venerdì 4 maggio 2007

quando?

Quando raggiungerò la mia età anagrafica?

A undici anni credevo di averne sei e ufficialmente mi prestavo a far giocare un cugino e una sorella che sei ne avevano davvero.
In realtà erano loro a far giocare me e il nostro ridere nasceva dallo stesso spasso infantile e fantasioso.

Ho avuto trent'anni e i miei amici erano tutti intorno ai venti perché a quell'epoca io non sentivo di averne di più. Avevo già una figlia e credevo di essere una ragazzina.

Ne ho avuti quaranta, ma il mio cuore non se li sentiva, e la mia mente gli andava baldanzosamente dietro. Cominciavo appena a progettare il mio futuro e mi chiedevo incuriosita che cosa avrei fatto da grande.

Ancora adesso mi chiedo che cosa farò da grande. Non ho voglia di dichiarare la mia età, ma posso dire che gli amici che sento coetanei e con cui rido non hanno più di quaranta/quarantacinque anni.

Ho un nipotino che di anni ne ha tre: giochiamo a farci paura e poiché ho tre anni anche io, quando lui mi insegue ho paura davvero.



Oscar Wilde ha detto che la tragedia della vecchiaia non consiste nel fatto di essere vecchi, ma nel fatto di sentirsi ancora giovani.
Su questo sicuramente in molti potranno concordare. Non io: sono troppo giovane per pensare alla vecchiaia.

Naturalmente posso dirlo in modo diverso.
Posso dirlo come lo diceva Hetty Hillesum:
"Una volta vivevo sempre come in una fase preparatoria, avevo la sensazione che ogni cosa che facevo non fosse ancora quella "vera", ma una preparazione a qualcosa di diverso, di grande, di vero appunto".
Hetty Hillesum ha raggiunto, e quanto giovane!, un diverso sentimento di se stessa e della sua vita. Nel suo diario del 1941 (solo due anni prima di morire ad Auschwitz, appena ventinovenne) a proposito di quella sensazione di preparazione alla vita, aggiungeva: "Ora questo sentimento è cessato. Io vivo, vivo pienamente e la vita vale la pena viverla ora, oggi, in questo momento; e se sapessi di dover morire domani direi: mi dispiace molto, ma così com'è stato, è stato un bene".

Ricordarsi di imparare da Hetty.

3 commenti:

  1. Vorrei dire subito che questo scritto mi ha divertito e nella parte finale rassicurato.
    Ho quarantuno anni e forse è la mia età, oltre che la mia storia personale, ha darmi la sensazione di essere sospesa tra i due tipi di sentimenti così ben espressi nel tuo pezzo. Nella mia testa mi sento una giovane donna "post adolescente" che si sta incamminando soltanto ora verso l'età adulta.E questo lo trovo un gran privilegio. Vivo nella certezza che tutto possa ancora accadere e che, almeno per alcuni aspetti, il meglio debba ancora arrivare. Dipenderà dall'essere stata una giovane rigida, serrata in poche ma ferme convinzioni che mi avevano imprigionato in ruoli e contesti lontanissimi dalla mia vera indole ma ora, liberata dalle molteplici sovrastrutture di cui mi ero auto fornita per me è tutta un'esplosione di pensieri e sensazioni in libertà. Follia? Possibile, ma che leggerezza... vuoi mettere rispetto al grigiore in cui molti miei coetani si sono persi? Tuttavia la leggerezza e la fiducia in cui mi muovo, non hanno camminato in me per superficialità, al contrario proprio una attenta osservazione della vita mi ha indotto a pensare che " nulla è finito, finchè non è finito" e quindi mai dirsi " Ormai..". Vorrei inoltre portare, ad ulteriore rafforzamento della mia idea, una frase che spesso mi sono sentita ripetere da una mia carissima amica ottantenne, molto vivace ed ancora civettuolamente in corsa. Ebbene, quando a questa dolcissima amica manifesto dei dubbi riguardo alle possibilità connesse a questa parte della mia vita, lei mi guarda, con aria sconsolata ma ironica e mi risponde: " A quarant'anni? Pensa che a me basterebbe averne settanta..." Ed ha ragione lei, come spesso accade.

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  2. Credo che questa signora ottantenne sia la migliore amica che una donna possa trovare..
    vorrei conoscerla anche io...

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  3. Sto imparando un sacco di cose...
    Il tutto originato da una semplice e-mail...

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