venerdì 11 maggio 2007

tracce

In questo periodo viene vuotata, per essere messa in vendita, la casa in cui ho vissuto dalla mia infanzia e che lasciai sposandomi.
Come è facile immaginare, questo è un lavoro doloroso, che non si fa a cuor leggero, ma in cui è possibile che si alternino lacrime e risate. O almeno, per me e le mie sorelle è così. Una è più incline al pianto, un’altra al riso, una raccoglie quello che un’altra butta, ogni tanto perplesse ci chiediamo l’origine e la funzione di un oggetto, più spesso è un coro di -Guarda! te lo ricordi questo?-
Stante la mia posizione ambigua nei confronto del ricordare, anzi nei confronti del conservare gli oggetti che possano farci ricordare, arrivate alle foto e ai documenti di famiglia, li ho affidati alle mani della sorella “piccola” che ha l’incarico di esaminarli e di conservare quello che ritiene importante. Benché io l’abbia pregata di buttare o se vuole di trattenere per sé tutto quello che abbia a che fare con me, man mano che avanza nel suo lavoro, mi consegna piccoli fasci di foto, cartoline, lettere, appunti.
E ogni volta mi lancia terribili minacce ove io osassi distruggere quello che lei faticosamente ha sottratto al caos che ogni vita lascia dietro di sé.
Non contenta, poiché ha già letto o almeno scorso ogni minimo pezzo di carta, me ne riassume brevemente la natura e lo colloca nel tempo. Riconosco che si è assunta un compito gravoso (la casa contiene le tracce di una famiglia di cinque persone dal 1940 al 2006!) e cerco di non deluderla più dell’indispensabile.
Al ritorno a casa poi, mi disfo di tutto.

Proprio di tutto no. Ho trovato un bigliettino della mia maestra delle elementari, Ida Schiatti, nel quale invoca "per me le più elette benedizioni”. Della Schiatti, come per generazioni è stata universalmente chiamata, ricordo in particolare il grosso anello, sormontato da una gigantesca pietra rossa incastonata in un groviglio libertyggiante di argento, che lei usava per colpirci sulla testa. Detto così sembra una pratica crudele, invece quei colpetti secchi in capo avevano davvero la capacità di riportare subito la concentrazione nelle nostre teste vagabonde.
La signorina Schiatti era rigorosissima nel suo insegnamento della lingua italiana e dalla sua scuola si usciva a dieci anni con la perfetta conoscenza della grammatica e una seria impostazione della sintassi. Un suo scolaro di allora potrebbe affrontare tranquillamente la stesura di una tesina liceale, almeno dal punto di vista formale e lo farebbe sicuramente con più proprietà linguistica. Liberatami di questo rospo, passo al secondo documento che ho conservato.

Porta la data dei miei nove anni e dice semplicemente: “Cara mamma, so che mi punirai perché sono tornata tardi da un posto così vicino ma Gabriella aveva tanti libri.”
Il posto effettivamente era molto vicino (il piano di sotto); sicuramente sono stati i libri a trattenermi oltre il consentito e sicuramente sarò stata punita. L’ho conservato perché mi piace il fatto che non porto giustificazioni per la mia infrazione, ma ne do solo una spiegazione che per me doveva essere perfettamente accettabile per chiunque. Mi piace anche la stoica affermazione: so che mi punirai. Avevo del carattere a nove anni.

Il terzo documento è una cartolina del luglio del ’51, a me indirizzata nella località delle Dolomiti dove ci recavamo d’estate. In essa mio padre mi si rivolge con questa domanda: -Perché non scrivi al tuo papà?-
La ragione probabilmente risiedeva nel fatto che passavo le mie giornate immemore tra balle di fieno, vitelli, boschi e prati, in un paradiso di libertà e di sogno da cui non volevo distogliermi.
Ma la domanda che mi arriva da così lontano nel tempo, risuona per me come attuale e pressante. Così ho pensato di gettare nella buca delle lettere una cartolina con destinatario ma senza indirizzo, con la risposta: -Quando potrò farlo, ti scriverò.-
E perché la domanda cominci a produrre i suoi frutti, la cartolina l’ho messa tra il computer e la tastiera, da dove anche in questo momento mi guarda.

1 commento:

  1. Ora che l'età se fatta adulta e che la scuola è purtroppo un ricordo lontano, posso dirti che t'invidio la rigidissima insegnante che con la propria intransigenza ha gettato le basi per la tua splendida scrittura.
    Vorrei poi raccontare come si comporta la mia famosa amica ottantenne, civettuolamente sempre in corsa, nella conservazione degli ogetti delle sue memorie.
    Lei conserva tutto, con un amore ed una nostalgia grandissima, avendo amato la sua famiglia molto più di quanto non abbia fatto con se stessa ma per quanto riguarda le foto che la ritraggono da una certa età in poi non transigge; quelle in cui è sola vengono buttate, nelle altre, con accuratezza, ritaglia la propria testa. " Non voglio - dice ogni volta - lasciare a chi non mi ha conosciuto un immagine inesatta di me." Io la trovo fantastica!

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