'altra e mi guarderei bene dal segnalare la presenza di uno di loro alla trasmissione, che tra l'altro non guardo mai. L'apertura del sè verso gli sconosciuti è una tentazione proprio perchè libera dalle sovrastrutture dei rapporti consolidati. Ti consiglio una canzone di Luca Carboni: "Te Che Non So Chi Sei".

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  2. E' vero, ci sono persone che volontariamente decidono di non notare i tuoi cambiamenti. Lo fanno perchè il pensanrti sempre uguale li tranquillizza, gli fa credere di conoscere il modo in cui riusciranno a gestertirti; illusi! Nessuno rimane uguale a se stesso per l'eternità, e, chi è convinto di ciò vive fuori dal mondo e mi fa un favore, infatti, mentre mi pensa ancora con il cestino io navigo nella mia vita in piena libertà e con ben altri presupposti.

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  3. In effetti, mentre leggevo il post, ho subito penssato a "Il fu Mattia Pascal" e al fatto che fu proprio pr le ragioni che tu adduci che mi è rimasto tra i migliori romanzi mai letti.

    Viva gli scomparsi allegri, viva lo scrollarsi di dosso le gabbie delle etichette e delle maschere insopportabili. Viva quest'altra porta aperta su una nostra nuova sorprendente dimensione.
    Come al solito, post imperdibile.

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  4. sarà per la stessa ragione che ho fatto, nella mia vita, molti traslochi...?

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  5. Chi non ha fatto "qualcosa" a Trinità dei Monti alzi la mano - Non è normale !

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